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mercoledì 30 ottobre 2019

Ministero dell'economia e delle finanze: Nel 2020 maggiori entrate tributarie per 3 miliardi di euro

In base agli ultimi dati di monitoraggio, ammonta a circa 10,7 miliardi di euro il gettito versato lo scorso 30 settembre dai contribuenti ai quali si applicano gli ISA e dai c.d. forfettari. Nel complesso, a livello di Pubblica Amministrazione, le proiezioni 2019 dei risultati dell’autoliquidazione (comprensivi delle imposte sostitutive e delle compensazioni), elaborate sulla base dei versamenti del 30 settembre, mostrano per l’anno in corso uno scostamento positivo di 1.460 milioni di euro rispetto alle previsioni su base annua incluse nella Nota di Aggiornamento del Documento di economia e finanza.

Va segnalato che lo scostamento positivo rappresenta una stima estremamente prudenziale del gettito atteso dai contribuenti che alla scadenza del 30 settembre hanno scelto di rateizzare il versamento (entro la scadenza del 16 novembre), ovvero di versare con una maggiorazione dello 0,4% il 30 ottobre (in unica soluzione o in due rate entro il 16 novembre).

Il dato non rappresenta una novità assoluta e imprevista: in questo senso le stime del governo sulle entrate derivanti dal miglioramento della tax compliance inserite nella Nadef erano prudenziali. Gli ultimi dati disponibili confermano l’impostazione prudente di tali stime e consentono di registrare importanti entrate nel Bilancio dello Stato. In particolare, con il differimento previsto nel decreto legge fiscale in procinto di essere varato dal Consiglio dei ministri al 16 marzo 2020 del pagamento della rata del 16 novembre 2019, si prevedono maggiori entrate nel prossimo anno per circa 3 miliardi di euro.
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martedì 12 dicembre 2017

La responsabilità giuridica degli enti in ordine alla commissione dei reati ambientali

L’Unione europea nel biennio 2008 - 2009 ha riconosciuto la responsabilità giuridica degli enti in caso di violazione della normativa di tutela dell’ambiente in applicazione del consolidato principio “chi inquina paga.”e le relative direttive sono state recepite nel nostro ordinamento giuridico.




La legislazione italiana dovrà necessariamente ed ineluttabilmente adeguarsi a quella dell’Unione europea che, in breve tempo, introdurrà sanzioni penali assai severe, non solo per le persone fisiche, ma anche per le persone giuridiche, laddove commettano reati ambientali che compromettano l’integrità dell’uomo, della fauna, della flora, dell’aria, del suolo, dell’acqua.
- Premessa generale sulla responsabilità italiana degli enti in campo ambientale.

Il principio tradizionale del nostro ordinamento giuridico è che la società non può delinquere: infatti l’articolo 27, comma primo, della nostra Costituzione afferma: “la responsabilità penale è personale”. Tale affermazione trova il suo fondamento nel diritto romano che, in estrema sintesi, considerava il diritto criminale come l’insieme delle norme relative ai precetti la cui violazione legittimava l’esercizio della pretesa punitiva esercitata direttamente dallo Stato contro il singolo cittadino il quale doveva difendersi e rispondere soltanto in prima e isolata persona.

Invero si deve osservare che la carta costituzionale limita la responsabilità giuridica alla persona soltanto per quanto riguarda il diritto penale, a causa della sua maggiore afflittività la quale riguarda principalmente la inviolabilità, l’integrità e la libertà personali del cittadino garantite parimenti dagli articoli 13 e 32 della Costituzione, mentre, invece, non esclude una responsabilità oltre che della persona fisica, anche della persona giuridica nell’ambito del diritto civile e del diritto amministrativo.
Per quanto riguarda l’Unione europea diverse tradizioni giuridiche di “common law” e di origine germanica ammettono, sulla base di diverse elaborazioni dottrinali che trovano il loro fondamento addirittura nell’alto Medioevo, la responsabilità giuridica delle persone giuridiche. A lungo i rapporti tra il nostro ordinamento, il quale si confronta ad esempio con le “Anstalten” straniere operanti in Italia le quali non sono neppure una società, per quanto riguarda le società costituite nell’ambito dell’Unione Europea sono stati regolati con la legge 28/1/1971 n. 220 che ha ratificato in Italia la Convenzione firmata a Bruxelles il 29/2/1968. La convenzione predetta introduce una disciplina modificativa delle regole generali stabilita dal codice civile per le società straniere.

