lunedì 27 giugno 2016

IL SISTEMA NAZIONALE DI CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE

1. ln linea con gli indirizzi dell'Unione europea, sono oggetto di individuazione e validazione e certificazione le competenze acquisite dalla persona in contesti formali, non formali o informali, il cui possesso risulti comprovabile attraverso riscontri e prove definiti nel rispetto delle linee guida di cui al comma 5.
2. L'ente titolato può individuare e validare ovvero certificare competenze riferite alle qualificazioni ricomprese, per i rispettivi ambiti di titolarità di cui all'articolo 2, Comma 1, lettera f), in repertori codificati a livello nazionale o regionale secondo i criteri di referenziazione al Quadro europeo delle qualificazioni, o a parti di qualificazioni fino al numero totale di competenze costituenti l'intera qualificazione. Fatto salvo quanto disposto dal presente decreto, per quanto riguarda le università si fa rinvio a quanto previsto dall'articolo 14, comma 2 della legge 30 dicembre 2010, n. 240.
3. Sono oggetto di certificazione unicamente le competenze riferite a qualificazioni di repertori ricompresi nel repertorio nazionale di cui all'articolo 8, fatto salvo quanto previsto all'articolo 11.
4. II sistema nazionale di certificazione delle competenze opera nel rispetto dei seguenti principi:
  • l'individuazione e validazione e la certificazione delle competenze si fondano sull'esplicita richiesta della persona e sulla valorizzazione del suo patrimonio di esperienze di vita, di studio e di lavoro. Centralità della persona e volontarietà del processo richiedono la garanzia, per tutti i cittadini, dei principi di semplicità, accessibilità, trasparenza, oggettività, tracciabilità, riservatezza del servizio, correttezza metodologica, completezza, equità e non discriminazione;
  • i documenti di validazione e i certificati rilasciati rispettivamente a conclusione dell'individuazione e validazione e della certificazione delle competenze costituiscono atti pubblici, fatto salvo il valore dei titoli di studio previsto dalla normativa vigente;
  • gli enti pubblici titolari del sistema nazionale di certificazione delle competenze, nel regolamentare e organizzare i servizi ai sensi del presente decreto, operano in modo autonomo secondo il principio di sussidiarietà verticale e orizzontale e nel rispetto dell'autonomia delle istituzioni scolastiche e delle università, organicamente nell'ambito della cornice unitaria di coordinamento interistituzionale e nel dialogo con il partenariato economico e sociale;
  • il raccordo e la mutualità dei servizi di individuazione e validazione e certificazione delle competenze si fonda sulla piena realizzazione della dorsale unica informativa di cui all'articolo 4, Comma 51, della legge 28 giugno 2012, n. 92, mediante la progressiva interoperatività delle banche dati centrali e territoriali esistenti e l'istituzione del repertorio nazionale dei titoli di istruzione e formazione e delle qualificazioni professionali;
  • l'affidabilità del sistema nazionale di certificazione delle Competenze si fonda su un condiviso e progressivo sistema di indicatori, strumenti e standard di qualità su tutto il territorio nazionale.
5. Alla verifica del rispetto dei livelli di servizio del sistema nazionale di certificazione delle competenze, nel rispetto dei principi di terzietà e indipendenza, provvede un comitato tecnico nazionale, istituito con il presente decreto senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, presieduto dai rappresentanti del Ministero del lavoro e delle politiche sociali e del Ministero dell'istruzione dell'università e della ricerca, composto dai rappresentanti del Ministero per la pubblica amministrazione e la semplificazione, del Ministero dello sviluppo economico, del Ministero dell'economia e delle finanze e delle amministrazioni pubbliche, centrali, regionali e delle province autonome di Trento e di Bolzano in qualità di enti pubblici titolari ai sensi del presente decreto legislativo. Entro trenta giorni dall'entrata in vigore del presente decreto, le amministrazioni componenti designano i propri rappresentanti tecnici in seno al comitato. Ai componenti del comitato non è corrisposto alcun compenso, emolumento, indennità o rimborso spese. Nell'esercizio dei propri compiti, il comitato propone l'adozione di apposite linee guida per l'interoperatività degli enti pubblici titolari e delle relative funzioni prioritariamente finalizzate:
  • alla identificazione degli indicatori, delle soglie e delle modalità di controllo, valutazione e accertamento degli standard minimi di cui al presente decreto, anche ai fini dei livelli essenziali delle prestazioni e della garanzia dei servizi;
  • alla definizione dei criteri per l'implementazione del repertorio nazionale di cui all'articolo 8, anche nella prospettiva del sistema europeo dei crediti per l'istruzione e la formazione professionale, e per l'aggiornamento periodico, da effettuarsi almeno ogni tre anni;
  • alla progressiva realizzazione e raccordo funzionale della dorsale informativa unica di cui all'articolo 4, comma 51, della Regge 28 giugno 201 2, n. 92.
Il comitato organizza periodici incontri con le parti economiche e sociali al fine di garantire informazione e partecipazione nelle fasi di elaborazione delle linee guida, anche su richiesta delle parti stesse.

