Il settore delle costruzioni nel nostro Paese corre il rischio che, a fronte di diffuse e concomitanti innovazioni tecnologiche e di una crescita di capacità gestionali, si contrapponga una significativa e per certi versi drammatica, sul piano della qualità dei manufatti, perdita di know-how tradizionale: l’hardware del ‘cantiere lento’
Il tema dell’abitazione, della disponibilità di
un’offerta adeguata ai bisogni e necessità
sociali, può ricevere in questa fase un contributo
grazie allo sviluppo tecnologico e alle modificazioni
dei processi produttivi, dei materiali
e delle metodiche organizzative e gestionali in
grado di pianificare e controllare tempi, costi e
qualità nella fase pre-progettuale, progettuale e
costruttiva in cantiere.
Fino a poche decine di anni fa, con pochi materiali
tipici del settore (laterizi, sabbia, calce, cemento)
si costruivano quasi tutti gli elementi dell’organismo
edilizio, mentre oggigiorno vengono utilizzate
molte decine di materiali e componenti fortemente
specializzati e provenienti da settori industriali diversi
dal settore delle costruzioni.
“Un esempio: un tempo la calce entrava nella costruzione
della muratura e successivamente della
intonacatura e infine anche della tinteggiatura,
mentre ora, per ognuna di queste operazioni, si
usano materiali differenti. […] L’osservazione empirica
e studi precedentemente effettuati ci hanno
portato a raggruppare le lavorazioni edili in tre
grandi fasi: la prima fase riguarda gli scavi e le
fondazioni; la seconda le strutture in elevazione;
la terza i tamponamenti, le finiture e gli impianti.”
Questa suddivisione delle attività di cantiere assume
una notevole rilevanza ai fini della nostra
argomentazione perché i processi di razionalizzazione
e innovazione del settore edilizio coinvolgono
queste tre fasi in modalità e tempi differenti
in termini di intensità di capitale, organizzazione
del lavoro e materiali utilizzati.
Dal punto di vista delle imprese di costruzione,
la ormai consolidata separazione in tre fasi del
processo costruttivo riveste grande importanza
perché consente modalità molto differenziate nella organizzazione e conduzione del cantiere. Per
questo motivo è abituale, soprattutto nei cantieri
di edilizia residenziale di limitata dimensione,
assistere alla coesistenza nell’ambito del processo
costruttivo tra forme avanzate e innovative e
modalità produttive del tutto tradizionali. Questo
consente alle imprese di fruire di una flessibilità
organizzativa e di una variabilità di sistemi produttivi
sconosciuta in altri settori manifatturieri.
Così, da tempo, la prima fase (scavi e fondazioni)
ha subìto un forte processo di meccanizzazione
e oggi dispone di macchinari estremamente sofisticati
ed è caratterizzata da una significativa
intensità di capitale e da un numero molto limitato
di forza lavoro. La seconda fase, quella della
realizzazione della struttura portante dell’edificio,
vede la coesistenza di modalità organizzative e
produttive estremamente diversificate. Mentre nei
piccoli cantieri sono ancora largamente presenti
modalità operative basate sul getto in opera
del calcestruzzo armato, sia per quanto attiene le
strutture verticali (pilastri), che per quelle orizzontali
(solai e coperture), nei cantieri di edifici
terziari e commerciali si assiste ormai da tempo
a una larga diffusione di sistemi prefabbricati in
calcestruzzo armato e, negli ultimi anni, anche di
acciaio e di legno lamellare. Nella seconda fase,
la diffusione di sistemi prefabbricati ha liberato
questa attività dai condizionamenti e rapporti di
stretta interdipendenza con le attività della terza
fase: realizzazione delle chiusure verticali esterne
(tamponamenti), delle partizioni interne, delle
finiture superficiali verticali e orizzontali, delle
aperture e degli impianti. La terza fase è quella
più critica per la molteplicità di attività, di materiali
e modalità esecutive anche molto diverse
che comporta, ma anche perché costituisce quella
che, in termini di costi, ha il più marcato peso
relativo e che influisce molto più delle altre sulla
qualità del manufatto che verrà percepita dall’utente
finale.
