mercoledì 9 dicembre 2015

Amministratore di condominio tra Legge 220 e D.M 140/14


L’interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia presentata nel marzo scorso dal Senatore Salvatore Torrisi, che è stato il relatore alla Camera dei deputati del disegno di legge sulla riforma del condominio, poi diventata la legge n. 220/2012, ha ulteriormente aumentato i dubbi e le perplessità su alcuni passaggi della riforma che, ogni volta che vengono riletti, fanno sorgere nuovi interrogativi sulla sua legittimità e sul fatto che gli amministratori di condominio, che la riforma adesso chiama professionisti, sono sempre di più considerati dei pseudo professionisti.
Il riferimento non è solo al fatto che la legge prevede per gli amministratori professionisti determinati requisiti come il titolo di studio, la formazione professionale ed il continuo aggiornamento, requisiti questi che non sono richiesti quando l’amministratore di condominio è nominato tra i condomini dello stesso condominio, ma anche e soprattutto per le disparità tra professionisti per quanto riguarda la loro formazione e l’aggiornamento professionale.
Gli amministratori di condominio hanno nel tempo dimostrato che non desiderano tutele particolari e che la formazione e l’aggiornamento sono riusciti, come per altro fanno gli altri professionisti, ad organizzarsela da soli e con estrema serietà, magari facendo ricorso tra le figure che il D.M. 140/2014 menziona come Responsabile scientifico e formatore.
Queste ultime prescrizioni previste dal citato D.M. non solo creano una disparità inaudita tra professionisti organizzati in ordini o collegi professionali, i quali provvedono autonomamente dopo il conseguimento del titolo di studio alla formazione ed all’aggiornamento dei propri iscritti, e quelli riuniti in associazioni professionali come nel caso degli amministratori di condominio, ma sollevano nel contempo più di un dubbio sulla legittimità costituzionale dei due dettati.
La legge n. 4 del 2013 tra l’altro assegna alle associazioni professionali il compito della “formazione permanente dei propri iscritti” ma il D.M. 140/14 le ignora del tutto affidando tale compito solo al responsabile scientifico ed al formatore. La legge è sempre fonte primaria, il decreto invece disciplina alcuni disposti della legge, ma certamente non può andare in contrasto con una ulteriore legge, tra l’altro varata prima dell’entrata in vigore del citato Decreto ministeriale. Questo è il caso di conflitto evidente tra leggi e decreti che più ci interessa con l’entrata in vigore del D.M.140.
Se da un lato il Legislatore con continui interventi ha di fatto professionalizzato questa figura multidisciplinare, ancora purtroppo non inquadrata in nessun percorso di studio definito, dall’altro invece per assurdo crea una vera e propria disparità al punto da ritenere la semplice appartenenza ad un condominio come garanzia di formazione e professionalità, alla stessa stregua dell’amministratore esterno, senza però indicare chi abbia certificato tale conoscenza o professionalità al semplice condomino. E’ a tutti noto il perché e le pressioni che il legislatore ha subito nel varare la riforma del condominio, ma credo che i tempi siano maturi per una inversione di tendenza che faccia definitivamente chiarezza ed elimini le disparità tra professionisti ed anche tra amministratori di serie A e quelli di serie B. Poi c’è un ulteriore dubbio irrisolto ed è quello relativo all’art. 71 delle disposizioni di attuazione del Codice civile ancora in vigore anche se monco ed ad un primo sommario esame, privo di alcuna efficacia.
Il Legislatore nella foga di stabilire i requisiti per l’amministratore di condominio ha lasciato in essere il registro, che però ha cancellato dall’art. 1129 richiamandolo per ben due volte nel corpo del dettato codicistico come adempimento del comma 7 del successivo art. 1130 e lo stesso ha fatto nel dettato dell’art. 1138. Ma l’art. 71 aveva ed ha inoltre un altro compito che non era solo ed esclusivamente un adempimento burocratico, in quanto l’annotazione in quel registro aveva una funzione pubblicistica poiché tenuto unicamente ed unitariamente, per territorio, da una associazione alla quale si potevano chiedere le informazioni.
Questa funzione pubblicistica però non è quella surrogata dal Legislatore con il comma 7 della’art. 1130 in quanto l’attuale registro non è pubblico ed è consultabile solamente dai condomini appartenenti allo stesso stabile e dall’amministratore e non da altri.
Una funzione importante quella pubblicistica, anche se ai cittadini italiani manca da 71 anni, guarda caso anche l’art. è il n. 71, in seguito alla soppressione delle associazioni corporative del periodo fascista con Decreto luogotenenziale del 23 novembre 1944 n. 369, che però ha oggi più di ieri una notevole importanza in quanto l’amministratore con la legge di riforma deve possedere determinati requisiti che solo un pubblico registro può certificare in quanto, altrimenti, l’assemblea di condominio verrebbe gravata dell’accertamento di una serie di notizie non facilmente reperibili o che comunque si dovrebbe basare solo su una dichiarazione autocertificante dello stesso amministratore e che comunque resta non facilmente riscontrabile.
Ma ce di più, il Legislatore giustamente nel definire e puntualizzare i requisiti per svolgere la mansione di amministratore ha però dimenticato di inserire quanto meno l’obbligo della autocertificazione dei requisiti che per legge deve rispondere a determinati adempimenti non per ultima quella di essere accompagnata da una fotocopia di un documento di riconoscimento del dichiarante.

