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martedì 16 agosto 2016

La mediazione nel condominio: D.Lgs 4/3/2010 n. 28

di Gisella Casamassima
direttore Centro Studi Provinciale ANACI Roma

Le delibere condominiali per adesione al procedimento

Orientamenti giurisprudenziali: quorum deliberativi

La mediazione obbligatoria - originariamente introdotta dal decreto legislativo 28/2010, dichiarato incostituzionale per eccesso di delega - è stata reintrodotta dalla legge 9 agosto 2013, n.98 che ha convertito con modifiche il D.L. 69/2013, con il quale sono stati "corretti" i profili d'incostituzionalità della normativa originaria.
La materia condominiale è stata inserita tra quelle per cui è obbligatoria la preventiva fase di mediazione e per effetto di tale previsione torna a vita l'art. 71 quater della legge 220/12 che in un primo tempo era stato travolto dalla sentenza della Corte Costituzionale.
I motivi per cui la materia condominiale è inserita tra quelle per cui è obbligatoriamente prevista la mediazione sono vari: innanzitutto vi è uno scopo deflattivo del contenzioso giudiziario, che come si sa per il 20% verte in materia condominiale; quindi la volontà di introdurre la possibilità di soluzioni alternative ai conflitti nell'ambito di contratti e rapporti a larga diffusione sociale con il fine di preservare tali rapporti, piuttosto che vederli cessati al termine del contenzioso giudiziario.
Certo questa impostazione che, mostrando attenzione all'importanza di risolvere i conflitti con metodi capaci di mantenere i rapporti, si vorrebbe richiamare ai principi della mediazione in generale, affermati dagli studiosi storici della materia (Fisher, Ury), contrasta con l'obbligatorietà introdotta nella nostra legislazione.
E a mio parere contrasta anche con la previsione di cui all'art. 16 n. 4 bis del D.lgs n. 28 Secondo cui gli Avvocati iscritti all'albo sono di diritto mediatori, in quanto la conoscenza del diritto di per sé è molto lontana dalla filosofia della mediazione che guarda non già al componimento dei diritti ma alla soddisfazione degli interessi.
Ma tant'è.
Per cui il D.lgs 28/10 prevede all'art. 5 condizioni di procedibilità e rapporti con il processo n. l bis: Chi intende esercitare un azione relativa a una controversia in materia di condominio, ...omissis, è tenuto, assistito dall'Avvocato, preliminarmente ad esperire il procedimento di mediazione ai sensi del presente decreto,...omissis. L'esperimento del procedimento di mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale.... L'improcedibilità deve essere eccepita dal convenuto a pena di decadenza o rilevata d'ufficio dal giudice non oltre la prima udienza. Il giudice ove rilevi che la mediazione è già iniziata ma non conclusa fissa la successiva udienza dopo la scadenza del termine di cui all'art. 6 (tre mesi). Allo stesso modo dispone quando la mediazione non è stata esperita, assegnando contestualmente alle parti il termine di quindici giorni per la presentazione della domanda di mediazione.
L'interesse a che si tenti una soluzione alternativa al procedimento giudiziale è tale che il rilievo può essere disposto d'ufficio e che tenuta alla cosiddetta conciliazione demandata dal Giudice non sia solo la parte istante, bensì entrambe le parti del giudizio. Lo stesso vale, in base al n.2 dello stesso art.5, per le cause in fase di appello.
La valutazione dell'interesse concreto al procedimento di mediazione (e quindi la valutazione del comportamento di quella parte in caso di mancato adempimento all'invito del Giudice) è comunque demandata al Giudice stesso, tanto che ad esempio nelle opposizioni a decreto ingiuntivo, qualora l'invito rivolto dal Giudice alle parti di esperire il tentativo di mediazione rimanga disatteso, si determinerà la declaratoria di improcedibilità del giudizio di opposizione con la conseguente conferma della definitiva esecuzione del decreto:

Tr. Genova n. 1914 del 25/6/2015:
- E' da ritenersi condivisibile l'orientamento (Cfr. Trib. Rimini, 05.8.2014, Trib. Firenze 30.10.2014, Trib. Siena 25.06.2012, Trib. Nola 24.02.2015) che individua nell'opponente il soggetto su cui grava l'onere di avviare il procedimento di mediazione e, quindi, anche gli effetti pregiudizievoli di un'eventuale improcedibilità dell'opposizione a decreto ingiuntivo. Pertanto, una volta dichiarata l'improcedibilità dell'opposizione, il corollario giuridico di detta pronuncia non potrà che essere la conferma del decreto ingiuntivo opposto.
L'art. 71 quater delle disposizioni di attuazione c.c. introdotto con la legge 220/12, indica nello specifico della materia condominiale quali siano le controversie soggette alla mediazione, quali siano i soggetti, i luoghi e le modalità per accedere alla mediazione:

[I]. Per controversie in materia di condominio, ai sensi dell'articolo 5, comma 1, del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, si intendono quelle derivanti dalla violazione o dall'errata applicazione delle disposizioni del libro terzo, titolo VII, capo II, del codice e degli articoli da 61 a 72 delle presenti disposizioni per l'attuazione del codice.