6. Le linee guida di cui al comma 5 sono adottate con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'istruzione, dell'università e della ricerca, il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione e il Ministro dell'economia e delle finanze, sentito il Ministro per lo sviluppo economico, previa intesa con la Conferenza unificata a norma dell'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e sentite le parti economiche e sociali.
Una eventuale azione contrattuale di risarcimento danni nei confronti dell'amministratore per "mala gestio" invocando gli obblighi imposti dall'art. 1710 C.C. (diligenza del mandatario) in ipotesi di mancata presentazione della dichiarazione del sostituto d'imposta, non può essere esperita in quanto il contratto di mandato con l'amministratore è da considerarsi nullo perché concluso in violazione di legge (l'ar t. 71 bis) e l'art. 1227 c.c. stabilisce comunque che il risarcimento non è dovuto per i danni che si potevano evitare usando la ordinaria diligenza.
La responsabilità dell'amministratore di condominio è di natura contrattuale in quanto con il "cliente" condominio si instaura un contratto di lavoro autonomo stabilito normativamente, una figura nuova dell'amministratore non più come semplice mandatario, con compiti e responsabilità anche di natura pubblica, che travalicano la natura contrattuale del rapporto con i condomini. Una evoluzione della figura dell'amministratore: dalla diligenza del buon padre di famiglia alla diligenza professionale qualificata. Il crescente grado cli organizzazione professionale ed i numerosi obblighi della legislazione speciale soprattutto in tema di sicurezza impongono l'adozione di un criterio più rigido.
Diligenza qualificata ai sensi dell'art.1176 c.c. comma 2 che richiede di uniformare il proprio modello di condotta attraverso un adeguato sforzo tecnico, con impiego delle energie e dei mezzi normalmente necessari in relazione alla natura dell'attività esercitata, volto all'adempimento della prestazione dovuta e ad evitare eventi dannosi.
Occorre fare appello allarticolo 1176 c.c. ai sensi del quale nell'adempimento delle obbligazioni inerenti all'esercizio di una attività professionale, la diligenza deve valutarsi con riguardo alla natura dell'attività esercitata.
La diligenza esigibile dal professionista nell'adempimento delle obbligazioni assume nell'esercizio delle sue attività e una diligenza speciale e rafforzata, di contenuto tanto maggiore quanto più sia specialistica e professionale la prestazione richiesta.
La figura dell'amministratore di condominio nel nostro ordinamento non si esaurisce nell'aspetto contrattuale delle prerogative d'ufficio visto che, non solo il codice civile, ma anche numerose leggi speciali gli imputano il dovere di impedire che il modo di essere dei beni condominiali provochi danni a terzi.
La verifica dei requisiti anzidetti da parte di un ente terzo (ancora indicato dall'art. 71 Disp. att. c.c., ma inesistente) potrebbe assicurare una forma di pubblicità finalizzata a rendere conoscibili attraverso sistemi informatici alcune rilevanti notizie riguardanti la vita del condominio nonché la tutela di interessi generali per assicurare all'utente la capacità tecnica e professionale dell'amministratore (senza oneri a carico dello Stato).
Forse lo strumento giuridico attraverso il quale si è gestita gran parte del patrimonio immobiliare, è entrato in crisi; difficoltà di costituzione dell'organo deliberante in funzione del numero dei soggetti che hanno diritto alla convocazione, il contenzioso crescente e la necessità di interventi straordinari di manutenzione. Di fronte alla difficoltà di convocazione dell'assemblea ed alla scarsa attendibilità dei risultati, l'intervento dell'organo assembleare si riduce sempre di più, l'esigenza di realizzare opere urgenti e di conservare omogeneità alla gestione consiglia interventi sul piano amministrativo volti a sopperire ad inerzie e remore legato alle situazioni soggettive dei singoli partecipanti.
Assume quindi maggior rilievo la figura dell'amministratore come elemento centrale di una coerente gestione, come destinatario di un rapporto fiduciario che finisce per coinvolgere una parte degli stessi diritti individuali. C'è da chiedersi quindi se l'istituto condominiale che ha la sua matrice nell'attribuzione dei tradizionali diritti dominicali ai partecipanti offra in concreto quella copertura che i proprietari hanno diritto di attendersi per ottenere un utile godimento dei servizi ed impianti senza troppe perdite di tempo.
La professionalità degli amministratori connessa alla possibilità di verifica dei requisiti relativi e l'individuazione di principi contabili analoghi a quelli societari (nuovo art. 1130 bis c.c.) consente di affidare all'amministratore poteri superiori a quelli attuali senza depauperare l'assemblea condominiale delle scelte amministrative di fondo secondo le tematiche generali che sono le sole affrontabili da un organo collettivo non permanente, di complessa convocazione e di altrettanto complessa gestione.
Sembra quindi arrivato il momento di distinguere tra la figura tradizionale dell'amministratore pater familias, gestore alla buona dell'edificio, ed il professionista polivalente in sintonia con le nuove ed amplissime funzioni e responsabilità, con la possibile distinzione anche dal punto di vista normativo, tra amministratore-mandatario ed amministratore-professionista.
La distinzione potrebbe essere riferita ad una diversa consistenza dell'immobile con la valutazione di opportuni indicatori (numero dei condomini o meglio delle unità immobiliari, importo rendiconto spese ordinarie). La soluzione da individuare (legislativamente) è lo spostamento dell'asse portante della gestione condominiale al di fuori della tradizionale sede assembleare, con poteri propositivi nell'interesse della collettività rappresentata alla quale occorre riservare opportune garanzie.
A partire quindi da una certa dimensione e con un determinato grado di complessità occorre ipotizzare il ricorso allo schema societario (finalmente ne è stato adottato il bilancio) attribuendo ad un ben individuato "consiglio di condomini" un ruolo specifico e ben determinato nella formazione della volontà dell'organo di gestione.
Amministratore quindi non solo con tutti i requisiti dell'art. 71 bis disp. att. c.c., ma controllato da un organismo interno, Con modalità da definire con grande attenzione, analogamente a quanto da tempo previsto dal codice civile per l'ambito societario che individua "tutte le operazioni necessarie per l'attuazione dell'oggetto sociale" (il consiglio di condominio e già previsto dal secondo comma dell'art. 1130-bis della legge n. 220/2012).
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