Nel momento attuale, la maggiore evoluzione innovativa
del settore avviene proprio nella terza
fase del processo produttivo, attraverso la sostituzione
del tradizionale coacervo di attività-
lavorazioni fortemente interdipendenti tra di loro,
svolte con modalità artigianali e quindi difficilmente
pianificabili, con nuovi materiali e componenti
industriali.
L’integrabilità si è rivelata, si sta rivelando, come
la carta vincente dell’innovazione oggi sempre
più dilagante nel settore edile: materiali, semilavorati,
componenti, provenienti dai settori industriali
più disparati, si sono dimostrati in grado di
penetrare ed affermarsi, non solo per ovvie convenienze
economiche e prestazionali, ma anche
in base alla loro possibilità di integrazione nel
cantiere, nella sua struttura tecnico-decisionale
(dirigenti-tecnici) e operativa (manodopera).
In particolare gli elementi-lavorazioni e le parti
dell’edificio sui quali si stanno determinando le
più significative innovazioni sono molteplici. Ci
limiteremo a segnalare le più manifeste. Esamineremo
in una successione logica i materiali, i
componenti e infine i sistemi; escluderemo dalla
nostra trattazione i sistemi impiantistici, affrontare
i quali richiederebbe troppo spazio.
- Materiali
Le vernici, i vetri, le leghe metalliche hanno avuto
anch’essi un’evoluzione straordinaria e offrono
prodotti dalle prestazioni elevatissime. I nuovi
materiali per rivestimento, quali il ‘corian’, utilizzati
anche per realizzare arredi, sono solo alcune
delle diverse centinaia di materiali nuovi o
tradizionali che hanno subìto notevoli evoluzioni
e che offrono soluzioni nuove in termini di prestazioni,
tempi di posa e costi.
- Componenti
- Sistemi
Tutti questi sono solo alcuni degli esempi più evidenti
di un nuovo modo di costruire, basato non
più sul cantiere lento e umido (utilizzazione di
leganti tradizionali a base di calce e/o cemento),
ma invece sul cantiere a secco (collegamenti meccanici)
stressato nei tempi grazie alla semplicità
e facilità di messa in opera che offrono i materiali,
componenti e sistemi innovativi.
Questo trascurando di entrare nel merito delle problematiche
impiantistiche degli edifici, che costituiscono
un contesto nel quale si è registrato un
elevato e forse il maggiore tasso di innovazione.
Oggigiorno sono ormai molteplici le tipologie di
immobili che nella loro grande maggioranza sono
caratterizzate dalla realizzazione attraverso quello
che abbiamo definito come ‘cantiere a secco’
grazie all’utilizzazione di materiali, componenti
e sistemi innovativi: palazzi per uffici, centri
commerciali e retail park, piattaforme logistiche
e nell’ultima fase anche non pochi hotel di ultima
generazione. Il segmento residenziale è quello
nel quale ancora permangono le tecnologie costruttive
più tradizionali (laterizi, malta, cemento
armato gettato in opera), ma anche in questo
segmento occorre fare una precisa differenziazione
tra mercati tra loro profondamente diversi. Nei
piccoli centri comunali e più in generale, dove
il tessuto urbano è meno densificato continua a
esistere un diffuso e vasto mercato basato sulla costruzione di case unifamiliari e di edifici in linea
(case a schiera), che vengono ancora realizzati
in larga parte secondo modalità tradizionali
(cantiere umido, getti di calcestruzzo in opera).
Nel settore delle costruzioni si assiste quindi alla
compresenza di processi costruttivi anche estremamente
diversificati: dai cantieri tradizionali
dell’edilizia residenziale di piccola dimensione, ai
cantieri più innovativi per la realizzazione di palazzi
per uffici, centri commerciali, ecc.
È in questo scenario che l’industria delle costruzioni,
da settore arretrato secondo le logiche industrialistiche,
diviene un settore che evidenzia
caratteristiche innovative di grande interesse.