[II]. La domanda di mediazione deve essere presentata, a pena di inammissibilità, presso un organismo di mediazione ubicato nella circoscrizione del tribunale nella quale il condominio è situato.

[III]. Al procedimento è legittimato a partecipare l'amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice.

[IV]. Se i termini di comparizione davanti al mediatore non consentono di assumere la delibera di cui al terzo comma, il mediatore dispone, su istanza del condominio, idonea proroga della prima comparizione.

[V]. La proposta di mediazione deve essere approvata dall'assemblea con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice. Se non si raggiunge la predetta maggioranza, la proposta si deve intendere non accettata.

[VI]. Il mediatore fissa il termine per la proposta di conciliazione di cui all'articolo 11 del decreto legislativo 4 marzo 2010, n. 28, tenendo conto della necessità per l'amministratore di munirsi della delibera assembleare.
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LA MATERIA - La mediazione nel condominio: D.Lgs 4/3/2010 n. 28

Sono soggette alla preventiva mediazione:

Tutte le controversie relative sia agli artt. da 1117 a 1139 del codice civile, sia agli artt. da 61 a 72 d.a.c.c. e quindi vi rientrano, a titolo esemplificativo, le vicende riguardanti le parti comuni, la destinazione d'uso delle stesse, le controversie relative all'amministratore (artt. 1129-1133 c.c.), alle spese fatte dal condomino senza autorizzazione dell'amministratore o dell'assemblea (art. 1134 c.c.), all'assemblea dei condomini (artt. 1135-1137 c.c.), al regolamento di condominio (art. 1138 c.c.), nonché le questioni inerenti l'impugnazione delle delibere condominiali (art. 1137 c.c.) e la responsabilità dell'amministratore e la sua revoca, vi rientrano le questioni in tema di scioglimento del condominio e in materia di riscossione dei contributi condominiali, di tabelle millesimali e regolamenti di condominio. Ed essa si intende pacificamente estesa sia al condominio minimo, sia a quello orizzontale che al supercondominio.
L'art. 5 del D.lgs. n. 28/2010, n. 4 dispone che: i commi 1-bis e 2 non si applicano:

  1. nei procedimenti per ingiunzione, inclusa l'opposizione, fino alla pronuncia sulle istanze di concessione e sospensione della provvisoria esecuzione;
  2. nei procedimenti per convalida di licenza o sfratto, fino al mutamento del rito di cui all'articolo 667 del codice di procedura civile;
  3. nei procedimenti di consulenza tecnica preventiva ai fini della composizione della lite, di cui all'articolo 696-bis del codice di procedura civile;
  4. nei procedimenti possessori, fino alla pronuncia dei provvedimenti di cui all'articolo 703, terzo comma, del codice di procedura civile;
  5. nei procedimenti di opposizione o incidentali di cognizione relativi all'esecuzione forzata;
  6. nei procedimenti in camera di consiglio;
  7. nell'azione civile esercitata nel processo penale.
Ciò significa che ad alcuni procedimenti ben individuati non è applicabile l'obbligo della preventiva mediazione. Di questi alcuni interessano in maniera particolare il condominio. Ad esempio - con riferimento al decreto ingiuntivo che è di gran lunga lo strumento più frequente adottato dall'amministratore come suo preciso dovere e anche competenza - l'obbligo della mediazione scatta solo a seguito della pronuncia giudiziale sulla richiesta sospensione della provvisoria esecutività.
Ancora ad esempio la norma esclude la preventiva mediazione nei procedimenti in camera di consiglio (comprese le azioni per nomina e revoca dell'amministratore di condominio), nonostante diverso avviso del Trib. Padova sentenza 24 febbraio 2015, allo stato unica.
L'art. 3 del D.lgs. n. 28/2010, prevede anche che "lo svolgimento della mediazione non preclude in ogni caso la concessione dei provvedimenti urgenti e cautelari, né la trascrizione della domanda giudiziale".
Quindi l'amministratore può - ad esempio - promuovere un azione d'urgenza per ottenere le consegna dei documenti da parte del suo predecessore senza presentare, preventivamente, istenza di mediazione.

