L’esercizio della professione è libero e fondato sull’autonomia, sulle competenze e sull’indipendenza di giudizio intellettuale e tecnica, nel rispetto dei principi di buona fede, dell’affidamento della clientela, della correttezza, dell’ampliamento e della specializzazione dell’offerta dei servizi.
- IL CONDOMINIO
Il legislatore del 2012 con la legge 11 dicembre
2012, n. 220, non ha modificato la natura del
condominio che è dotato esclusivamente di soggettività
giuridica e non di personalità giuridica
(Cass. civ., Sezz. Unite, 18 settembre 2014, n.
19663). Si è, infatti, limitato ad adeguare la disciplina
codicistica alle intervenute, soprattutto
negli anni più recenti, particolari trasformazioni
nel campo tecnologico, che necessariamente
coinvolgono un edificio in condominio.
- L’AMMINISTRATORE
Dunque, nonostante l’utilizzo usuale, in riferimento
all’amministratore, del termine “organo”, considerato
il difetto di soggettività del condominio,
è parso sin ante legem 220/2012 più appropriato
far riferimento al mandato quale cornice giuridicamente più adeguata alla natura dei poteri che pure
vengono attribuiti all’amministratore. Gli atti che
l’amministratore compie entro i limiti della propria
competenza devono, infatti, non già ritenersi imputati
ad un ente in forza di un nesso organico,
bensì di semplice rappresentanza, riferibile direttamente
ai singoli condomini. L’attività dell’amministratore
di condominio, quindi, è disciplinata
dagli artt. 1129-1131 cod. civ., dall’art. 71 bis
disp. att. cod. civ. e dalle norme codicistiche sul
mandato, con particolare riferimento all’art. 1710
cod. civ., che impone al mandatario l’obbligo di diligenza
ex art 1176 cod. civ. nell’espletamento del
suo incarico. Correlato al precitato art. 71 bis disp.
att. cod. civ., come integrato dall’art. 1, IX c., lettera
a), d. l. 23 dicembre 2013, n. 145 convertito
in l. 21 febbraio 2014, n. 9, vi è l’art. 7 della legge
14 gennaio 2013, n. 4 inerente al riconoscimento
delle professioni prive di ordini.
Quest’ultima normativa specifica che il professionista
deve esercitare un’attività economica e,
prevalentemente, intellettuale.
L’esercizio della professione è libero e fondato
sull’autonomia, sulle competenze e sull’indipendenza
di giudizio intellettuale e tecnica, nel rispetto
dei principi di buona fede, dell’affidamento
della clientela, della correttezza, dell’ampliamento
e della specializzazione dell’offerta dei servizi.
Le leggi hanno decretato il riconoscimento della
professione di amministratore che, ora, non può
più essere esercitata da chiunque; la trasformazione
culturale è stata legislativamente disposta
e tocca a tutti attuarla concretamente.
La cultura dell’amministratore, che applica concretamente
le leggi ai rapporti umani tra coloro
che frequentano, a qualsiasi titolo, lo stabile,
ispirato per ciò stesso alla solidarietà tra loro,
deve, pertanto, essere l’obiettivo principale degli
amministratori di condominio. Anche per gli
amministratori devono valere i dettati, anche non
stabiliti legislativamente, di tutela dei diritti fondamentali
dell’uomo (Dichiarazione Universale dei
Diritti dell’Uomo 10 dicembre 1948).
- IL COMPENSO
Considerato che lo stesso legislatore, con il comma
XIV dell’art. 1129 cod. civ., stabilisce che, per
quanto non previsto dagli artt. 1129, 1130 e 1131
cod. civ., al rapporto contrattuale che s’instaura
tra condominio e amministratore si applica la disciplina
del mandato, per il combinato disposto
degli artt. 1135 e 1709 cod. civ., l’attività prestata
da quest’ultimo può essere a titolo gratuito;
in questo caso l’onere della prova di tale gratuità
compete al condominio che intenda farla valere.
Il compenso dell’amministratore, che è gravato
dalle aliquote concernenti la previdenza pensionistica,
è soggetto alla ritenuta d’acconto ai sensi
dell’art. 7, c. IX, del d. P. R. 29 settembre 1973,
n. 605, così come integrato dalla legge 27 dicembre
1997, n. 449, che deve essere versata dal
condominio in conseguenza dell’assoggettabilità
del suddetto compenso alla tassazione Irpef; se
l’amministratore svolga l’attività in modo sistematico
e abituale, il compenso è soggetto anche
a Iva (Cass. civ., Sez. V, 13 marzo 2009, n. 6136).
La retribuzione dell’amministratore deve essere
approvata con la stessa maggioranza prevista per
la sua nomina, ex art. 1136, comma II, cod. civ.,
vale a dire con una maggioranza che rappresenti
almeno la metà del valore dell’edificio (cinquecento
millesimi) e la maggioranza degli intervenuti
all’assemblea condominiale. Qualora l’amministratore
non venga confermato, sino alla nomina del
suo successore, deve svolgere la sola attività finalizzata
alla soluzione delle problematiche urgenti
in forma gratuita ex art. 1129, c. VIII, cod. civ..