Caratteristiche che si scoprono essere un tratto
che contraddistingue diversi fattori produttivi anche
tra i più tradizionali: le maestranze, i quadri
tecnici di cantiere, ad esempio, la cui polivalenza
era interpretata fino a poco tempo fa come una
‘mancanza di specializzazione tayloristica’, oggi
viene apprezzata per la valenza di elasticità che
esprime e che rende possibili molteplici forme di
produzione, non ultima quella basata sulla diffusa
utilizzazione di nuovi materiali.
Affrontare le problematiche dell’innovazione nel
settore delle costruzioni significa però rivolgersi
anche verso altre direzioni ed esperienze. L’innovazione
si sviluppa infatti secondo due direttrici
principali. La prima l’abbiamo appena descritta,
mentre la seconda direttrice si concretizza in forma
meno evidente, ma di impatto formidabile attraverso,
sia la crescente diffusione di innovazioni
sul piano organizzativo-gestionale con l’utilizzazione
delle tecnologie Information Communication
Technology (ICT), sia grazie all’introduzione
di queste tecnologie unitamente a quelle dei sistemi
elettronici di automazione degli impianti,
dei sistemi di sicurezza e delle comunicazioni nel
prodotto edilizio a realizzare le nuove forme di
controllo e gestione degli edifici, che vengono variamente
definite come Computer Integrated Building
(CIB), quando applicate agli edifici terziari,
‘domotica’ o Home Automation, quando realizzate
nei cantieri residenziali.
“In questa direzione (quella dell’innovazione tecnologica
e organizzativa) svolgono un ruolo molto
importante le nuove tecnologie basate sull’elettronica.
Esse permettono la realizzazione efficiente
delle operazioni amministrative, di acquisto
materiali, di progettazione e programmazione dei
lavori, con un numero esiguo di impiegati tecnici,
favorendo, attraverso il concentramento delle informazioni,
la possibilità di decentrare le funzioni
produttive.”
Le tecnologie informatiche formalizzano e standardizzano
le procedure e comportano lo sviluppo
nell’ambito dell’azienda di responsabilità precise e definite su determinati problemi, favorendo i
processi di specializzazione e di gestione tecnicomanageriale.
In particolare, consentono efficaci
controlli in termini di contabilità industriale su
molteplici aspetti della produzione edile, contribuendo
al consolidamento di atteggiamenti più
razionali nella conduzione del cantiere. L’aspetto
principale dei processi trasformativi in atto nel
settore delle costruzioni/immobiliare riguarda le
strutture organizzative di impresa e soprattutto
il lavoro d’ufficio e direzionale, nel cui quadro
emerge la sempre maggiore convenienza di puntare
su un’organizzazione del lavoro elastica, in
grado di usufruire e produrre un elevato numero
di informazioni. Ciò diviene sempre più necessario
a fronte di un’elevata turbolenza dell’ambiente
entro cui le imprese si trovano a dover operare.
Le tendenze che nell’ultimo periodo si sono
espresse sul piano organizzativo con gli inevitabili
aggiustamenti e mediazioni, possono così
essere sintetizzate:
– diminuzione dei livelli gerarchici;
– riduzione degli organici;
– tendenza a contrarre i costi fissi in funzione dei
costi variabili;
– interesse dell’impresa al decentramento attraverso
rapporti con soggetti dotati di livelli e autonomia
imprenditoriale e tecnicamente specializzati;
– aumento della professionalità richiesta in termini
di adattabilità alla variabilità delle situazioni
e di capacità di assunzione di responsabilità
sugli obiettivi.
Non a caso anche nel settore delle costruzioni si
sviluppa il modello dell’‘impresa rete’, che offre
l’opportunità all’impresa maggiore che governa la
rete di rapporti, di gestire (controllare, programmare)
molte più risorse di quelle che effettivamente
sono incorporate nella sua organizzazione.
Nella ‘rete’ vengono coinvolte imprese di ogni
tipo e molto frequentemente, anche società/studi
di diverse competenze progettuali.
Per il settore si tratta indubbiamente di un’evoluzione
qualitativa del fenomeno del decentramento
produttivo, che comunque non cessa di esistere e
manifestarsi nelle sue forme più varie.