L’Unione europea ha emesso, in materia societaria, i seguenti atti normativi:
  • la Convenzione sulla tutela degli interessi finanziari delle Comunità europee, fatta a Bruxelles il 26/7/1995 e il suo primo Protocollo fatto a Dublino il 27/9/1996;
  • il Protocollo concernente l’interpretazione in via pregiudiziale, da parte della Corte di Giustizia delle Comunità europee, di detta Convenzione, con annessa dichiarazione, fatto a Bruxelles il 29/9/996;
  • la Convenzione relativa alla lotta contro la corruzione nella quale sono coinvolti funzionari delle Comunità europee o degli Stati membri dell’Unione europea fatta a Bruxelles il 26/5/1997;
  • la Convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali, con annesso, fatta a Parigi il 17/12/1997.
Tutti tali atti internazionali sono stati ratificati con la legge 29/9/2000 n. 300 la quale delegava (articoli 11 e 14) il Governo ad emanare, entro otto mesi dall’entrata in vigore della predetta legge, la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e degli enti privi di personalità giuridica. In attuazione di tale direttiva il Governo ha pertanto emanato il d.lgs 8/6/2001 n. 231 (pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 140 del 19/6/2001) contenente la predetta normativa. Tuttavia occorre precisare che il governo ha emanato il d.lgs 231/2001 senza esercitare tutte le facoltà attribuitegli dalla delega parlamentare: infatti, a seguito delle pressanti e reiterate richieste del mondo imprenditoriale, non ha esercitato la delega, prevista dall’articolo 11, comma primo, lettere c, d della legge 300/2000, per contemplare la responsabilità giuridica delle persone giuridiche a seguito della commissione:
  • dei reati previsti dagli articoli 589 e 590 del codice penale che siano stati commessi con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relativi alla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro;
  • dei reati in materia di tutela dell’ambiente e del territorio che siano punibili con pena detentiva non inferiore nel massimo ad un anno anche se alternativa alla pena pecuniaria, previsti dalla legge 31/12/1962 n. 1860, dalla legge 14/7/1965 n. 963, dalla legge 31/12/1982 n. 979, dalla legge 28/2/1985 n. 47, dalla legge 8/8/1985 n. 431, dal DPR 24/5/1988 n. 203, dalla legge 6/6/1991 n. 394, dal d.lgs 27/1/1992 n. 95, dal d.lgs 27/1/1992 n. 99, dal d.lgs 17/3/1995 n. 230, dal d.lgs 5/2/1997 n. 22, dal d.lgs 11/5/1999 n. 152, dal d.lgs 17/8/1999 n. 334, dal d.lgs 4/8/1999 n. 372, e dal testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni culturali e ambientali, approvato con d.lgs 29/10/1999 n. 490.
Invero il mancato esercizio completo della delega parlamentare per tali materie rappresenta una forte battuta d’arresto nella crescita civile della nostra nazione non soltanto perché si è persa un’occasione storica per introdurre una tutela efficace dei lavoratori e del territorio, ma anche perché allontana la nostra legislazione da principi ormai riconosciuti nell’Unione europea e che ci verranno inevitabilmente imposti, onerosamente e bruscamente, nel prossimo futuro a seguito della sempre maggiore integrazione dei sistemi giuridici degli Stati componenti della medesima. Infatti deve osservarsi che nel prossimo futuro la legislazione italiana dovrà necessariamente ed ineluttabilmente adeguarsi a quella dell’Unione europea che, in breve tempo, introdurrà sanzioni penali assai severe, non solo per le persone fisiche, ma anche per le persone giuridiche, laddove commettano reati ambientali che compromettano l’integrità dell’uomo, della fauna, della flora, dell’aria, del suolo, dell’acqua.
L’applicazione del d.lvo n. 231/2001 agli enti è stata espressamente esclusa dalla giurisprudenza (C.Cass. Pen., Sez. 3, Sent. n. 41329 del 7.10.2008, dep. il 6.11.2008, Rv. N. 241528) per il reato di gestione non autorizzata di rifiuti in quanto “pur essendovi un richiamo a tale responsabilità nell’art. 192, comma quarto, del d.lgs. 3.4.2006 n. 152, difettano attualmente sia la tipizzazione degli illeciti che l’indicazione delle sanzioni.” In particolare la sentenza afferma quanto segue:
“Sembra, infatti, da escludere, allo stato, la possibilità di estendere la responsabilità amministrativa degli enti al reato in esame. Ed invero nonostante la l. 29.9.2000 n. 300, art. 11, comma primo lettera d), abbia delegato al governo la disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche e degli enti privi di personalità giuridiche anche in relazione alla commissione dei reati in materia di tutela dell’ambiente e del territorio, che siano punibili con pena detentiva non inferiore nel massimo ad una anno anche se alternativa alla pena pecuniaria, previsti, tra le altre, dal D.lg. 5.2.1997 n. 22, e successive modificazioni ( oggi sostituito dal d.lgs. n. 152 del 2006), il d.lgs. 8.6.2001 n. 231, attuativo della delega, non disciplinava originariamente la materia, né risulta che con riferimento a quest’ultima vi siano state successive integrazioni così come accaduto per altri settori. Allo stato l’unico richiamo alla responsabilità amministrativa dell’ente sul tema dei rifiuti sembra essere quello contenuto al d.lgs. n. 152 del 2006, art. 192, comma 4, che tuttavia, oltre a limitare il riferimento agli amministratori o rappresentanti delle persone giuridiche, espressamente sembrerebbe fare riferimento unicamente alla previsione del citato art. 192, comma 3 che ha per oggetto gli obblighi di rimozione dei rifiuti nel caso di abbandono incontrollato. Per quanto concerne la responsabilità degli enti, difetta dunque attualmente sia la tipizzazione degli illeciti e sia la indicazione delle sanzioni: il che indiscutibilmente contrasta con i principi di tassatività e tipicità che devono essere connaturati alla regolamentazione degli illeciti.”


- La direttiva 2009/123/CE sull’inquinamento provocato dalle navi. 
La direttiva 2009/123/CE, il cui termine di adozione è il 16.11.2010, modifica la precedente 2005/35/ CE il cui scopo era di armonizzare la definizione dei reati di inquinamento provocato dalle navi commessi da persone fisiche o giuridiche, l’ampiezza della loro responsabilità e la natura penale delle sanzioni che possono essere comminate per i reati commessi dalle persone fisiche. La direttiva 2009/123/CE ha lo scopo (art.2) di recepire nel diritto comunitario le norme internazionali in materia di inquinamento provocato dalle navi e di garantire che ai responsabili di scarichi di sostanze inquinanti siano comminate sanzioni adeguate, anche penali, al fine di aumentare la sicurezza marittima e migliorare la protezione dell’ambiente marino dall’inquinamento provocato dalle navi. Inoltre viene definita (art. 3) persona giuridica qualsiasi soggetto di diritto che possieda tale status, ad eccezione degli Stati stessi o delle istituzioni pubbliche nell’esercizio dei pubblici poteri e delle organizzazioni pubbliche.
E’ citata espressamente (art. 8 ter) la responsabilità delle persone giuridiche in ordine ai reati ambientali contemplati dalla direttiva 2005/35/CE e commessi a loro vantaggio da persone fisiche che agiscano a titolo individuale o in quanto membri di un organo della persona giuridica e che detengano una posizione preminente in seno alla persona giuridica basata sul potere di rappresentanza o di prendere decisioni o di esercitare il controllo nei suoi confronti. Il fondamento della responsabilità dell’ente è individuato allorquando la commissione del reato è causata dalla carenza di sorveglianza o di controllo delle persone fisiche che lo immedesimano ed esternano per suo conto. L’altra condizione prevista è quella per cui il reato sia commesso a vantaggio della persona giuridica da parte di una persona fisica soggetta alla sua autorità. La direttiva specifica che la responsabilità giuridica della persona giuridica non esclude azioni penali nei confronti delle persone fisiche che abbiano commesso il reato ambientale o abbiano concorso a commetterlo o abbiano istigato alla sua commissione. Le sanzioni da irrogarsi nei confronti degli enti sono rimesse alla discrezionalità degli stati membri purchè siano efficaci, proporzionate e dissuasive.