La problematica riguarda, in particolare, proprio la
fattispecie relativa alla mancata conferma dell’incarico.
L’espressione testuale “ulteriore” può essere
interpretata nel senso che per le attività urgenti
espletate, oltre al rimborso delle eventuali
anticipazioni e delle spese sostenute in virtù del
disposto dell’art. 1720 cod. civ., sono, pur sempre,
dovuti soltanto gli onorarti per le voci del tariffario
originariamente approvate dall’assemblea,
computato il passaggio delle consegne.
Normalmente non ha diritto ad alcun compenso
extra l’amministratore che presti un’attività che
esuli dal suo mandato gestionale ordinario, dovendosi
ritenere ricompresa nel corrispettivo riconosciutogli
al momento del conferimento dell’incarico
(Cass. civ., Sez. II, 30 settembre 2013,
n. 22313; Cass. civ., Sez. II, 28 aprile 2010, n.
10204). Il compenso de quo può essere, però,
specificatamente approvato dall’assemblea condominiale.
Tale approvazione può avvenire, sia in sede
di assemblea annuale allorché si nomina un amministratore
e il suo compenso, sia in sede di assemblea,
così detta, straordinaria allorché si debbano deliberare
opere di manutenzione o di ristrutturazione
dello stabile, ovvero interventi innovativi ai beni e servizi condominiali, se non ne sia già previsto l’importo
nel tariffario dell’amministratore.
Va, infatti, ribadito che in tema di condominio, l’attività
dell’amministratore, connessa ed indispensabile
allo svolgimento dei suoi compiti istituzionali,
deve ritenersi compresa, quanto al suo compenso,
nel corrispettivo stabilito al momento del conferimento
dell’incarico per tutta l’attività amministrativa
svolta nella vigenza della durata contrattuale e
non deve, pertanto, essere retribuita a parte.
Si deve rammentare che il compenso inerente
alle voci del tariffario sono sempre comprensive
di tutta l’attività preparatoria e strumentale alla
realizzazione concreta della stessa.
Peraltro, non opera, ai fini del riconoscimento
di un compenso suppletivo, in mancanza di
una specifica delibera condominiale, la presunta
onerosità del mandato, allorché sia stabilito un
compenso forfetario a favore dell’amministratore,
spettando comunque all’assemblea condominiale
il compito generale di valutare l’opportunità delle
spese sostenute dall’amministratore che, quindi,
non può esigere neppure il rimborso di spese da
lui anticipate non potendo il relativo credito considerarsi
liquido ed esigibile senza un preventivo
controllo da parte dell’assemblea (Cass. civ., Sez.
II, 30 settembre 2013, n. 22313).
Per contro, qualora un singolo condominio chieda
copia della documentazione del condominio,
giustificandone la richiesta, deve corrispondere
all’amministratore il compenso considerato che
trattasi di una attività extra mandatum; peraltro,
per la semplice visione della documentazione, il
legislatore stabilisce che l’attività dell’amministratore
deve essere prestata in forma gratuita ex
art. 1129, c. II, coc. civ. e, quindi, si applica il
principio ubi voluit, dixit.
Il diritto al compenso dell’amministratore, che
parte della giurisprudenza di merito ha ritenuto
prescriversi nel termine di cinque anni ex art.
2948, n. 4 cod. civ., si prescrive in dieci anni a
parere della Corte di Cassazione ex art. 2946 cod.
civ. non trattandosi di obbligazione periodica, in
quanto la durata annuale dell’incarico comporta
la cessazione ex lege del rapporto (Cass. civ.,
Sez. II, 4 ottobre 2005, n. 19348; Trib. Napoli,
Sez. II, 29 ottobre 2013, n. 11943).
Il compenso dell’amministratore deve essere stabilito
in base a un proprio tariffario di studio, non
potendo egli riferirsi a tariffari di categoria non
esistendo, questi, e non potendo essere previsti
in relazione a quanto, già da tempo, ha stabilito
l’Autorità garante della concorrenza (Antitrust).
Anche l’amministratore nominato dal Tribunale,
non essendo un suo ausiliario, deve farsi approvare
dall’assemblea il suo tariffario (Cass. civ., Sez.
II, 27 luglio 2014, n. 16698).
Da quanto dedotto, deriva che il compenso dell’amministratore
deve essere sempre deliberato dall’assemblea
e deve essere limitato all’attività effettivamente
prestata, con la conseguenza che, ove
il suo incarico sia interrotto prima della naturale
scadenza del mandato, l’amministratore non ha
diritto di percepire l’intera retribuzione deliberata
(Cass. civ., Sez. II, 30 dicembre 2012, n. 18667).
Qualora l’amministratore venga revocato, senza giusta
causa, nelle more del rapporto, pur essendo legittima
la revoca, considerato che l’assemblea gode
di questo diritto potestativo del quale può avvalersi
ex lege in ogni tempo, si ritiene che questi possa
pretendere il compenso corrispondente alle mensilità
residue di mandato, venendo meno l’aspettativa
del guadagno complessivo, ai sensi dell’art. 1725
cod. civ., attuabile per l’espresso richiamo al contratto
di mandato previsto dall’art. 1129 cod. civ.,
ut supra dedotto, purché adeguatamente provato.
