Il più delle volte (ormai è diventata una prassi) il costruttore di un intero fabbricato indica sul regolamento condominiale una clausola specifica che lo esonera dal pagamento delle spese per gli alloggi rimasti invenduti.
Come logico le spese condominiali rimarranno a carico di tutti i "nuovi" proprietari con notevoli aggravi di spesa.
La Cassazione ha sancito il principio secondo il quale i rapporti tra condomini e costruttore sono identici a quelli tra consumatori e professionisti. Per questa ragione è applicabile la disciplina prevista dal Codice del Consumo (decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, articoli dal 33 al 38).
Resta inteso che il costruttore è un condomino fino all'atto della vendita di tutte le unità immobiliari. La giurisprudenza (Cfr. Cass. Civ. sez. II., Sent. n. 5975/2004) e l’art. 1123 Codice Civile, consentendo la deroga convenzionale ai criteri di ripartizione legale delle spese condominiali, ha considerato favorevole l’esonero totale o parziale di tutte le spese condominiali a favore del costruttore sulle unità invendute.
Ovviamente la volontà deve essere tacitamente espressa nel primo rogito di vendita stipulato dal notaio con allegate le tabelle millesimali ed il regolamento di condominio, che, essendo allegato al primo atto, è di tipo contrattuale.
Poiché il regolamento contrattuale firmato dai condomini e dal costruttore è configurabile come un esempio di convenzione tra le parti, la clausola di esonero in cui si accetta l’esclusione del costruttore dalle spese comuni è da considerarsi legittima per i motivi suddetti.
Questo diritto di esonero non può avere una durata superiore ai primi due anni finanziari del condominio a decorrere dalla data del primo atto di compravendita.
Questa pattuizione è ritenuta vessatoria per il consumatore/acquirente e quindi, bisognevole della cosiddetta seconda firma per essere valida ed efficace (ai sensi degli art. 1341 e 1342 C.C)che deve essere apposta in calce al contratto, “per espressa accettazione”.
Una diversa pattuizione deve ritenersi vessatoria nei confronti dei condomini, salvo che l’imprenditore non fornisca prova che lo stesso accordo abbia formato oggetto di una compensazione specifica con l’acquirente e che quest’ultimo abbia ricevuto in cambio un vantaggio superiore (ad es. un abbattimento del prezzo a cui l’immobile è stato venduto). La valutazione di vessatorietà deve essere richiesta dal giudice e valutata da un tecnico volta per volta, tenendo conto della natura del bene o del servizio oggetto del contratto e facendo riferimento alle circostanze esistenti al momento della conclusione dell’atto e alle altre clausole previste.
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