- La direttiva 2008/99/CE sulla tutela penale dell’ambiente.
La direttiva 2008/99/CE, il cui termine di adozione scade il 26.12.2010, è originata dalla preoccupazione dell’Unione europea per l’aumento dei reati ambientali e per le loro conseguenze che sempre più frequentemente si estendono oltre le frontiere degli Stati in cui vengono commessi; ne consegue la valutazione allarmata delle conseguenze dei reati, costituenti una grave minaccia all’ambiente, e che richiedono una risposta adeguata. L’obbligo stabilito per gli Stati membri di prevedere nella loro legislazione nazionale sanzioni penali in relazione a gravi violazioni delle disposizioni del diritto comunitario in materia di tutela dell’ambiente è riferito alle sanzioni, previste dall’articolo 3, in materia di tutela della fauna e della flora protette, della normativa sui rifiuti, sulla qualità dell’acqua e dell’aria, della normativa nucleare. La definizione di persona giuridica è la medesima prevista dalla direttiva 2009/123/ CE sopra esaminata ed il sistema sanzionatorio proposto prevede la punizione della commissione, del favoreggiamento e dell’istigazione dei predetti reati con sanzioni penali efficaci, proporzionate e dissuasive. La responsabilità delle persone giuridiche è radicata dalla commissione dei reati a loro vantaggio e da parte di qualsiasi soggetto che detenga una posizione preminente in seno alla persona giuridica, individualmente o in quanto parte dei un organo della persona giuridica in virtù:
  • del potere di rappresentanza della persona giuridica;
  • del potere di prendere decisioni per conto della persona giuridica;
  • del potere di esercitare un controllo in seno alla persona giuridica.
La direttiva prevede (art. 6) che gli Stati membri provvedano affinchè le persona giuridiche possano essere dichiarati responsabili quando la carenza di sorveglianza o di controllo da parte dei soggetti apicali abbiano reso possibile la commissione dei reati ambientali a vantaggio della persona giuridica da parte di una persona giuridica soggetta alla sua autorità. La responsabilità giuridica degli enti non esclude quella concorrente delle persone fisiche, le quali abbiano commesso i predetti reati, e deve essere attuata con sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive.

- La responsabilità degli enti in materia ambientale. 
Il Consiglio dei ministri il 7.4.2011 ha adottato uno schema di decreto legislativo, al fine di riconoscere nel nostro ordinamento le direttive 2009/123/CE e 2008/22/CE, che riconosce due nuovi reati ambientali rispettivamente:

- l’art. 727 - bis c.p. che sanziona:
  • con l’arresto da uno a sei mesi o con l’ammenda fino a 4.000 euro l’uccisione di un esemplare appartenente ad una specie selvatica protetta;
  • con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a 3.000 euro chi cattura o possiede un esemplare appartenente ad una specie animale protetta;
  • con l’ammenda fino a 4.000 euro chi distrugge un esemplare appartenente ad una specie vegetale selvatica protetta;
  • con l’ammenda fino a 2.000 euro chi, fuori dei casi consentiti, preleva o possiede un esemplare appartenente ad una specie vegetale selvatica;
- l’art. 733 - bis c.p. che sanziona con l’arresto fino a diciotto mesi e con l’ammenda non inferiore a 3.000 euro la distruzione o il deterioramento significativo di un habitat all’interno di un sito protetto il quale è qualsiasi habitat di specie per le quali una zona sia classificata come zona a tutela speciale dall’articolo 4, paragrafi 1 o 2 della direttiva 79/409/CE o qualsiasi habitat naturale o un habitat per cui un sito sia designato come zona speciale dall’articolo 4, paragrafo 4, della direttiva 94/43/CE.

Tale ultimo articolo appare particolarmente significativo per la tutela dell’ambiente in quanto fino ad oggi era applicabile a detta fattispecie l’art. 734 c.p. che sanzionava con l’ammenda da euro 1.032 a 6.197 chiunque, mediante costruzioni, demolizioni o in qualsiasi altro luogo distrugge o altera le bellezze naturali dei luoghi soggetti alla speciale protezione dell’Autorità.

I predetti reati sono contravvenzioni per le quali se da un lato il termine prescrizionale è assai breve, poiché consiste nel massimo di anni quattro e sei mesi in caso di interruzione del procedimento ai sensi degli articoli 157 e 160 c.p.p., e quindi ostacola gravemente il passaggio in giudicato della sentenza di condanna, d’altro canto l’elemento soggettivo richiesto è indifferentemente doloso e/o colposo e pertanto la prova della sua sussistenza è assai agevolata.
Il d.lgs. n. 231/2001 riconosce (art. 9) le seguenti sanzioni, assai severe, per gli illeciti amministrativi dipendenti dal reato:
  • la sanzione pecuniaria;
  • le sanzioni interdittive;
  • la confisca;
  • la pubblicazione della sentenza.
Tra le sanzioni interdittive si menzionano:
  • l’interdizione dall’esercizio dell’attività;
  • la sospensione o la revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla commissione dell’illecito;
  • il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio;
  • l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;
  • il divieto di pubblicizzare beni o servizi. Il sistema individuato dall’articolo 9 è di tipo binario che si fonda sulla distinzione tra sanzioni pecuniarie e inoltre all’esterno di tale perimetro si pone la confisca e la pubblicazione della sentenza di condanna.
La sanzione amministrativa pecuniaria (art. 10 del d.lgs. n. 231/2001) è sempre applicata per l’illecito amministrativo dipendente da un reato e viene applicata per quote in un numero non inferiore a cento e non superiore a mille. Ogni quota ha l’importo minimo da euro 258 ed uno massimo di 1.549 euro e non è ammesso il pagamento in misura ridotta. La scelta del sistema per quote trova il suo fondamento nella considerazione del legislatore di stabilire la pena pecuniaria in relazione alle condizioni economiche e pecuniarie dell’ente. Ne consegue che a parità di gravità soggettiva ed oggettiva l’importo della sanzione subirà un’oscillazione verso l’alto o il basso a secondo dell’effettiva incidenza che la sanzione è in grado di provocare sul patrimonio dell’ente.
Notasi che l’art. 60 del d.lgs. n. 231/2001 lega strettamente l’illecito amministrativo alla commissione del reato poiché afferma che il primo non può essere constato se il reato da cui dipende l’illecito amministrativo dell’ente è estinto per prescrizione. Inoltre l’art. 22 del d.lgs. n. 231/2001 afferma il principio generale per cui le sanzioni amministrative si prescrivono nel termine di cinque anni dalla commissione del reato, anche se al richiesta di misure cautelari e la contestazione dell’illecito, ai sensi del successivo art. 59, interrompono la prescrizione e, in tali casi, inizia un nuovo periodo di prescrizione. Infine osservasi che se la predetta interruzione è avvenuta mediante la contestazione dell’illecito amministrativo dipendente da reato, la prescrizione non corre fino al momento in cui passa in giudicato la sentenza che definisce il giudizio.
Dalla lettura di tale articolo si osserva che anche se il reato principale si prescrive ( ipotesi particolarmente ricorrente nel caso di reati contravvenzionali), se la commissione dell’illecito amministrativo è stata tempestivamente contestata, il relativo procedimento procede indipendentemente dalle sorti processuali del primo.