Si deve argomentare diversamente nell’ipotesi di
dimissioni dell’amministratore.
In questo caso l’amministratore ha diritto di percepire
il compenso per il solo periodo durante il quale
è rimasto in carica e, se abbia percepito il compenso
per l’intera annualità, deve restituire l’importo
corrispondente alle mensilità successive alla data
delle sue dimissioni; per contro, i condomini sarebbero
svantaggiati non potendosi prevedere un
loro pari diritto, considerato che questi sono consumatori
ex d. lgs. 6 settembre 2005, n. 206.
Nulla impedisce, però, che, anche in vigenza dell’art.
1129 cod. civ. novellato, nei suoi ampi poteri, l’assemblea
possa ratificare a posteriori un’attività, se
necessaria e urgente, espletata dall’amministratore
e ne determini, solo in tale frangente, il relativo
compenso. Si tratta di una scelta di opportunità
che l’assemblea può assumere con il quorum deliberativo
di riferimento (Cass. civ., Sez. II, 22 luglio
2004, n. 13780), e se validamente approvata, non
può essere impugnata, considerato che il sindacato
dell’autorità giudiziaria non può estendersi al merito
della delibera (Cass. civ., Sez. II, 3 dicembre 2008,
n. 28734); anche il potere discrezionale dell’assemblea,
di quantificare il compenso dell’amministratore
all’atto del conferimento dell’incarico, non può
essere valutato dal giudice se inerisca esclusivamente
la congruità economica (Trib. Cagliari, Sez.
II, 18 giugno 2015, in Leggi d’Italia). Si ritiene,
altresì, ammissibile un’approvazione del compenso,
soltanto con il richiamo all’importo corrispondente
nel rendiconto preventivo. In tal modo l’oggetto del
contratto di mandato è comunque determinato o
facilmente determinabile solo che dal testo del verbale
emerga chiaramente questa circostanza, anche
in occasione di ogni rinnovo tacito, sempre che non
ne sia modificato l’ammontare.
Sempre ante legem n. 220/2012, la prassi concernente il compenso dell’amministratore consisteva
nel predisporre, da parte dell’amministratore, un
proprio tariffario modulato ad hoc sulla consistenza
strutturale ed economica del condominio dal
quale, una volta approvato dall’assemblea, si determinava
la certezza dell’importo, senza che l’amministratore
dovesse esprimere una sua adesione.
In forza del comma X dell’art. 1129 cod. civ., l’amministratore
deve specificare il suo compenso, precisando
le voci del suo tariffario, che deve essere
il più completo possibile. La sanzione, disposta dal
legislatore, consiste nella nullità dell’intero contratto
di mandato e non soltanto della determinazione
del quantum del compenso, poiché non
sussistendo tariffe, questo non può essere stabilito
dall’autorità giudiziaria, in relazione al combinato
disposto dagli artt. 1419 e 1709 cod. civ..
Ut supra dedotto, se l’ammontare del compenso sia
indicato nel rendiconto consuntivo, al quale deve
essere allegato il tariffario, e il verbale dell’assemblea
approvi sia l’uno sia l’altro, la nomina non può
essere invalida, considerato che l’oggetto del contratto
è facilmente determinabile per il combinato
disposto dagli artt. 1418 e 1346 cod. civ..
Tra l’altro, considerato che l’amministratore dura
in carica un anno, rinnovabile di un ulteriore
anno, qualora al secondo anno l’amministratore
intendesse mutare la sua retribuzione, cambiando
una clausola contrattuale, la durata del rapporto
deve essere deliberata quale nomina ex novo.
Due sono le problematiche che il disposto del
comma XIV dell’art. 1129 cod. civ. pone:
- l’amministratore deve far approvare, dall’assemblea, un proprio tariffario analitico, per evitare di omettere l’inserimento di alcune prestazioni che intenda farsi retribuire, non potendo più pretenderle successivamente; infatti, con il nuovo testo legislativo inerente alla nullità del contratto, si deve ritenere che non sia ammissibile una ratifica a posteriori, poiché un contratto nullo non può essere convalidato ex art. 1423 cod. civ.;
- ’amministratore deve far risultare, dal verbale d’assemblea, la proposta di tariffario e la sua accettazione.
di Gian Vincenzo Tortorici
Direttore CSN ANACI
Sullo stesso argomento:
- E' nulla la nomina dell'amministratore che non indichi analiticamente il proprio compenso
- LA REVOCA GIUDIZIALE DELL'AMMINISTRATORE
- REGISTRO ANAGRAFE CONDOMINIALE - compiti e poteri dell’amministratore
- Il mandato dell'amministratore dura due anni e non è a tempo indeterminato: Tribunale di Roma decreto 1967/2016
- PRIVACY: COMUNICAZIONE DATI GESTIONE DA PARTE DELL'AMMINISTRATORE
- PRIVACY E CONDOMINIO: tutto, proprio tutto quello che devi sapere. OCCHIO AI DATI SENSIBILI
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