martedì 21 marzo 2017

IL SUPERCONDOMINIO DA I NUMERI

Anche in caso di unico edificio composto di più unità immobiliari aventi parti comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c., quando i condomini siano in totale più di sessanta, la gestione ordinaria delle parti comuni del pur unico edificio viene affidata all’assemblea dei rappresentanti.

Ci sono delle leggi che sono come il vino cattivo, passano gli anni e peggiorano.
L’art. 67, comma 3, disp. att. c.c., introdotto dalla Riforma del Condominio entrata in vigore nel 2013, dispone, com'è noto, che “nei casi di cui all'articolo 1117-bis del codice, quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, ciascun condominio deve designare, con la maggioranza di cui all'articolo 1136, quinto comma, del codice, il proprio rappresentante all'assemblea per la gestione delle parti comuni a più condominii e per la nomina dell'amministratore. In mancanza, ciascun partecipante può chiedere che l'autorità giudiziaria nomini il rappresentante del proprio condominio (…)”.
Per lo meno il presupposto numerico cui è legata l'applicabilità della disposizione in esame è chiaro: quando i partecipanti sono complessivamente più di sessanta, cioè quando i condomini, intesi come proprietari esclusivi, pro indiviso, di un’unità compresa nel complesso immobiliare, in conseguenza di acquisto per atto tra vivi, o di divisione o anche di successione mortis causa, divengano, appunto, più di sessanta.
Peraltro, tutti, leggendo il comma 3 dell’art. 67 disp. att. c.c., hanno finora inteso che l'obbligo di nomina del rappresentante sussistesse solo quando si sia in presenza di una pluralità di edifici, costituiti o meno in distinti condomini, ma compresi in un più ampio contesto connotato dall'esistenza di cose, impianti o servizi comuni (il viale di accesso, le zone verdi, l’impianto di illuminazione, la guardiola del portiere, il servizio di portierato, ecc.). Insomma, la previsione è apparsa nelle sue prime interpretazioni rivolta a regolamentare quei complessi residenziali formati da un insieme di edifici, raggruppati in blocchi, ciascuno dei quali comprenda diversi corpi di fabbrica, e caratterizzati da parti comuni a ognuno dei blocchi e da parti comuni, invece, unicamente ai singoli blocchi, e perciò appartenenti ai soli proprietari delle unità site in ognuno di essi.
E’ però incontestabile che la lettera della norma dice qualcosa di diverso e di più ampio: l'obbligo della nomina del rappresentante per la gestione delle parti comuni sussiste, non appena i partecipanti siano più di sessanta, “nei casi di cui all’articolo 1117-bis del codice”. E i “casi di cui all'articolo 1117-bis del codice” non suppongono necessariamente che vi siano più edifici, costituiti o meno in distinti condomini, in quanto, piuttosto, comprendono “tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condomini di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell’art. 1117”.
Il senso fatto palese dal significato proprio delle parole (art. 12 delle preleggi) utilizzate negli art. 67, comma 3, disp. att. c.c. e 1117-bis c.c. porta allora a ritenere che, anche in caso di unico edificio composto di più unità immobiliari aventi parti comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c., quando i condomini siano in totale più di sessanta, la gestione ordinaria delle parti comuni del pur unico edificio viene affidata all'assemblea dei rappresentanti.
Si può obiettare che l'art. 67, comma 3, disp. att. c.c. afferma che “ciascun condominio” deve designare il proprio rappresentante e che le parti da gestire devono essere “comuni a più condominii”. Ma ciò cosa vuol dire? Non certo che ciascun gruppo di unità immobiliari chiamato ad esprimere un proprio rappresentante debba per forza rivelare una tipologia costruttiva tale da dar luogo ad un edificio “indipendente” ed “autonomo”, tale da consentirne lo scioglimento ai sensi degli artt. 61 e 62 disp. att. c.c. Per aversi un “condominio”, sempre in base al nuovo art. 1117-bis c.c., basta che si hanno almeno due unità immobiliari, di diversa proprietà esclusiva, che abbiano parti comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c. Se poi le unità immobiliari di diversa titolarità esclusiva, ma aventi parti comuni ex art. 1117 c.c., sono più di otto, allora è obbligatoria la nomina di un amministratore, come vuole l’art. 1129, comma 1, c.c. Quando le unità immobiliari appartenenti a distinti condomini ed aventi parti comuni ex art. 1117 c.c. siano oltre dieci, è pure necessario formare il regolamento (art. 1138, comma 1, c.c.).
In definitiva, per come sono state scritte le due norme analizzate, può fondatamente sostenersi che il legislatore del 2012 abbia pensato di istituzionalizzare un’assemblea di soli rappresentanti per la gestione ordinaria delle parti comuni di tutti i complessi immobiliari recanti (indipendentemente dal numero degli edifici autonomi di cui sia composto) oltre sessanta unità immobiliari di proprietà esclusiva che presentino almeno una o più parti comuni fra quelle elencate nell'art. 1117 c.c., in maniera da semplificare il procedimento di convocazione e di votazione della relativa assemblea. Le parti del più ampio complesso che siano, per contro, per loro struttura e destinazione, comuni soltanto ad un numero più limitato degli oltre sessanta condomini, saranno gestite da costoro secondo le ordinarie regole degli artt. 1135 e 1136 c.c.
La situazione di fatto che giustifica, ed anzi impone, l'operatività dell'art. 67, comma 3, disp. att. c.c. è che vi siano almeno sessantuno unità immobiliari di titolarità frazionata, le quali abbiano alcune parti comuni a tutte (ad esempio, anche il cortile, il portone di ingresso, l’androne) ed altre parti (scale, terrazze, impianti) destinate a servire unicamente una frazione di esse (art. 1123, comma 3, c.c.).
Se, per assurdo, tutte le oltre sessanta unità immobiliari del medesimo complesso abbiano in comune le stesse medesime parti, e non vi siano, cioè, beni connotati da una più limitata contitolarità spettante soltanto ad un gruppo di condòmini, come immagina l’art. 1123, comma 3, c.c., non vi sarebbe possibilità logica per delegarne ad un unico rappresentante la gestione ordinaria. D’altro canto, neppure l’art. 67, comma 3, disp. att. c.c. può funzionare quando vi siano più di sessanta proprietà singole in sequenza, tipo villette a schiera, dotate di strutture portanti e di impianti in comune, perché non avrebbe senso designare un rappresentante in luogo del titolare esclusivo di ciascuna di esse.

di Antonio Scarpa
Consigliere della Corte di Cassazione

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