Il decreto riconosce le seguenti sanzioni per i seguenti reati del d.lgs. n. 231/2001:
  • il pagamento di una sanzione pecuniaria fino a 250 quote per la violazione dell’art. 727 – bis c.p.;
  • il pagamento di una sanzione pecuniaria da 150 a 250 quote per la violazione dell’art. 733 – bis c.p.;
  • il pagamento di una sanzione pecuniaria fino a 250 quote per la violazione dell’art. 29 – quattordicies del d.lgs. n. 152/2006 (ovvero l’esercizio di una delle attività di cui all’allegato VIII senza il possesso dell’autorità integrata ambientale);
  • per la violazione dell’art. 137 del d.lgs. n. 152/2006 (sanzioni penali in tema di inquinamento idrico):
  1. il pagamento di una sanzione pecuniaria fino a 250 quote per la violazione dei commi primo, settimo prima ipotesi, nono, dodicesimo e quattordicesimo; 
  2. il pagamento di una sanzione pecuniaria fino a 250 quote per la violazione dei commi terzo, quarto, quinto primo periodo, settimo seconda ipotesi, ottavo e tredicesimo;
  3. il pagamento di una sanzione pecuniaria da duecento a trecento quote per la violazione dei commi secondo, quinto secondo periodo, e undicesimo;
  • per la violazione dell’art. 256 del d.lgs. n. 152/2006 (attività di gestione di rifiuti non autorizzata):
  1. il pagamento di una sanzione pecuniaria fino a 250 quote per la violazione dei commi primo lettera a), sesto primo periodo;
  2. il pagamento di una sanzione pecuniaria da 150 fino a 250 quote per la violazione dei commi primo lettera b), terzo primo periodo, e quinto;
  3. il pagamento di una sanzione pecuniaria da duecento fino a trecento quote per la violazione del comma terzo;
  4. le predette sanzioni sono ridotte della metà in caso di commissione del reato di cui all’articolo 256, comma quarto, del d.lgs. n. 152/2006;
  • per la violazione dell’art. 257 del d.lgs. n. 152/2006 (bonifica dei siti):
  1. il pagamento di una sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta per la violazione del comma primo;
  2. il pagamento di una sanzione pecuniaria da centocinquanta fino a duecentocinquanta per la violazione del comma secondo;
  • per la violazione dell’art. 258 del d.lgs. n. 152/2006 (violazione degli obblighi di comunicazione, di tenuta dei registri obbligatori e dei formulari):
  1.  il pagamento di una sanzione pecuniaria da centocinquanta fino a duecentocinquanta quote per la violazione del comma quarto;
  • per la violazione dell’art. 259 del d.lgs. n. 152/2006 (traffico illecito di rifiuti):
  1. il pagamento di una sanzione pecuniaria da centocinquanta fino a duecentocinquanta quote per la violazione del comma primo;
  • per la violazione dell’art. 260 del d.lgs. n. 152/2006 (attività organizzate per il traffico illecito di rifiuti):
  1. il pagamento di una sanzione pecuniaria da trecento fino a cinquecento quote per la violazione del comma primo;
  2. il pagamento di una sanzione pecuniaria da quattrocento fino a ottocento quote per la violazione del comma secondo;
  • per la violazione dell’art. 260 - bis del d.lgs. n. 152/2006 (sistema informatico di controllo della tracciabilità dei rifiuti):
  1. il pagamento di una sanzione pecuniaria da centocinquanta fino a duecentocinquanta quote per la violazione dei commi sesto, settimo secondo e terzo periodo, ottavo, primo periodo;
  2. il pagamento di una sanzione pecuniaria da duecento fino a trecento quote per la violazione del comma ottavo secondo periodo;
  • per la violazione dell’art. 279 del d.lgs. n. 152/2006 (sanzioni in materia di immissioni nell’atmosfera):
  1. il pagamento di una sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote per la violazione di tutti i commi ad eccezione dell’ultima ipotesi del comma primo;
  • per i reati previsti dalla legge 7.2.1992 n. 150 (Disciplina dei reati relativi all’applicazione in Italia della convenzione sul commercio internazionale delle specie animali e vegetali in stato di estinzione, firmata a Washington il 3.3.1973, di cui alla legge 19.12.1975 n. 874, e del regolamento CEE n. 3626/82, e successive modificazioni, nonché norme per la commercializzazione di esemplari vivi di mammiferi e rettili che possono costituire pericolo per la salute e l’incolumità pubblica ):
  1. il pagamento di una sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote per la violazione dell’articolo 1, comma primo, dell’articolo 2, comma primo e secondo, dell’articolo 6, comma quarto;
  2. il pagamento di una sanzione pecuniaria da centocinquanta fino a duecentocinquanta quote per la violazione dell’articolo 1, comma secondo;
  • per i reati del codice penale richiamati dall’articolo 3 – bis della legge 7.2.1992 n. 150:
  1. il pagamento di una sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena non superiore nel massimo ad un anno di reclusione;
  2. il pagamento di una sanzione pecuniaria da centocinquanta fino a duecentocinquanta quote in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena non superiore nel massimo a due anni di reclusione;
  3. il pagamento di una sanzione pecuniaria da duecento fino a trecento quote in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena non superiore nel massimo a tre anni di reclusione;
  4. il pagamento di una sanzione pecuniaria da trecento fino a cinquecento quote in caso di commissione di reati per cui è prevista la pena superiore nel massimo a tre anni di reclusione;
  • per i reati previsti dalla legge 28.12.1993 n. 543 (misure a tutela dell’ozono stratosferico e dell’ambiente):
  1. il pagamento di una sanzione pecuniaria da centocinquanta fino a duecentocinquanta quote in caso di commissione del reato di cui all’articolo 3, comma sesto;
  • per i reati previsti dal d.lgs. 6 .11.2007 n. 202 (Attuazione della direttiva 2005/35/CE relativo all’inquinamento provocato dalle navi e conseguenti sanzioni):
  1. il pagamento di una sanzione pecuniaria fino a duecentocinquanta quote in caso di commissione del reato di cui all’articolo 9, comma primo;
  2. il pagamento di una sanzione pecuniaria da centocinquanta fino a duecentocinquanta quote in caso di commissione dei reati di cui all’articolo 8, comma primo, e 9 comma secondo;
  3. il pagamento di una sanzione pecuniaria da duecento fino a trecento quote in caso di commissione del reato di cui all’articolo 8, comma secondo.
Sono applicate le sanzioni interdittive previste dall’articolo 9 del d.lgs. n. 231/2001 per una durata non superiore a sei mesi per la condanna per i reati di cui agli articoli 137,commi secondo, comma quinto secondo periodo, e comma 11 del d.lgs. n. 152/2006, 256, comma terzo secondo periodo, del d.lgs. n. 152/2006, 8, comma primo, 9, comma secondo, 8, comma secondo, del d.lgs. 6.11.2007 n. 202.
Si applica la sanzione dell’interdizione definitiva dall’esercizio dell’attività prevista dall’articolo 16, comma terzo, del d.lgs. n. 231/2001 se l’ente o una sua unità organizzativa siano stabilmente utilizzati allo scopo unico o prevalente di consentire o agevolare la commissione dei reati di cui all’articolo 260 del d.lgs. n. 152/2006 e dall’articolo 8 del d.lgs. 6.11.2007 n. 202. 