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I SOGGETTI - La mediazione nel condominio: D.Lgs 4/3/2010 n. 28

L'art. 71 quater disp. att. c.c. dispone al terzo comma che al procedimento è legittimato a partecipare l'amministratore, previa delibera assembleare da assumere con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice civile cioè maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell'edificio, fermo il quorum costitutivo formato da tanti condomini che rappresentino:

  • in prima convocazione, la maggioranza dei partecipanti al condominio e i due terzi del valore dell'edificio;
  • in seconda convocazione, un terzo dei partecipanti al condominio e almeno un terzo del valore dell'edificio.
Ciò avviene sia in caso in cui il giudizio sia deliberato dall'assemblea (condominio attore) sia nel caso in cui il condominio debba resistere ad una domanda (condominio convenuto).
In entrambi i casi sarà necessario nominare anche l'avvocato che dovrà assistere l'amministratore, giusto quanto disposto dall'art. 5 n. 1 bis e dall'art. 8 del d.lgs 28/2010.
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LA DELIBERA - La mediazione nel condominio: D.Lgs 4/3/2010 n. 28

Nel caso in cui l'amministratore riceva un invito a comparire dinanzi un Organismo di mediazione (o direttamente dall'Organismo o dalla parte interessata (art. 8), dovrà immediatamente convocare un'assemblea per le delibere conseguenti.
Poiché nel decreto è previsto un limite temporale massimo entro cui l'Organismo deve fissare il primo incontro (non oltre 30 gg dalla presentazione dell'istanza) ma non un limite MINIMO, può succedere che l'amministratore non abbia il tempo per poter convocare l'assemblea ad esprimersi al riguardo.
Dovrà quindi provvedere a chiedere uno spostamento del primo incontro dando prova di aver medio tempore convocato l'assemblea.
L'amministratore professionista conosce già bene i meccanismi della mediazione per cui può tranquillamente trasferire le proprie conoscenze all'assemblea chiedendo che la stessa deliberi oltre che alla partecipazione al primo incontro informativo (formalmente inteso, cioè quello in cui il mediatore chiarisce le funzioni e le modalità di svolgimento dell'istituto, invitando le parti e i loro legali ad esprimersi sulla possibilità di dare avvio alla mediazione) anche nel merito, acquisendo dalla stessa delibera l'indirizzo ed il limite del proprio mandato specifico nella mediazione.
Tanto più che nella formazione dell'atto introduttivo della mediazione, la parte ha l'obbligo di indicare l'oggetto e le ragioni della pretesa (n. 2 art. 4) che possono dunque essere un buon punto di partenza per la discussione in assemblea.
Alcuni Organismi di mediazione seguono la procedura più rigida, per cui impongono un primo incontro formativo e successivamente un primo incontro di discussione. L'unica chance per l'amministratore per tentare di ottimizzare i tempi è quello dl informarsi presso l'Organismo prescelto e comportarsi di conseguenza anche ai fini della convocazione dell'assemblea e dell'odg.
L'assemblea dovrà dunque essere chiamata a deliberare su:

  1. Partecipazione o meno al primo incontro informativo;
  2. Per l'ipotesi di accettazione alla partecipazione (e qualora l'ambito della richiesta di controparte sia stato sufficientemente esplicitato negli atti introduttivi) decisione se procedere o meno con la mediazione e quindi autorizzare l'amministratore alla partecipazione alla mediazione definendo l'ambito del mandato a conciliare.
  3. nomina del legale.
Tutte queste delibere dovranno essere assunte con la maggioranza di cui all'articolo 1136, secondo comma, del codice civile cioè maggioranza degli intervenuti in assemblea e almeno la metà del valore dell'edificio, tenendo presente l'orientamento della Cassazione ribadito da ultimo con sentenza 19131 del 25/9/2015 "In tema di condominio, le maggioranze necessarie per approvare le delibere sono inderogabilmente quelle previste dalla legge in rapporto a tutti i partecipanti ed al valore dell'intero edificio, sia ai fini del conteggio del quorum costitutivo sia di quello deliberativo, compresi i condomini in potenziale conflitto di interesse con il condominio, quali possono (non debbono) astenersi dall'esercitare il diritto di voto. Pertanto, anche nell'ipotesi di conflitto d'interesse, la deliberazione deve essere presa con il voto favorevole di tanti condomini che rappresentino la maggioranza personale e reale fissata dalla legge e, in caso di mancato raggiungimento della maggioranza necessaria per impossibilità di funzionamento del collegio, ciascun partecipante può ricorrere all'autorità giudiziaria."
Sempre mantenendo ferme le formalità deliberative, occorre tenere presente che il limite imposto al mandato dell'amministratore non potrà essere superato se non da una delibera successiva. Sarà dunque opportuno ottenere un mandato ampio, anche se l'eventuale proposta di accordo finale precisata nei termini che emergeranno dall'incontro/i in mediazione dovrà essere nuovamente e finalmente proposta all'assemblea per la definitiva accettazione.
Va da sé che l'ampiezza del mandato conferito all'amministratore dovrà essere gestito con sapienza, anche nel senso che portare a conoscenza della controparte il limite ultimo al quale si ha possibilità di accedere (che è descritto nel verbale dell'assemblea) smorza la capacita di trattare. Tentare dunque di consegnare il verbale della delibera dopo la partecipazione agli incontri di mediazione, e - allo stesso modo - pur non potendo imporre l'allontanamento dall'assemblea, fare in modo che l'assemblea esamini e valuti il proprio orientamento sulla materia oggetto di mediazione in maniera libera dalla presenza della controparte, aiuterà certamente il condominio ad assumere una posizione più chiara.
D'altra parte la procedura della mediazione, con la riservatezza imposta al mediatore e la possibilità di svolgimento di sessioni singole favorisce e giustifica (anche ad onta dell'obbligo dell'amministratore di consegnare i documenti richiesti dai condomini) un tale atteggiamento.
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IL PROCEDIMENTO - La mediazione nel condominio: D.Lgs 4/3/2010 n. 28