Mano a mano che il lavoro aumenta e cresce di
complessità, per le imprese e gli operatori del
settore diviene sempre più necessario:
– gestire in maniera razionale il complesso delle
comunicazioni-scambio di informazioni tra i diversi
soggetti (interni ed esterni all’organizzazione);
– definire nuovi e più validi criteri con cui valutare
e indirizzare le performance dei diversi settori
di attività.
I complessi processi innovativi che caratterizzano
il settore in questa fase, pur nella loro indubbia
positività, pongono alcuni rilevanti problemi. Infatti,
il processo trasformativo in atto si sviluppa
in un settore caratterizzato da una struttura produttiva
e imprenditoriale fortemente polverizzata
e con un elevatissimo turn over di manodopera,
caratterizzato da maestranze di nazionalità italiana
in uscita largamente compensato da numerosi
ingressi di mano d’opera straniera e in particolare
extracomunitaria.
Da queste complesse e concomitanti azioni e circostanze
deriva il pericolo, già in molti contesti
concretamente avvertibile, di una perdita – nella
filiera produttiva delle costruzioni – delle conoscenze
tecnologiche più tradizionali quelle legate
al ‘saper fare’ del ‘cantiere lento’.
Il settore delle costruzioni nel nostro Paese corre
il rischio che, a fronte di diffuse e concomitanti
innovazioni tecnologiche e di una crescita di capacità
gestionali in grado di innescare processi
produttivi sempre più rapidi e programmati, si
contrapponga una significativa e per certi versi
drammatica, sul piano della qualità dei manufatti,
perdita di know-how tradizionale: l’hardware del
‘cantiere lento’.
Know-how in gran parte legato al ‘saper fare’ di
maestranze efficienti, motivate e con una elevata
deontologia del proprio lavoro: una tipologia di
mano d’opera oggigiorno ormai in fase di avanzata
estinzione.
Solo attraverso un forte processo di osmosi tra ciò
che è e quello che sarà, in un contesto di attenta
valutazione delle opportunità offerte dall’innovazione
tecnologica rispetto alle soluzioni tradizionali,
potranno determinarsi le condizioni per un
effettivo e duraturo sviluppo dell’innovazione.
- Complessità
Nel nostro Paese esistono risorse di notevolissimo
livello e le giovani generazioni confermano e
arricchiscono questo tradizionale punto di forza,
ma per contrapposto prevale una forte propensione
‘al fare’ di natura artigianale rispetto a un
approccio organizzato.
Questo fenomeno ha origine nel ritardo storico
che caratterizza lo sviluppo industriale ed economico
del nostro Paese e in una struttura produttiva
polverizzata e caratterizzata da imprese e
organizzazioni professionali fortemente orientate
al ‘fare artigianale’ e nel cui ambito la dimensione
culturale-organizzativa non riesce a trovare terreno
fertile per attecchire. Un contesto molto diverso
da quello della grande industria e delle grandi
Corporation World Wide che hanno contribuito in
modo decisivo allo sviluppo della cultura organizzativa.
Questa natura artigianale, connaturata al
‘fare’, è immediatamente avvertibile nel tessuto
produttivo e professionale del settore delle costruzioni/immobiliare.
Ognuno svolge il proprio
lavoro, spesso con elevati livelli di efficienza ed
efficacia qualitativa, ma non dialoga con gli altri
soggetti della filiera progettuale, costruttiva, gestionale
che gli stanno accanto.
Non esiste ‘il copione’ e manca completamente
una regia accorta e rigorosa. La mentalità, la cultura
organizzativa serve a questo: progettare e
costruire il copione del lavoro (piano – business
plan) e rispettarlo per raggiungere (nei tempi e
costi previsti e con le qualità definite) gli obiettivi
del progetto.
In un mondo sempre più complesso, la capacità
organizzativa di ‘mettere a sistema’ le molteplici
variabili di qualunque problema o progetto diviene
fondamentale. Il problema passa dal ‘fare’
all’organizzazione – nel tempo e nello spazio –
di molteplici attività e alla gestione di tutte le
preziose informazioni che sono causa ed effetto
di queste.