- I modelli organizzativi idonei ad evitare la responsabilità degli enti nel diritto ambientale. 
Le persone giuridiche non sono del tutto indifese dalla commissione di reati ad opera dei loro dipendenti purché adottino dei modelli organizzativi interni ed idonei a prevenire i reati. Infatti sono previste (art. 6 e 7 ) le seguenti formule e cautele che si distinguono a secondo dei soggetti coinvolti. Per i soggetti posti all’apice degli enti gli stessi non rispondono dei reati commessi dai dipendenti se provano che:
  • l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima del reato, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della stessa specie di quello verificatosi;
  • sono stati affidati ad un organo dell’ente, dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo, la vigilanza sul funzionamento ed osservanza dei modelli di aggiornamento ed il loro aggiornamento;
  • i modelli di organizzazione e di gestione sono stati elusi fraudolentemente dagli autori del reato;
  • l’organo interno di controllo, sopra citato, non ha omesso o non ha esercitato insufficientemente la vigilanza.
I modelli organizzativi devono contenere:
  • l’individuazione delle attività nel cui ambito possono essere commessi i reati;
  • la previsione di specifici protocolli diretti a programmare la formazione e l’attuazione delle decisioni dell’ente in relazione ai reati da prevenire;
  • l’individuazione delle modalità di gestione delle risorse finanziarie idonee ad impedire la commissione dei reati;
  • la previsione degli obblighi di informazione nei confronti dell’organismo di controllo sul funzionamento e l’osservanza dei modelli;
  • l’ introduzione di un sistema disciplinare che sanzioni il mancato rispetto delle misure indicate dai modelli.
L’adozione dei modelli di organizzazione e di gestione può essere effettuata, con i contenuti sopra descritti, mediante codici di comportamento elaborati dalle associazioni rappresentative degli enti i quali sono comunicati al Ministero della giustizia che, di concerto coni Ministeri competenti, può formulare, entro 30 giorni le osservazioni sulla idoneità dei modelli a prevenire i reati. In dottrina in dottrina si afferma che, a causa del silenzio del decreto, se le osservazioni predette non vengono accolte il modello non dovrebbe essere efficace, con la conseguenza, paradossale, che l’elaborazione complessiva del decreto presta il destro a non difficili elusioni attuabili mediante la predisposizione di meccanismi meramente formali della responsabilità amministrativa. Invero tale pericolo non è del tutto infondato poiché il sistema attraverso il quale l’ente può sfuggire le proprie responsabilità consiste nella realizzazione di speciali protocolli preventivi (definiti negli Stati Uniti “compliance programs” i quali permettono alla società “di combattere in se stessa, dal suo interno, la criminalità “) finalizzati ad impedire, in via preventiva, la commissione dei reati ed invero il decreto tace sulla composizione e la nomina dei componenti dell’organismo di controllo che è incaricato (art. 7, comma primo, lettera b) di vigilare sul funzionamento e sull’osservanza dei modelli e di curare il loro aggiornamento. Per di più, proprio a causa delle loro ridotte dimensioni, negli enti di minore entità l’organo di vigilanza e di controllo dei modelli può essere ( articolo 6, comma quarto) rappresentato direttamente dall’organo dirigente; tuttavia in tale caso si verifica una problematica immedesimazione in un solo soggetto dei compiti di controllore e di controllato. Dalla lettura di tali articoli si può affermare che ordinariamente nelle grandi aziende i vertici non possono fare parte dell’organo di controllo che, pertanto, deve essere del tutto autonomo, oppure essere influenzato dalla gerarchia solo indirettamente, in modo da consentire una verifica esterna secondo i principi della “corporate governance”.
A tal proposito occorre notare che importanti organizzazioni di categoria hanno già redatto delle linee guida idonee ad evitare le sanzioni del d.lgs. n. 231/2001 qualora le imprese, seguendole, adotti idonei sistemi di controllo interno. I modelli sono adottati in relazione all’attività svolta, alla natura ed organizzazione dell’ente e la loro efficace attuazione richiede:
  • una verifica periodica e l’eventuale modifica qualora vengano scoperte significative violazioni delle prescrizioni oppure quando mutino l’organizzazione o l’attività sociali;
  • un sistema disciplinare idoneo a sanzionare l’inottemperanza alle prescrizioni del modello.
L’adozione dei modelli organizzativi nel diritto ambientale non è facile proprio per la assoluta specialità di tale materia che è assai complessa ed è formata da normativa appartenente a fonti diverse, europee, statali ( sia legislative che regolamentari), regionali.
A tal riguardo è sufficiente meditare sulla specificità dei modelli organizzativi previsti dall’art. 30 del d.lgs. 9/4/288 n. 81.
L’art. 300 del d.lgs. n. 81/2008 stabilisce, ai sensi del d.lgs. n. 231/2001, la responsabilità amministrativa dell’ente in relazione alla commissione dei reati di omicidio colposo (art. 589 c.p.) o di lesioni colpose gravi o gravissime ( artt. 590, primo, secondo e terzo comma, e 583 c.p.) commesse con violazione della normativa di prevenzione degli infortuni sul lavoro.
A tal riguardo giova notare che il modello organizzativo affinché possa essere esimente della responsabilità prevista dal d.lvo n. 231/2001 deve avere un contenuto piuttosto ampio e deve essere adottato ed efficacemente attuato (secondo quanto previsto dall’articolo 30 del d.lvo n. 81/2008), assicurando un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi:
  • al rispetto degli standards tecnico – strutturali di legge relativi a attrezzature, impianti, luoghi di lavoro, agenti chimici, fisici e biologici;
  • alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti;
  • alle attività di natura organizzativa, quali emergenze, primo soccorso, gestione degli appalti, riunioni periodiche di sicurezza, consultazioni dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza;
  • alle attività di sorveglianza sanitaria;
  • alle attività di informazione e formazione dei lavoratori;
  • alle attività di vigilanza con riferimento al rispetto delle procedure e delle istruzioni di lavoro in sicurezza da parte dei lavoratori;
  • all’acquisizione di documentazioni e certificazioni obbligatorie di legge;
  • alle periodiche verifiche dell’applicazione e dell’efficacia delle procedure adottate.