Presentata la domanda all'Organismo di mediazione, che in materia di condominio DEVE essere esclusivamente ubicato nella circoscrizione del Tribunale nella quale il condominio è situato, viene nominato il Mediatore che seguirà la pratica, viene stabilita la data del primo incontro e viene notificato il tutto alla controparte, il che può avvenire anche a cura dell'istante.
Al primo incontro, il mediatore deve chiarire le funzioni e le modalità di svolgimento dell'istituto e inviterà le parti e i loro legali ad esprimersi sulla possibilità di dare avvio alla mediazione vera e propria.
L'amministratore seguirà le disposizioni dell'assemblea sul punto, quindi potrebbe anche non essersi per nulla recato all'incontro in conformità della delibera (costo zero).
Oppure esservisi recato per riportare il volere dell'assemblea e dichiarare che il condominio non ha interesse a procedere nella fase di mediazione (costo 48.80 per diritti di cancelleria dell'Organismo + la vacazione dell'amministratore + il costo dell'Avvocato).
In questo caso, il procedimento si riterrà concluso e la parte sarà libera di procedere giudizialmente, giusta il disposto dell'art. 5 n. 2 bis, che recita: "quando l'esperimento della mediazione è condizione di procedibilità della domanda giudiziale la condizione si considera avverata se il primo incontro dinanzi al mediatore si conclude senza l'accordo".
Si tenga però presente che l'art. 8 n. 4 bis prevede che "dalla mancata partecipazione senza giustificato motivo al procedimento di mediazione, il giudice può desumere argomenti di prova nel successivo giudizio ai sensi dell'articolo 116, secondo comma, del codice di procedura civile. Il giudice condanna la parte costituita che, nei casi previsti dall'articolo 5, non ha partecipato al procedimento senza giustificato motivo, al versamento all'entrata del bilancio dello Stato di una somma di importo corrispondente al contributo unificato dovuto per il giudizio".
Quindi sarà comunque bene in caso di delibera di mancata partecipazione al primo incontro o di delibera di non procedere alla fase di mediazione motivare adeguatamente la delibera stessa.
In caso, invece, in cui le parti - e l'amministratore dunque partecipi alla mediazione adeguatamente autorizzato e assistito - dichiarino di voler procedere nel tentativo di mediazione, si darà atto di ciò a verbale da parte del Mediatore e si potrà procedere o seduta stante o con un rinvio.
Un limite obiettivo del procedimento di mediazione che coinvolge il condominio è il fatto che l'amministratore non potrà muoversi rispetto al MANDATO ricevuto. E quindi ogni diversa ipotesi di conciliazione che dovesse emergere nel corso della procedura dovrà essere nuovamente sottoposta all'Assemblea per essere nuovamente deliberata con le maggioranze di cui all'art. 71 quater.
Nell'ipotesi in cui si raggiunga un accordo (art. 12) nei termini demandati all'amministratore, il mediatore redigerà apposito verbale allegando il testo dell'accordo medesimo, il quale, una volta sottoscritto anche dagli avvocati dalle parti, costituirà "titolo esecutivo per l'esecuzione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Gli avvocati attestano e certificano la conformità dell'accordo alle norme imperative e all'ordine pubblico". Quando l'accordo non è sottoscritto anche dagli Avvocati, ma solo dalle parti, "l'accordo è omologato su istanza di parte dal presidente del Tribunale previo accertamento della regolarità formale e del rispetto alle norme imperative e dell'ordine pubblico".
Nell'ipotesi in cui, invece, non si pervenga ad un accordo, è compito del mediatore formulare una proposta di conciliazione, alla quale le parti, entro un termine congruo, dovranno rispondere, comunicando, per iscritto, la loro accettazione o il rifiuto e l'eventuale silenzio equivale al rifiuto della proposta.
E' dunque evidente, anche in questo caso, la necessità per l'amministratore di munirsi della delibera assembleare ai sensi dell'art. 71 quater disp. att. c.c. che prevede al quinto e al sesto comma, che la "proposta di mediazione" venga approvata.
Si ponga particolare attenzione alla circostanza in cui la proposta di mediazione coinvolga diritti soggettivi dei condomini sottratti alla competenza dell'Assemblea, ancorché con maggioranze qualificate.
Va da sé che in questi casi l'assemblea non potrà deliberare, ma l'atto dovrà predisporsi con la partecipazione dei soggetti titolari e con le eventuali forme previste dalla legge.
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LA DURATA - La mediazione nel condominio: D.Lgs 4/3/2010 n. 28

