giovedì 23 febbraio 2017

CASSAZIONE 7 FEBBRAIO 2017, N. 3221: CANTINE TRASFORMATE IN APPARTAMENTI



CASSAZIONE 7 FEBBRAIO 2017, N. 3221

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: 
Dott. BUCCIANTE  Ettore -  Presidente  
Dott. PROTO  Cesare Antonio -  Consigliere 
Dott. PETITTI   Stefano -  rel. Consigliere 
Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria -  Consigliere 
Dott. GIUSTI  Alberto -  Consigliere 

ha pronunciato la seguente:
                                          
SENTENZA
                                       
sul ricorso iscritto al N.R.G. 3014/08 proposto da: 
A.F.  e  P.V., rappresentati e difesi, per procura speciale  in calce al ricorso, dall'Avvocato M. G., domiciliati ex  lege presso la Cancelleria della Corte di cassazione; 
                                                       - ricorrenti - 

CONTRO
CONDOMINIO,  persona dell'amministratore pro tempore, rappresentato e difeso,  per procura  speciale a margine del controricorso, dagli Avvocati B. G.  e  M. M. (deceduto), domiciliato in  Roma,   presso  la  Cancelleria  civile  della  Corte  suprema   di cassazione; 
                                                 - controricorrente - 

avverso  la  sentenza  n. 444/07 della Corte di  appello  di  Torino, depositata il 19 marzo 2007 e non notificata; 
Udita  la relazione della causa svolta nell'udienza pubblica  del  30 maggio 2014 dal Consigliere relatore Dott. Stefano Petitti; 
udito  il  Pubblico  Ministero, in persona del Sostituto  Procuratore Generale  Dott.  RUSSO Rosario che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.                          

CONSIDERATO IN FATTO

Con citazione del 2006 M.F. e F.R. , quali proprietari di un fondo sito in (omissis) (in catasto al f. (…), part. N. (…)) convenivano in giudizio innanzi al Tribunale di Aosta gli odierni controricorrenti, nonché T.O. , Be.An. , C.O.M. , Se.Fe. , G.C. ed A.F. , lamentando che l’accesso carraio al suddetto fondo era stato impedito da un basso muretto in mattoni e da un’alta pianta conifera che non ne consentiva l’accesso ad autovetture di dimensioni medie.
Chiedevano, quindi, gli attori l’accertamento della di loro esclusiva proprietà del detto mappale con diritto di vincolo reale di accesso sulla adiacente comune area cortilizia, di possibilità di realizzazione di un garage/posto auto, di eliminazione del muretto e della suddetta pianta limitatamente al necessario, nonché di fare uso dell’area medesima per il parcheggio, anche turnario, di due autovetture.
La domanda attorea veniva resistita, come - in atti, da una parte dei convenuti, che ne contestavano il fondamento, chiedendone il rigetto.
L’adito Tribunale, con sentenza n. 612/2008, rigettava le domande tutte degli attori, condannati alla refusione delle spese di lite.
Avverso la suddetta decisione, di cui chiedevano la riforma, gli originari attori interponevano appello, resistito da una parte degli originari convenuti, che instavano per la conferma della impugnata sentenza.
L’adita Corte di Appello di Torino, con sentenza n. 1342/2011 rigettava il gravame e condannava gli appellanti al pagamento delle spese del giudizio.
Per la cassazione della succitata decisione della Corte distrettuale ricorrono il M. e la F. con atto affidato a sei ordini di ò motivi e resistito con controricorso delle parti intimate di cui in epigrafe.
Non hanno svolto attività difensiva le altre parti intimate. Nell’approssimarsi dell’udienza hanno depositato memorie, ai sensi dell’art. 378 c.p.c., le parti ricorrenti ed i contro ricorrenti.