Inoltre il modello organizzativo deve prevedere:
  • idonei sistemi di registrazione dell’avvenuta effettuazione delle attività sopra descritte;
  • un’articolazione di funzioni che assicuri le competenze tecniche e i poteri necessari per la verifica, valutazione, gestione e controllo del rischio, nonché un sistema disciplinare idoneo a sanzionare il mancato rispetto delle misure indicate nel modello;
  • un idoneo sistema di controllo sull’attuazione del medesimo modello e sul mantenimento nel tempo delle condizioni di idoneità delle misure adottate. Notasi che tali modelli organizzativi per molti aspetti appaiono una ripetizione della valutazione dei rischi prevista dall’articolo 28 dello stesso d.lvo n. 81/2008 e l’interprete si domanda in cosa consista la differenza concettuale tra tali due categorie giuridiche. Invero entrambe si muovono su un terreno decisamente preventivo e non si comprende la duplicazione degli adempimenti previsti: a tal riguardo basta riflettere sul disposto dell’art. 30, comma primo, lettera b), del d.lvo n. 81/2008 per i quale il modello organizzativo deve assicurare un sistema aziendale per l’adempimento di tutti gli obblighi giuridici relativi “alle attività di valutazione dei rischi e di predisposizione delle misure di prevenzione e protezione conseguenti”.In ogni caso la scelta del tipo di modello organizzativo è rimessa alla libera valutazione dell’ente poiché: “in tema di responsabilità degli enti dipendente da reato non è consentito la giudice, nel revocare la misura cautelare interdittiva, imporre all’ente l’adozione coattiva di modelli organizzativi ( C.Cass. Pen., sez. 6, Sent. 32627 del 23/6/20069).”In ogni caso la scelta del tipo di modello organizzativo è rimessa alla libera valutazione dell’ente poiché: “in tema di responsabilità degli enti dipendente da reato non è consentito la giudice, nel revocare la misura cautelare interdittiva, imporre all’ente l’adozione coattiva di modelli organizzativi ( C.Cass. Pen., sez. 6, Sent. 32627 del 23/6/20069).”
  1. “In tema di tutela penale dell’ambiente, non è imputabile all’ente ai sensi del d.lvo n. 231/2001 la responsabilità amministrative per il reato di gestione non autorizzata dei rifiuti, in quanto pur essendovi un richiamo a tale responsabilità nell’art. 192, comma quarto, del d.lvo 3/4/2006 n. 152, difettano attualmente sia la tipizzazione degli illeciti che l‘indicazione delle sanzioni. (C.Cass. Pen. ,Sez. 3, Sent. 41329 del 7/10/2008)”.
  2. "In tema di responsabilità da reato degli enti, è ammissibile il sequestro preventivo a fini di confisca di beni in misura equivalente al profitto derivante dal reato anche quando la società cui gli stessi appartengono sia fallita, ma spetta al giudice dare conto della prevalenza delle ragioni sottese alla confisca rispetto a quelle che implicano la tutela dei legittimi interessi dei creditori nella procedura fallimentare. ( C.Cass. Pen. ,Sez. 5, Sent. 33425 del 8/7/2008).”
  3. “In tema di responsabilità degli enti collettivi per il reato di corruzione propria antecedente, strumentale all’aggiudicazione di un appalto pluriennale, il profitto oggetto della sanzione principale della confisca non si identifica con l’intero valore del rapporto sinallagmatico instaurato con la P.A., dovendosi in proposito distinguere il profitto direttamente derivato dall’illecito penale dal corrispettivo conseguito dall’ente per l’effettiva e corretta erogazione delle prestazioni comunque svolte in favore della stessa amministrazione, le quali non possono considerarsi automaticamente illecite in ragione dell’illiceità della causa remota. (C.Cass. pen. ,Sez. 6, Sent. 42300 del 26/672008)”.
  4. "In tema di responsabilità da reato degli enti collettivi, la confisca del profitto da reato prevista dagli artt. 9 e 19 del d.lvo n. 231/2001 si configura come sanzione principale, obbligatoria ed autonoma rispetto alle altre previste a carico dell’ente, e si differenzia da quella configurata dall’art. 6, quinto comma, del medesimo decreto, applicabile solo nel caso difetti la responsabilità della persona giuridica, la quale costituisce invece uno strumento volto a ristabilire l ‘equilibrio economico alterato dal reato presupposto, i cui effetti sono comunque andati a vantaggio dell’ente. (C.Cass. Pen., Sez. U, sent. 26654 del 27/3/2008)".
  5. "La confisca facoltativa delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato può essere disposta anche nei confronti dei beni appartenenti ad una persona giuridica, quando quest’ultima non sia estranea al reato, per esserle stato contestato il connesso illecito amministrativo. (C.Cass. Pen. ,Sez. 6, Sent. 35802 del 5/5/2008)”.
  6. "La valutazione della sussistenza delle esigenze cautelari che costituiscono, insieme al “fumus commissi delicti “il presupposto per l‘applicazione delle misure cautelari interdittive a carico dell’ente, implica l’esame di due tipologie di elementi: la prima, di carattere oggettivo ed attinente alle specifiche modalità e circostanze del fatto, può essere evidenziata dalla gravità dell’illecito e dall’entità del profitto; l’altra ha natura oggettiva ed attiene alla personalità dell’ente e per il suo accertamento devono considerarsi la politica dell’impresa attuata negli anni, gli eventuali illeciti commessi in precedenza e soprattutto lo stato di organizzazione dell’ente. (C.Cass. Pen., Sez. 6, Sent. 32626 del 23/6/2006).”
  7. "In tema di responsabilità da reato della persona giuridiche e delle società, l’espressione normativa, con cui se ne individua il presupposto nella commissione dei reati “nel suo interesse o a suo vantaggio”, non contiene un’endiadi, poiché i termini hanno riguardo a concetti giuridicamente diversi, potendosi distinguere un interesse “a monte “per effetto di un indebito arricchimento, prefigurato e magari non realizzato, in conseguenza dell’illecito, da un vantaggio obbiettivamente conseguito con la commissione del reato, seppure non prospettato “ex ante”, sicché l’interesse ed il vantaggio sono in concorso reale.( C.Cass. Pen., Sez. 2, Sent. 3615 del 20/12/2005)”.
  8. “La disciplina prevista dal d.lvo n. 231/2001, in materia di responsabilità da reati delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni, anche prive di personalità giuridica, non si applica alle imprese individuali, in quanto si riferisce ai soli enti collettivi. ( C.Cas.s Pen. Sez. 6, sent. 18941 del 3/3/2004)."
di Giulio Benedetti
Sostituto Procuratore Generale Corte d’Appello di Milano
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lunedì 30 ottobre 2017