II d.lgs. n. 28/2010 art.6 fissa in tre mesi il termine di durata massima della mediazione e l'art. 71-quater disp. att. c.c., non dispone diversamente per le controversie condominiali.
II termine di cui al comma 1 art.6 decorre dalla data di deposito della domanda di mediazione, ovvero dalla scadenza di quello fissato dal giudice per il deposito della stessa e, anche nei casi in cui il giudice dispone il rinvio della causa ai sensi del sesto o del settimo periodo del comma 1-bis dell'articolo 5 ovvero ai sensi del comma 2 dell'articolo 5, non è soggetto a sospensione feriale.
E' espressamente previsto inoltre (art. 5 punto 6) che dal momento della comunicazione alle altre parti, la domanda di mediazione produce sulla prescrizione gli effetti della domanda giudiziale. Dalla stessa data, la domanda di mediazione impedisce altresì la decadenza per una sola volta, ma se il tentativo fallisce la domanda giudiziale deve essere proposta entro il medesimo termine di decadenza, decorrente dal deposito del verbale di cui all'articolo 11 presso la segreteria dell'organismo. La procedura conciliativa, instaurata con la domanda di mediazione, impedisce il decorso del termine di decadenza (30 giorni) previsto dall'art. 1137 c.c. per impugnare la delibera condominiale.
Se dunque non si perviene all'accordo o la proposta del mediatore non è accettata, il Mediatore rilascerà un verbale negativo. Da quella data si computa il dies a quo per la decadenza di cui all'art. 1137 c.c. (cfr. contra Tribunale Palermo sentenza 19/09/2015 n. 4951 che conclude che, ai fini dei trenta giorni ex art. 1137 c.c., il procedimento di mediazione funzioni come fosse una causa di sospensione, nel senso che, alla cessazione di esso, consacrata dal deposito del verbale presso la segreteria dell'organismo, il termine riprende a correre dal punto di progressione che aveva raggiunto al momento della comunicazione della domanda di comunicazione).
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mercoledì 9 dicembre 2015