Chi adempie adesso a questa funzione pubblicistica?

Il Legislatore non ha dato nessuna risposta o forse non l’ha voluta dare, sempre per quelle pressioni di cui si diceva sopra, ma il compianto Gino Terzago da sempre sosteneva che il registro esisteva e che bastava indicare chi doveva tenerlo e questo lo diceva, prima della riforma, avrebbe comportato il riconoscimento di una attività professionale oltre che assolvere alla sua funzione pubblicistica. Oggi invece, se pur tra tutte le perplessità riportate sopra, il riconoscimento lo abbiamo ma manca l’aspetto pubblicistico di quell’art. 71 ancora oggi esistente ma comunque privo di efficacia alcuna. Che sia stato tenuto lì per un futuro provvedimento è molto probabile, altrimenti nel modificare l’art. 1129 ed il successivo art. 1138, il Legislatore avrebbe provveduto ad eliminare quelle poche righe sostituendolo con quello che oggi è l’art. 71 bis.

E’ così difficile adesso prevederlo?

Credo di no, basta un po’ di buona volontà oppure rileggersi i lavori della commissione parlamentare quando tra i vari disegni di legge in materia di riforma del condominio, si prevedeva di far tenere il registro alle Camere di commercio oppure agli Uffici del territorio. Tramontata l’idea delle Camere di commercio che il Governo sembra orientato ad accorpare o ad eliminare, resta l’ipotesi dell’Ufficio del territorio senza, tra l’altro, alcun costo per lo Stato in quanto per il suo mantenimento, i singoli iscritti, dovranno ogni anno pagare una quota.
Credo comunque, non vorrei sbagliarmi, che una volta fissati per legge nazionale, i requisiti per svolgere l’attività professionale di amministratore di condominio, il principio pubblicistico possa essere regolamentato tranquillamente dalle Regioni le quali lo possono farlo attraverso i loro uffici territoriali oppure avvalendosi degli uffici periferici dello Stato, sempre a costo zero per lo Stato o le Regioni.
Non solo, ma come è avvenuto per le targhette condominiali una volta non obbligatorie su tutto il territorio nazionale ma istituite da diversi comuni con regolamenti o con ordinanze, lo stesso potrebbe accadere nei comuni o nelle città metropolitane o nelle rinate province o infine per volontà del Legislatore regionale che potrebbe prevedere, senza cozzare in un conflitto di interessi con lo Stato, l’istituzione di elenchi pubblici degli amministratori di condominio in possesso dei requisiti previsti dall’art. 71 bis. Su questi temi penso che occorra veramente una mobilitazione della nostra associazione di categoria che ha come compito principale quello di tutelare i propri iscritti e di incrementarne la professionalità.


Fonte: Amministrare Immobili
di Carmelo Santonocito
Presidente Regionale ANACI Sicilia

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