Cooperazione fiscale internazionale: L’Agenzia delle Entrate ospita a Roma la Joint Audit Conference Amministrazioni fiscali, Università e Organizzazioni internazionali a confronto



Controlli congiunti e sinergie tra Paesi per accrescere la certezza fiscale al centro del dibattito internazionale che si è appena concluso oggi a Roma in occasione della Joint Audit Conference. Organizzato dall’Agenzia delle Entrate, dal Ministero delle Finanze della Baviera, dall’Università di Bologna e dall’Università di Heidelberg, l’evento è dedicato alle nuove frontiere della cooperazione internazionale in materia fiscale e ai Joint Audit, le verifiche transfrontaliere svolte congiuntamente da più Amministrazioni nei confronti di contribuenti appartenenti allo stesso gruppo di imprese operanti in Paesi diversi. Un’esperienza consolidata tra l’Agenzia delle Entrate e il Ministero delle Finanze Bavarese, che da alcuni anni lavorano concretamente insieme per assicurare il rispetto delle norme fiscali da parte delle imprese che svolgono l’attività in più giurisdizioni. 

La conferenza ha coinvolto amministrazioni fiscali di diversi Paesi, mondo accademico, organizzazioni internazionali e imprese e ha rappresentato un’occasione di confronto e di dibattito sul Joint Audit e sull’evoluzione delle relazioni tra contribuenti e amministrazioni fiscali. I lavori sono stati aperti dal Direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini e dal Direttore del Dipartimento delle Finanze, Fabrizia Lapecorella. Hanno preso parte all’evento Ekkehart Reimer dell’Università di Heidelberg, Achim Pross per l’Ocse, Tom Neale per la Commissione europea e Francesca Mariotti di Confindustria. In rappresentanza delle Amministrazioni fiscali estere sono intervenuti Thomas Eisgruber e Eva Oertel per il Ministero delle Finanze della Baviera, Egil Martinsen per l’Amministrazione fiscale norvegese e Hans Rijsbergen per l’Amministrazione fiscale olandese. Il panel di discussione pomeridiano è stato moderato da Raffaele Russo, consigliere del Ministro dell’Economia e delle Finanze. 

Cos’è il Joint Audit - Il Joint Audit rappresenta un innovativo strumento di controllo nell’ambito della cooperazione amministrativa tra Stati. Si tratta di verifiche fiscali svolte congiuntamente da due o più Paesi nei confronti di gruppi di imprese che svolgono attività transnazionali. I controlli congiunti sono condotti da verificatori di tutti i Paesi che hanno interessi comuni o complementari e da rappresentanti delle rispettive autorità competenti per lo scambio di informazioni. 

Italia - Baviera, un’esperienza all’avanguardia - La collaborazione italo-bavarese prende il via nel 2012 e prevede controlli fiscali congiunti sulle transazioni transfrontaliere tra imprese operanti in Italia e in Baviera. Oggi l’attività si svolge sulla base del Memorandum of Understanding siglato dall’Agenzia delle Entrate e dal Ministero delle Finanze Bavarese a luglio 2016. In sostanza le due Amministrazioni lavorano insieme, con uffici condivisi a Monaco e a Milano, per aumentare l’efficacia e l’efficienza dei controlli e alleggerire gli oneri per i contribuenti, anche attraverso la garanzia di maggiore trasparenza e certezza fiscale. Inoltre, un obiettivo non secondario è quello di ridurre il numero di controversie internazionali e di conseguenza rendere meno frequente il ricorso alle procedure amichevoli o più spedito il loro svolgimento. Sul piano accademico, le Università di Bologna e di Heidelberg hanno condotto un progetto di ricerca sul quadro giuridico-normativo dei Joint Audit, con uno sguardo sia all’ambito nazionale (italiano e tedesco) che a quello internazionale.