Amministratore di condominio tra Legge 220 e D.M 140/14


L’interrogazione parlamentare al Ministro della Giustizia presentata nel marzo scorso dal Senatore Salvatore Torrisi, che è stato il relatore alla Camera dei deputati del disegno di legge sulla riforma del condominio, poi diventata la legge n. 220/2012, ha ulteriormente aumentato i dubbi e le perplessità su alcuni passaggi della riforma che, ogni volta che vengono riletti, fanno sorgere nuovi interrogativi sulla sua legittimità e sul fatto che gli amministratori di condominio, che la riforma adesso chiama professionisti, sono sempre di più considerati dei pseudo professionisti.
Il riferimento non è solo al fatto che la legge prevede per gli amministratori professionisti determinati requisiti come il titolo di studio, la formazione professionale ed il continuo aggiornamento, requisiti questi che non sono richiesti quando l’amministratore di condominio è nominato tra i condomini dello stesso condominio, ma anche e soprattutto per le disparità tra professionisti per quanto riguarda la loro formazione e l’aggiornamento professionale.
Gli amministratori di condominio hanno nel tempo dimostrato che non desiderano tutele particolari e che la formazione e l’aggiornamento sono riusciti, come per altro fanno gli altri professionisti, ad organizzarsela da soli e con estrema serietà, magari facendo ricorso tra le figure che il D.M. 140/2014 menziona come Responsabile scientifico e formatore.
Queste ultime prescrizioni previste dal citato D.M. non solo creano una disparità inaudita tra professionisti organizzati in ordini o collegi professionali, i quali provvedono autonomamente dopo il conseguimento del titolo di studio alla formazione ed all’aggiornamento dei propri iscritti, e quelli riuniti in associazioni professionali come nel caso degli amministratori di condominio, ma sollevano nel contempo più di un dubbio sulla legittimità costituzionale dei due dettati.
La legge n. 4 del 2013 tra l’altro assegna alle associazioni professionali il compito della “formazione permanente dei propri iscritti” ma il D.M. 140/14 le ignora del tutto affidando tale compito solo al responsabile scientifico ed al formatore. La legge è sempre fonte primaria, il decreto invece disciplina alcuni disposti della legge, ma certamente non può andare in contrasto con una ulteriore legge, tra l’altro varata prima dell’entrata in vigore del citato Decreto ministeriale. Questo è il caso di conflitto evidente tra leggi e decreti che più ci interessa con l’entrata in vigore del D.M.140.
Se da un lato il Legislatore con continui interventi ha di fatto professionalizzato questa figura multidisciplinare, ancora purtroppo non inquadrata in nessun percorso di studio definito, dall’altro invece per assurdo crea una vera e propria disparità al punto da ritenere la semplice appartenenza ad un condominio come garanzia di formazione e professionalità, alla stessa stregua dell’amministratore esterno, senza però indicare chi abbia certificato tale conoscenza o professionalità al semplice condomino. E’ a tutti noto il perché e le pressioni che il legislatore ha subito nel varare la riforma del condominio, ma credo che i tempi siano maturi per una inversione di tendenza che faccia definitivamente chiarezza ed elimini le disparità tra professionisti ed anche tra amministratori di serie A e quelli di serie B. Poi c’è un ulteriore dubbio irrisolto ed è quello relativo all’art. 71 delle disposizioni di attuazione del Codice civile ancora in vigore anche se monco ed ad un primo sommario esame, privo di alcuna efficacia.
Il Legislatore nella foga di stabilire i requisiti per l’amministratore di condominio ha lasciato in essere il registro, che però ha cancellato dall’art. 1129 richiamandolo per ben due volte nel corpo del dettato codicistico come adempimento del comma 7 del successivo art. 1130 e lo stesso ha fatto nel dettato dell’art. 1138. Ma l’art. 71 aveva ed ha inoltre un altro compito che non era solo ed esclusivamente un adempimento burocratico, in quanto l’annotazione in quel registro aveva una funzione pubblicistica poiché tenuto unicamente ed unitariamente, per territorio, da una associazione alla quale si potevano chiedere le informazioni.
Questa funzione pubblicistica però non è quella surrogata dal Legislatore con il comma 7 della’art. 1130 in quanto l’attuale registro non è pubblico ed è consultabile solamente dai condomini appartenenti allo stesso stabile e dall’amministratore e non da altri.
Una funzione importante quella pubblicistica, anche se ai cittadini italiani manca da 71 anni, guarda caso anche l’art. è il n. 71, in seguito alla soppressione delle associazioni corporative del periodo fascista con Decreto luogotenenziale del 23 novembre 1944 n. 369, che però ha oggi più di ieri una notevole importanza in quanto l’amministratore con la legge di riforma deve possedere determinati requisiti che solo un pubblico registro può certificare in quanto, altrimenti, l’assemblea di condominio verrebbe gravata dell’accertamento di una serie di notizie non facilmente reperibili o che comunque si dovrebbe basare solo su una dichiarazione autocertificante dello stesso amministratore e che comunque resta non facilmente riscontrabile.
Ma ce di più, il Legislatore giustamente nel definire e puntualizzare i requisiti per svolgere la mansione di amministratore ha però dimenticato di inserire quanto meno l’obbligo della autocertificazione dei requisiti che per legge deve rispondere a determinati adempimenti non per ultima quella di essere accompagnata da una fotocopia di un documento di riconoscimento del dichiarante.

Chi adempie adesso a questa funzione pubblicistica?

Il Legislatore non ha dato nessuna risposta o forse non l’ha voluta dare, sempre per quelle pressioni di cui si diceva sopra, ma il compianto Gino Terzago da sempre sosteneva che il registro esisteva e che bastava indicare chi doveva tenerlo e questo lo diceva, prima della riforma, avrebbe comportato il riconoscimento di una attività professionale oltre che assolvere alla sua funzione pubblicistica. Oggi invece, se pur tra tutte le perplessità riportate sopra, il riconoscimento lo abbiamo ma manca l’aspetto pubblicistico di quell’art. 71 ancora oggi esistente ma comunque privo di efficacia alcuna. Che sia stato tenuto lì per un futuro provvedimento è molto probabile, altrimenti nel modificare l’art. 1129 ed il successivo art. 1138, il Legislatore avrebbe provveduto ad eliminare quelle poche righe sostituendolo con quello che oggi è l’art. 71 bis.

E’ così difficile adesso prevederlo?

Credo di no, basta un po’ di buona volontà oppure rileggersi i lavori della commissione parlamentare quando tra i vari disegni di legge in materia di riforma del condominio, si prevedeva di far tenere il registro alle Camere di commercio oppure agli Uffici del territorio. Tramontata l’idea delle Camere di commercio che il Governo sembra orientato ad accorpare o ad eliminare, resta l’ipotesi dell’Ufficio del territorio senza, tra l’altro, alcun costo per lo Stato in quanto per il suo mantenimento, i singoli iscritti, dovranno ogni anno pagare una quota.
Credo comunque, non vorrei sbagliarmi, che una volta fissati per legge nazionale, i requisiti per svolgere l’attività professionale di amministratore di condominio, il principio pubblicistico possa essere regolamentato tranquillamente dalle Regioni le quali lo possono farlo attraverso i loro uffici territoriali oppure avvalendosi degli uffici periferici dello Stato, sempre a costo zero per lo Stato o le Regioni.
Non solo, ma come è avvenuto per le targhette condominiali una volta non obbligatorie su tutto il territorio nazionale ma istituite da diversi comuni con regolamenti o con ordinanze, lo stesso potrebbe accadere nei comuni o nelle città metropolitane o nelle rinate province o infine per volontà del Legislatore regionale che potrebbe prevedere, senza cozzare in un conflitto di interessi con lo Stato, l’istituzione di elenchi pubblici degli amministratori di condominio in possesso dei requisiti previsti dall’art. 71 bis. Su questi temi penso che occorra veramente una mobilitazione della nostra associazione di categoria che ha come compito principale quello di tutelare i propri iscritti e di incrementarne la professionalità.


