sabato 4 giugno 2016

VERANDA: il concetto di decoro architettonico

Si è, innanzitutto, premessa l'irrilevanza del precedente degli stessi giudici di legittimità (v. Cass. 7 febbraio 1998, n. 1297, in Rass. loc. e cond., 1998, 269), in base al quale era stato "escluso il carattere lesivo di una veranda realizzata da un condomino sulla terrazza a livello del proprio appartamento nella parte retrostante del fabbricato", in quanto ciò non implica che, sempre ed in ogni caso, sia legittima la creazione di verande in corrispondenza di facciate interne; la stessa sentenza citata e le successive hanno rimesso al giudice di merito il compito di stabilire volta per volta se in concreto ricorra il denunciato danno all'aspetto della facciata, esterna o interna che sia, ditalché "non costituisce motivazione appagante limitarsi a rilevare semplicemente che trattasi di facciata interna".
In proposito, anche di recente, vi sono state pronunce relative a facciate interne, ed è risalente l'affermazione secondo cui per "decoro architettonico del fabbricato", ai fini della tutela prevista dall'art. 1120, ultimo comma, c.c., deve intendersi l'estetica dell'edificio, costituita dall'insieme delle linee e delle strutture ornamentali che ne costituiscono la nota dominante ed imprimono alle varie parti di esso una sua determinata, armonica fisionomia, senza che occorra che si tratti di edifici di particolare pregio artistico (v., tra le altre, Cass. 31 luglio 2013, n. 18350, in foro it, Rep. 2013, riguardo all'installazione di una canna fumaria; Cass. 11 maggio 2011, n. 10350, Rep. 2011, aggiungendo che la relativa valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, ove non presenti vizi di motivazione, Cass. 14 dicembre 2005, n. 27551, id., Rep. 2005, la quale ha ritenuto che, in conseguenza della costruzione realizzata dal convenuto in aderenza alla facciata del fabbricato, ne era stato completamente alterato lo stile architettonico, che era caratterizzato dall'esistenza al piano terra di un porticato con grossi archi, risultato inglobato dal manufatto de quo).
Nel caso concreto analizzato da Cass. 19 giugno 2009, n. 14455 (in Riv. giur. edil., 2010, I, 88), si è statuito che non occorre che il fabbricato, il cui decoro architettonico sia stato alterato dall'innovazione abbia un particolare pregio artistico, né rileva che tale decoro sia stato già gravemente ed evidentemente compromesso da precedenti interventi sull'immobile, ma è sufficiente che vengano alterate, in modo visibile e significativo, la particolare struttura e la complessiva armonia che conferiscono al fabbricato una propria specifica identità (nella specie, si era confermata sul punto l'impugnata sentenza che aveva ritenuto dimostrata la violazione del decoro architettonico in un caso in cui la trasformazione in veranda dell'unico balcone esistente al piano ammezzato aveva spezzato il ritmo proprio della facciata ottocentesca del fabbricato, che nei vari piani possedeva un preciso disegno di ripetizione dei balconi e di alternanza di pieni e vuoti, non potendosi trascurare, a tal fine, anche la rilevanza delle caratteristiche costruttive della veranda ed il suo colore bianco brillante, contrastante con le superfici più opache del circostante edificio).
Nella stessa lunghezza d'onda, si è posta, sempre di recente, Cass. 16 gennaio 2007, n. 851 (in Foro it., Rep. 2007, voce Comunione e condominio, n. 159), la quale ha avuto modo di ribadire che, in tema di condominio negli edifici, per decoro architettonico deve intendersi l'estetica del fabbricato data dall'insieme delle linee e delle strutture che connotano lo stabile stesso e gli imprimono una determinata, armonica fisionomia ed una specifica identità, sicché nessuna influenza, ai fini della tutela prevista dal citato art. 1120, può essere attribuita al grado di visibilità delle innovazioni contestate, in relazione ai diversi punti di osservazione dell'edificio, oppure alla presenza di altre pregresse modifiche non autorizzate.

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