Nel settore delle costruzioni/immobiliare questo
è, se possibile, ancora più importante. Gli edifici
moderni sono ormai sofisticate e complesse macchine:
‘fabbriche di informazioni’ in cui lavorano
persone che hanno necessità, per svolgere i loro
compiti, di precise e insostituibili prestazioni in
termini di comfort, di funzionalità tecnologiche e
di qualità architettonica.
La complessità è però ancora maggiore perché il
‘nuovo’ progetto-intervento deve abitualmente
offrire altre prestazioni necessarie per migliorare
la qualità urbana del contesto in cui si troverà
inserito: viabilità, parcheggi, verde pubblico, ecc.
La crescita della complessità delle attività progettuali
e costruttive, la diffusione di sempre nuovi
prodotti/sistemi innovativi, lo sviluppo delle
conoscenze scientifiche e gestionali determina inevitabilmente un forte processo di obsolescenza
che impatta fortemente su tutti gli operatori
della filiera. L’obsolescenza sempre più rapida delle
conoscenze acquisite, il depauperamento del
bagaglio professionale di ognuno di noi rende, in
un tempo sempre più breve, privi di valore strumenti
e conoscenze che solo pochi anni addietro
permettevano di competere nel mercato.
Questo problema, per essere affrontato, richiede
un costante e continuo aggiornamento culturale e
professionale. Tutto questo pone con urgenza, in
ambito scolastico e universitario, la necessità di
definire nuovi modelli formativi sempre più specializzati
e quindi differenziati nei percorsi didattici
e modificabili nel tempo: in divenire continuo
per aderire all’evoluzione e trasformazione del
sapere che caratterizza così fortemente la nostra
epoca storica.
Emerge però, da alcuni anni a questa parte, un
nucleo di conoscenze professionali integratrici
che fanno della polivalenza, del ‘sapere fondamentale’,
della capacità di svolgere attività utilizzando
strumenti tecnologicamente avanzati e
della creatività, il proprio nucleo costitutivo.
Il futuro è dunque degli ‘integratori’, un concetto
di riferimento che nei prossimi anni – per
effetto congiunto dell’innovazione tecnologica e
organizzativa – si estenderà a più ampi livelli e
settori di attività. Un modello caratterizzato dalla
capacità di coniugare una fondamentale e ampia
cultura umanistico-storica e generalista di base
con aree conoscitive innovative e specialistiche,
unite a metodiche di coordinamento e direzione.
Una figura contraddistinta da un ‘atteggiamento
mentale proattivo’: la capacità di lavorare per
obiettivi e di concretizzare la propria polivalenza,
di adottare con la massima flessibilità soluzionitecnologie
sempre differenti, in definitiva, di affrontare
e risolvere problemi.
La società post-industriale non richiede più esecutori
passivi, ma persone in grado di affrontare
creativamente i problemi e addirittura di provocare
intenzionalmente situazioni creative di squilibrio.
Cambiamento tecnologico e comportamento
innovativo sono strettamente connessi. Il ruolo
della formazione dei processi di cambiamento è
cruciale, perché essa, agendo sulle potenzialità
conoscitive e comportamentali delle persone accresce,
sia la capacità di elaborare nuove tecnologie,
sia quella di adottarle e comprenderle.
Del resto oggigiorno il numero delle attività da
coordinare e dirigere nella fase progettuale come
in quella costruttiva ed infine in quella della gestione
dell’immobile cresce enormemente e soprattutto
diviene estremamente variabile e caratterizzato
da una notevole temporaneità. Questo
richiede grande elasticità personale e dell’organizzazione e un più alto livello di formazione professionale
per tutti. Stiamo entrando in una fase
storica in cui saranno valorizzate figure e percorsi
formativi con forte orientamento ‘politecnico’.
Le imprese, e più in generale il mondo professionale
e della pubblica amministrazione, dovranno
nell’immediato futuro, per poter trarre vantaggio
dal mercato unico europeo, mettere a punto precise
opzioni strategiche per innovare la propria
attività, sia dal punto di vista dei contenuti, che
da quello delle modificazioni del mercato.