Fonte: Amministrare Immobili
di Carmelo Santonocito
Presidente Regionale ANACI Sicilia
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mercoledì 9 aprile 2014

Lg. 220/2012 - Art. 22





Legge 220 - 11 dicembre 2012

Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici



Art. 22


1. L'articolo 68 delle disposizioni per l'attuazione del codice civile e disposizioni transitorie è sostituito dal seguente:


"Art. 68. - Ove non precisato dal titolo ai sensi dell'articolo 1118, per gli effetti indicati dagli articoli 1123, 1124, 1126 e 1136 del codice, il valore proporzionale di ciascuna unità immobiliare è espresso in millesimi in apposita tabella allegata al regolamento di condominio. Nell'accertamento dei valori di cui al primo comma non si tiene conto del canone locatizio, dei miglioramenti e dello stato di manutenzione di ciascuna unità immobiliare.".


Lg. 220/2012 - Elenco completo degli articoli:


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martedì 19 novembre 2013

Lg. 220/2012 - Art. 8





Legge 220 - 11 dicembre 2012

Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici




Art. 8


1. All'articolo 1124 del codice civile sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il primo comma è sostituito dal seguente: "Le scale e gli ascensori sono mantenuti e sostituiti dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono. La spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l'altra metà esclusivamente in misura proporzionale all'altezza di ciascun piano dal suolo.";

b) la rubrica è sostituita dalla seguente: "Manutenzione e sostituzione delle scale e degli ascensori".


Lg. 220/2012 - Elenco completo degli articoli:


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martedì 15 ottobre 2013

Lg. 220/2012 - Art. 2





Legge 220 - 11 dicembre 2012

Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici




Art. 2


1. Dopo l'articolo 1117 del codice civile sono inseriti i seguenti:


"Art. 1117-bis. - (Ambito di applicabilità). - Le disposizioni del presente capo si applicano, in quanto compatibili, in tutti i casi in cui più unità immobiliari o più edifici ovvero più condominii di unità immobiliari o di edifici abbiano parti comuni ai sensi dell'articolo 1117.


Art. 1117-ter. - (Modificazioni delle destinazioni d'uso). - Per soddisfare esigenze di interesse condominiale, l'assemblea, con un numero di voti che rappresenti i quattro quinti dei partecipanti al condominio e i quattro quinti del valore dell'edificio, può modificare la destinazione d'uso delle parti comuni.La convocazione dell'assemblea deve essere affissa per non meno di trenta giorni consecutivi nei locali di maggior uso comune o negli spazi a tal fine destinati e deve effettuarsi mediante lettera raccomandata o equipollenti mezzi telematici, in modo da pervenire almeno venti giorni prima della data di convocazione.La convocazione dell'assemblea, a pena di nullità, deve indicare le parti comuni oggetto della modificazione e la nuova destinazione d'uso.La deliberazione deve contenere la dichiarazione espressa che sono stati effettuati gli adempimenti di cui ai precedenti commi.Sono vietate le modificazioni delle destinazioni d'uso che possono recare pregiudizio alla stabilità o alla sicurezza del fabbricato o che ne alterano il decoro architettonico.


Art. 1117-quater. - (Tutela delle destinazioni d'uso). - In caso di attività che incidono negativamente e in modo sostanziale sulle destinazioni d'uso delle parti comuni, l'amministratore o i condomini, anche singolarmente, possono diffidare l'esecutore e possono chiedere la convocazione dell'assemblea per far cessare la violazione, anche mediante azioni giudiziarie. L'assemblea delibera in merito alla cessazione di tali attività con la maggioranza prevista dal secondo comma dell'articolo 1136.".



