mercoledì 30 marzo 2016

Spigolature sulla riforma del condominio: IL C.D. REVISORE DELLA CONTABILITA'

L’istituto del revisore della contabilità si collega direttamente col tema dell’invalidità della deliberazione di ripartizione delle spese.
L’art. 1130 bis c.c. ha esattamente previsto che l’assemblea condominiale può, in qualsiasi momento o per più annualità specificamente identificate, nominare un revisore che verifichi la contabilità del condominio. La deliberazione è assunta con la maggioranza prevista per la nomina dell’amministratore e la relativa spesa è ripartita fra tutti i condomini sulla base dei millesimi di proprietà.
Viene consentita la nomina di un revisore finalizzata al controllo della contabilità anche di più annualità pregresse (e, quindi, anche di quelle i cui bilanci sono stati da tempo definitivamente approvati dall'assemblea, e non impugnati nei termini ex art. 1137 c.c. da parte dei singoli condomini).
Quindi si consente, implicitamente, che detti bilanci (“definitivi”) siano rimessi in discussione “senza limitazioni”.
Tale possibilità (che è incontestabile, stante il chiaro tenore letterale della norma) confligge clamorosamente con la giurisprudenza precedente che ha affermato i principi secondo cui:
  • l’approvazione del rendiconto annuale dell’amministratore rientra tra le attribuzioni dell’assemblea dei condomini;
  • relativamente ai vizi di annullabilità (!) la relativa deliberazione, se non impugnata tempestivamente diviene definitivamente obbligatoria per tutti i condomini,
  • di conseguenza, il condomino dissenziente non può, in mancanza di tempestiva formale impugnazione (ex art. 1137 c.c.) sottrarsi al pagamento di quanto dovuto (cfr. Trib. Salerno 30 gennaio 201 0, Trib. Milano 7 marzo 1996, n. 2205, Cass. 14 luglio 1989, n. 3291; Cass. 23 luglio 1988 n. 4751; Cass. 5 aprile 1984 n. 2220);
  • per le stesse ragioni, la predetta approvazione (e la mancata impugnativa) preclude al singolo condomino l’azione di responsabilità nei confronti dell’amministratore (arg. da Cass, 2 ottobre 1992, n. 10838). In sostanza, una volta che l’amministratore abbia presentato il rendiconto annuale all'assemblea dei partecipanti e questa lo abbia approvato, nell'esercizio dei suoi poteri discrezionali afferenti alla gestione delle parti comuni, al condomino dissenziente non resta che impugnare nei termini la delibera (cfr. Cass. 20 aprile 1994, n. 3747);
  • sempre secondo la giurisprudenza (pregressa alla riforma), al di fuori di questa ipotesi (cioè, successivamente all'approvazione non contestata), il rendiconto può essere messo in discussione dal singolo condomino solo per vizi di nullità (Cass. 31 maggio 1988, n. 3701), i quali, secondo una specifica giurisprudenza di merito, possono consistere nei casi in cui, per esempio, vi sia indebita appropriazione dei fondi comuni (da parte dell’amministratore), in quanto, in tale caso, la delibera di approvazione del rendiconto sarebbe radicalmente nulla (per carenza assoluta di potere da parte dell'assemblea, nonché per mancanza di accordo e di oggetto negoziale ex art. .1418 c.c.) (Trib. Milano 7 marzo 1996, n. 2205), il tutto, peraltro, in perfetta corrispondenza al disposto dell'art. 266 cod. proc. civ., che ammette la revisione del conto già approvato in caso di errore materiale, omissione, falsità o duplicazione di partite.
Stante tutto ciò, non v’è chi non veda come la nomina del revisore contabile, essendo finalizzata al controllo delle annualità pregresse (senza limitazione alcuna sulla natura dei vizi contestabili o sul periodo verificabile) mina fortemente la permanenza della validità di tutti i suddetti consolidati principi, e sembra invece consentire la messa in discussione dei bilanci per vizi di mera annullabilità, anche oltre il termine perentorio ex art. 1137 c.c. (di impugnazione della deliberazione di relativa approvazione).
Se, da una parte, può dirsi che risulta chiara l'intenzione del legislatore della riforma di prevedere un nuovo strumento (il revisore) che contribuisca alla regolare tenuta della contabilità, da un’altra parte, può determinarsi, nel concreto il diverso effetto di innescare situazioni di alta incertezza (come quelle che consistono nella possibilità di contestare sine die, e in ogni caso, i bilanci condominiali approvati da tempo senza contestazioni).
Forse alla soluzione del problema si arriva attraverso una integrazione interpretativa della figura del revisore, che tenga conto del fatto che:
  • la funzione del revisore - evidentemente attinente e riferibile, quanto a mansioni, a quella di amministratore - è probabilmente riconducibile nell'ambito del contratto di mandato, o comunque comporta una sorta di “rendiconto finale” (cioè, la presentazione all'assemblea dell'esito dell'effettuata “revisione” dei bilanci);
  • detto rendiconto, in quanto consistente in un “nuovo” bilancio revisionato, dev'essere certamente sottoposto all'approvazione dell'assemblea;
  • questa nuova approvazione sarà autonomamente (e nuovamente) impugnabile secondo le regole generali.

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