Occorre perciò, a fianco delle potenzialità della
tecnologia, che costituisce il vero motore delle
rapide trasformazioni che caratterizzano la nostra
epoca storica, sviluppare alcuni percorsi formativoprofessionali,
indirizzati verso un modello integratore-gestionale
in grado di governare situazioni di
grande dinamicità, con riflessi precisi sugli aspetti
organizzativi e produttivi del progetto.
Occorre ricordare come, nell’era della società
dell’informazione e terziaria, la dimensione organizzativa
e gestionale (il management) acquisisca
sempre maggior valenza strategica ed esprima
una sempre più accentuata capacità di estrarre
valore dal complesso dei processi produttivi di
beni e servizi che caratterizzano il settore delle
costruzioni/immobiliare.
Questa riflessione è necessaria per sottolineare
come le conoscenze della tradizione costruttiva
dell’architettura, il ‘saper fare tradizionale’, costituiscano
il punto di partenza, la base utile e necessaria
per apprendere e far proprie le competenze
organizzative e gestionali, ovvero la capacità
metodologica di affrontare e risolvere problemi
complessi in tempi stressati, quali sono quelli che
oggi caratterizzano il mercato di fascia alta del
settore delle costruzioni/immobiliare.
Le attività volte all’organizzazione del progetto,
come della costruzione, consentono di ottenere
risultati eccellenti in termini di rispetto del budget
dei costi e dei tempi di esecuzione durante la
fase costruttiva. Detto in altri termini, è possibile
oggigiorno realizzare qualunque edificio nell’arco
di diciotto mesi a patto che lo si voglia, che sia
stato realizzato un progetto integrato spinto al
dettaglio esecutivo e che le molteplici attività
(item) della progettazione e costruzione vengano
pianificate e controllate, secondo le modalità
ormai conosciute e consolidate del Project Management.
Un controllo-gestione svolto sistematicamente
durante tutto il processo, in modo tale
da affrontare, per tempo e con le modalità più
consone, i possibili e spesso inevitabili imprevisti
che caratterizzano le attività complesse.
A sostegno di questa tesi e per convincere i più
scettici, basterà forse ricordare che alcuni celebri
edifici quali l’Empire State Building nel 1930, il Chrysler Building nel 1929 e molti altri fino alla
Hearst Tower nel 2006 sono stati tutti costruiti
entro il termine massimo fissato dalla pianificazione,
ovvero 18 mesi. Ovviamente la realizzazione
di questi grandi e mirabili complessi ha richiesto
una lunga e attenta attività preparatoria e una
adeguata capacità gestionale del progetto come
della costruzione. Ci auguriamo che queste esperienze,
queste competenze possano al più presto
essere utilizzate e diffondersi anche nel nostro
Paese. Ma, in qualche caso, questo è già avvenuto
e sempre procedendo per esperienze concrete,
questo è l’esempio del ‘Blue Building’, Headquarters
del Gruppo ABB in Italia, progettato dall’architetto
Giacomo Marzorati, costruito a Sesto San
Giovanni (MI) sull’area ex Marelli e ultimato in 18
mesi nell’anno 2001, ma anche dell’Headquarters di IBM a Segrate (MI), progettato dallo Studio
Isola e ultimato in 18 mesi nel 2004 ed infine dei
numerosi interventi di valorizzazione compiuti su
immobili da Generali Real Estate caratterizzati da
un sempre rigoroso e puntuale rispetto dei tempi
e costi programmati.
È auspicabile che questo complesso di conoscenze
possa essere utilizzato non solo nella realizzazione
di grandi edifici terziari, ma anche nella
realizzazione di complessi residenziali per poter
innovare un settore del mercato immobiliare ancora
fortemente condizionato e frenato da pratiche
progettuali e costruttive basate sull’impiego
di materiali tradizionali che concorrono in maniera
decisiva a determinare tempi e costi più elevati
di quelli che si potrebbero ottenere con un
approccio più consono ai tempi che viviamo.
di Oliviero Tronconi
Professore Ordinario Politecnico di Milano Dip. BEST
Nessun commento:
Posta un commento
Commenti, critiche e correzioni sono ben accette e incoraggiate, purché espresse in modo civile. Scrivi pure i tuoi dubbi, le tue domande o se hai richieste: il team dei nostri esperti ti risponderà il prima possibile.