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mercoledì 18 settembre 2013

Lg. 220/2012 - Art. 7





Legge 220 - 11 dicembre 2012

Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici




Art. 7


1. Dopo l'articolo 1122 del codice civile sono inseriti i seguenti:


"Art. 1122-bis. - (Impianti non centralizzati di ricezione radiotelevisiva e di produzione di energia da fonti rinnovabili). - Le installazioni di impianti non centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione per le singole utenze sono realizzati in modo da recare il minor pregiudizio alle parti comuni e alle unità immobiliari di proprietà individuale, preservando in ogni caso il decoro architettonico dell'edificio, salvo quanto previsto in materia di reti pubbliche. E' consentita l'installazione di impianti per la produzione di energia da fonti rinnovabili destinati al servizio di singole unità del condominio sul lastrico solare, su ogni altra idonea superficie comune e sulle parti di proprietà individuale dell'interessato. Qualora si rendano necessarie modificazioni delle parti comuni, l'interessato ne dà comunicazione all'amministratore indicando il contenuto specifico e le modalità di esecuzione degli interventi. L'assemblea può prescrivere, con la maggioranza di cui al quinto comma dell'articolo 1136, adeguate modalità alternative di esecuzione o imporre cautele a salvaguardia della stabilità, della sicurezza o del decoro architettonico dell'edificio e, ai fini dell'installazione degli impianti di cui al secondo comma, provvede, a richiesta degli interessati, a ripartire l'uso del lastrico solare e delle altre superfici comuni, salvaguardando le diverse forme di utilizzo previste dal regolamento di condominio o comunque in atto. L'assemblea, con la medesima maggioranza, può altresì subordinare l'esecuzione alla prestazione, da parte dell'interessato, di idonea garanzia per i danni eventuali. L'accesso alle unità immobiliari di proprietà individuale deve essere consentito ove necessario per la progettazione e per l'esecuzione delle opere. Non sono soggetti ad autorizzazione gli impianti destinati alle singole unità abitative. 

Art. 1122-ter. - (Impianti di videosorveglianza sulle parti comuni). - Le deliberazioni concernenti l'installazione sulle parti comuni dell'edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall'assemblea con la maggioranza di cui al secondo comma dell'articolo 1136.".


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giovedì 22 agosto 2013

Lg. 220/2012 - Art. 1





Legge 220 - 11 dicembre 2012

Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici



Art. 1



1. L'articolo 1117 del codice civile è sostituito dal seguente:


"Art. 1117. - (Parti comuni dell'edificio). - Sono oggetto di proprietà comune dei proprietari delle singole unità immobiliari dell'edificio, anche se aventi diritto a godimento periodico e se non risulta il contrario dal titolo: 1) tutte le parti dell'edificio necessarie all'uso comune, come il suolo su cui sorge l'edificio, le fondazioni, i muri maestri, i pilastri e le travi portanti, i tetti e i lastrici solari, le scale, i portoni di ingresso, i vestiboli, gli anditi, i portici, i cortili e le facciate; 2) le aree destinate a parcheggio nonché i locali per i servizi in comune, come la portineria, incluso l'alloggio del portiere, la lavanderia, gli stenditoi e i sottotetti destinati, per le caratteristiche strutturali e funzionali, all'uso comune; 3) le opere, le installazioni, i manufatti di qualunque genere destinati all'uso comune, come gli ascensori, i pozzi, le cisterne, gli impianti idrici e fognari, i sistemi centralizzati di distribuzione e di trasmissione per il gas, per l'energia elettrica, per il riscaldamento ed il condizionamento dell'aria, per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino al punto di diramazione ai locali di proprietà individuale dei singoli condomini, ovvero, in caso di impianti unitari, fino al punto di utenza, salvo quanto disposto dalle normative di settore in materia di reti pubbliche.".


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venerdì 16 agosto 2013

Lg. 220/2012 - Art. 5





Legge 220 - 11 dicembre 2012

Modifiche alla disciplina del condominio negli edifici




Art. 5


1. Dopo il primo comma dell'articolo 1120 del codice civile sono inseriti i seguenti:


"I condomini, con la maggioranza indicata dal secondo comma dell'articolo 1136, possono disporre le innovazioni che, nel rispetto della normativa di settore, hanno ad oggetto: 1) le opere e gli interventi volti a migliorare la sicurezza e la salubrità degli edifici e degli impianti; 2) le opere e gli interventi previsti per eliminare le barriere architettoniche, per il contenimento del consumo energetico degli edifici e per realizzare parcheggi destinati a servizio delle unità immobiliari o dell'edificio, nonché per la produzione di energia mediante l'utilizzo di impianti di cogenerazione, fonti eoliche, solari o comunque rinnovabili da parte del condominio o di terzi che conseguano a titolo oneroso un diritto reale o personale di godimento del lastrico solare o di altra idonea superficie comune; 3) l'installazione di impianti centralizzati per la ricezione radiotelevisiva e per l'accesso a qualunque altro genere di flusso informativo, anche da satellite o via cavo, e i relativi collegamenti fino alla diramazione per le singole utenze, ad esclusione degli impianti che non comportano modifiche in grado di alterare la destinazione della cosa comune e di impedire agli altri condomini di farne uso secondo il loro diritto. L'amministratore è tenuto a convocare l'assemblea entro trenta giorni dalla richiesta anche di un solo condomino interessato all'adozione delle deliberazioni di cui al precedente comma. La richiesta deve contenere l'indicazione del contenuto specifico e delle modalità di esecuzione degli interventi proposti. In mancanza, l'amministratore deve invitare senza indugio il condomino proponente a fornire le necessarie integrazioni.".


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