RITENUTO IN DIRITTO

1.- Deve, innanzitutto, essere del tutto disattesa l’eccezione preliminare formulata dalle parti contro ricorrenti in relazione alla notifica del ricorso "effettuata da un ufficiale giudiziario non competente".
È noto (e riconosciuto, nella sostanza, anche in controricorso) che la detta notifica "a mezzo di ufficiale giudiziario non competente" costituisce solo causa di irregolarità del procedimento notificatorio e non implica la nullità dell’atto notificato ovvero del proposto ricorso: cui ha comunque fatto seguito la costituzione dei detti controricorrenti.
2.- Con il primo motivo del ricorso si censura il vizio di "violazione e falsa applicazione degli artt. 1362 e ss. c.c.".
Parti ricorrenti lamentano, in sostanza, l’errore, da parte della sentenza impugnata, nell’interpretazione del contratto (del di loro acquisto), in particolare dell’allegato B del medesimo e, quindi, del atto costitutivo del Condominio.
Nel ricorso viene, a tal proposito, richiamato una "schizzo planimetrico" e si prospetta la previsione, a suo tempo, della facoltà di costruire sull’area di sedime "al confine ovest del mappale (…)".
Il motivo attinge, con prospettazione che risulta - in assenza di ogni altra dovuta allegazione e trascrizione - nuova, una questione di puro merito ovvero inerente l’interpretazione correttamente data dalla Corte distrettuale con congrua motivazione immune da vizi logici.
In particolare col motivo, anche alla stregua delle nuova argomentazione, non si coglie – comunque - l’effettiva ratio posta a base dell’impugnata sentenza.
Quest’ultima ha motivatamente accertato e ritenuto che al precedente proprietario (I. ) dell’area in questione fu concesso, nel lontano 1953, solo un diritto di superficie sul suolo con possibilità di realizzazione di un garage, che non fu mai costruito con conseguente prescrizione, per decorso di termine ultraventennale, della prescrizione per non uso del detto diritto.
Il motivo è, pertanto, infondato e va rigettato.
3.- Con il secondo motivo del ricorso si deduce il vizio di "violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonché insufficiente motivazione".
Viene lamentato, in modo del tutto generico, il fatto che la gravata decisione "non abbia valutato le risultanze documentali con prudente apprezzamento".
La censura non è ammissibile, sia in quanto nuova rispetto alla valutazione già svolta (da Giudice di primo grado) e non risultante appositamente censurata in sede di appello, che in ragione dell’assoluta genericità della censura stessa mossa all’evidente fine di ottenere in questa sede una revisione del ragionamento decisorio del Giudice del merito.
4.- Con il terzo motivo parti ricorrenti lamentano l’"omessa motivazione su un punto decisivo della controversia".
Viene prospettata censura in ordine alla asserita omessa considerazione del numero delle unità immobiliari (otto e non sei).
Il motivo non chiarisce quale eventuale decisiva conseguenza deriverebbe, in concreto, al fine della decisione nell’ipotesi per cui avrebbe dovuto essere preso in considerazione questo o quel numero di unità immobiliari.
La censura si pone, quindi, come del tutto ininfluente in relazione alla decisione adottata (e confermata) in sede di giudizio di merito.
La censura, quindi, non risulta - per la sua irrilevanza - fondata.
Per di più quella posta col motivo qui in esame, costituisce - allo stato degli atti- questione nuova (non risultante come già svolta nei pregressi gradi del giudizio) o comunque, come tale, ritenuta in difetto di ogni altra dovuta opportuna allegazione. Infatti "i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio." (Cass. civ., Sez. Prima, Sent. 30 marzo 2007, n. 7981 ed, ancora e più di recente, Sez. 6 - 1, Ordinanza, 9 luglio 2013, n. 17041).
Il motivo è, quindi, inammissibile.
5.- Con il quarto motivo del ricorso si prospetta il vizio di "violazione e falsa applicazione degli artt. 952 e ss. e 2643 n. 2) c.c.".
In sostanza viene censurata in ricorso l’affermazione della Corte di Appello (a pag. 12 dell’impugnata sentenza) che avrebbe terminologicamente distinta la "costituzione" del diritto di superficie "laddove l’atto originario del 1953 si era espresso in termini... di trasferimento" con asserito necessario obbligo di trascrizione.
Il motivo ripercorre, quindi, ennesimamente aspetti tutti attinenti all’interpretazione data dalla Corte territoriale (e prima ancora dal Giudice di prime cure).
Per di più quella posta col motivo qui in esame, costituisce - allo stato degli atti - questione nuova (non risultante come già svolta nei pregressi gradi del giudizio) o comunque, come tale, ritenuta in difetto di ogni altra dovuta opportuna allegazione.
Il motivo è, pertanto, del tutto inammissibile.
6.- Con il quinto motivo del ricorso si denuncia la "violazione e falsa applicazione dell’art. 2644 c.c.".
Parti ricorrenti prospettano che,la proposizione dell’eccezione di prescrizione avrebbe dovuto comportare - per le controparti - "la previa impugnazione delle trascrizioni dei pubblici registri immobiliari attestanti i plurimi trasferimento del diritto di proprietà sul mappale n. 725".
Al di là di ogni altra considerazione va rilevato, al pari di quanto innanzi dovuto fare per altri motivi, che quello in esame è motivo involgente questione nuova e prima non svolta o non documentata come non nuova.
Il motivo è, quindi, inammissibile.
7.- Con il sesto motivo si lamenta la "violazione e falsa applicazione dell’art. 69 disp. att. c.c.".
Il motivo (che, in questa. sede, riprende il quinto motivo di appello) è infondato e va rigettato.
L’omessa realizzazione di un manufatto (in ispecie il garage) non può comportare automaticamente la revisione delle tabelle millesimali.
La mancata realizzazione del manufatto medesimo "imputabile (secondo la Corte di merito) all’inerzia dei titolari" non solo non può dar luogo "al ricadere delle conseguenze sugli altri condomini", ma deve, innanzitutto (e al di là di quanto affermato dalla gravata decisione), comportare una adeguata e comprovata modificazione rispetto a quella in origine valutata alla fine della composizione delle tabelle millesimali.
Inoltre, ancora, solo una notevole alterazione dell’originario rapporto fra le parti dell’edificio potrebbe comportare - ex art. 69, n. 2) Disp. Att. c.c.) - la revisione tabellare.
Al riguardo, giova ancora evidenziare, la Corte di merito ha deciso conformemente al principio già enunciato da questa Corte (Cass. 10 febbraio 2010, n. 3001) e parti ricorrenti non allegano. idonee argomenti atti a mutare il suddetto applicato orientamento.
Il motivo deve, perciò, essere rigettato.
8.- Alla stregua di quanto innanzi esposto, affermato e ritenuto il ricorso deve essere rigettato.
9.- Le spese seguono la soccombenza e, per l’effetto, si determinano come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti, in solido, al pagamento in favore delle parti controricorrenti delle spese del giudizio, determinate in Euro 4.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali nella misura del 15%. ed accessori come per legge

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