Roma, 19 ottobre 2017
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martedì 17 gennaio 2017

Brexit: Theresa May, come la Gran Bretagna uscirà dall'UE

Lo scorso giugno "i britannici hanno votato per il cambiamento". 

Theresa May, attuale premier della Gran Bretagna, annuncia l'atteso discorso sulla Brexit. La premier britannica illustra alla Lancaster House di Londra i suoi piani per l'uscita dall'Unione europea:



Sono 12 punti studiati perché il passaggio sia meno duro possibile. Sarà un abbandono graduale per evitare "un dannoso salto nel vuoto". Un "processo per gradi di attuazione" nell'interesse reciproco di Ue e Gran Bretagna. Sarà il Parlamento a votare sull'accordo finale che emergerà dai negoziati. "I britannici hanno votato per forgiare un futuro migliore per il nostro Paese. Hanno votato per uscire dall'Unione europea e abbracciare il mondo", pronta ad annunciare l'abbandono del mercato unico. 

Verrà garantito il controllo dell'immigrazione. "Non vogliamo più essere membri del mercato unico europeo" annunciando che la Gran Bretagna riprenderà così il controllo dell'immigrazione dai Paesi UE e si ritirerà dalla giurisdizione della Corte europea di Giustizia. Puntando, però, a un accordo di libero scambio con l'Ue, senza contribuire al bilancio europeo.

"In questo momento, stiamo abbandonando l'Europa e pianifichiamo un vertice biennale del Commonwealth. Costruiremo una Gran Bretagna veramente mondiale. Non vogliamo che l'Unione europea si smembri, ma da parte dell'Ue è mancata la flessibilità nei confronti di Londra e i britannici se ne sono accorti. La tutela dell'Unione- dice- è al cuore di ogni azione della Gran Bretagna, perché soltanto uniti possiamo cogliere le opportunità che ci attendono". E soltanto uniti si può condurre una efficace lotta al crimine e al terrorismo. 


Un po' come dire: ce ne andiamo, facciamo quello che vogliamo, i nostri conti ce li guardiamo noi, le nostre leggi non si discutono, però le merci girano libere e vi continuiamo a vendere la nostre belle cose (che produciamo secondo le nostre regole e ci dispiace se a voi vi costa di più).  

Anche sull'immigrazione non gli interessa più di tanto: ve li tenete voi!  P.S.: Non vi daremo più un soldo per nulla, nemmeno per la solidarietà per lo sviluppo delle regioni povere dell'Europa. 

Su questo e molto altro ci sarà tanto da dire. Bisogna vedere anche come agirà l'Unione Europea. Se da quando esiste ha sempre lavorato per cercare di aggiungere stati membri, trovare un'economia, una legge, una giurisprudenza comune, sviluppare l'agricoltura in maniera che in Europa nessuno soffri più la fame... Oggi la situazione si contrappone, uno Stato gli ha chiuso le porte in faccia, o si può restare fuori dalla porta a continuare ad offrire aiuto, o studiare una soluzione più degna per i popoli europei. 
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giovedì 1 dicembre 2016

NOVITA': D. Lgs. 4 luglio 2014, n. 102

Attuazione della direttiva 2012/27/UE sull’efficienza energetica, che modifica le direttive 2009/125/CE e 2010/30/UE e abroga le direttive 2004/8/CE e 2006/32/CE.
Aggiornato con il Decreto Legislativo 18 luglio 2016, in vigore dal 26 luglio 2016. Pubblicato nella Gazz. Uff. 18 luglio 2014, n. 165.
  • Art. 2. Definizioni
1. Ai fini del presente decreto, fatte salve le abrogazioni previste all’articolo 18, comma 1, lettera a), si applicano le definizioni di cui:

a) all’articolo 2 del decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 115 e successive modificazioni;

b) all’articolo 2 del decreto legislativo 8 febbraio 2007, n. 20 e successive modificazioni;

c) all’articolo 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 e successive modificazioni;

d) al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163; d-bis) al decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93

2. Si applicano inoltre le seguenti definizioni:

a) Accredia: organismo nazionale italiano di accreditamento, designato ai sensi del decreto del Ministro dello sviluppo economico 22 dicembre 2009, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 20 del 26 gennaio 2010;
a-bis) aggregatore: un fornitore di servizi che, su richiesta, accorpa una pluralità di unità di consumo, ovvero di unità di consumo e di unità di produzione, per venderli o metterli all’asta in mercati organizzati dell’energia;

b) ammodernamento sostanziale di un impianto: un ammodernamento il cui costo di investimento è superiore al 50% dei costi di investimento di una nuova analoga unità;
b-bis) audit energetico o diagnosi energetica: procedura sistematica finalizzata a ottenere un’adeguata conoscenza del profilo di consumo energetico di un edificio o gruppo di edifici, di una attività o impianto industriale o commerciale o di servizi pubblici o privati, a individuare e quantificare le opportunità di risparmio energetico sotto il profilo costi-benefici e a riferire in merito ai risultati;

c) auditor energetico: persona fisica o giuridica che esegue diagnosi energetiche;

d) CEI: comitato elettrotecnico italiano;
d-bis) cliente finale: cliente che acquista energia, anche sotto forma di vettore energetico, per uso proprio;

e) coefficiente di edificazione: rapporto tra la superficie lorda coperta degli immobili e la superficie del terreno di un determinato territorio;

f) condominio: edificio con almeno due unità immobiliari, di proprietà in via esclusiva di soggetti che sono anche comproprietari delle parti comuni;

g) consumo di energia finale: tutta l’energia fornita per l’industria, i trasporti, le famiglie, i servizi e l’agricoltura, con esclusione delle forniture al settore della trasformazione dell’energia e alle industrie energetiche stesse;

h) consumo di energia primaria: il consumo interno lordo di energia, ad esclusione degli usi non energetici;

i) contatore di fornitura: apparecchiatura di misura dell’energia consegnata. Il contatore di fornitura può essere individuale, nel caso in cui misuri il consumo di energia della singola unità immobiliare, o condominiale, nel caso in cui misuri l’energia, con l’esclusione di quella elettrica, consumata da una pluralità di unità immobiliari, come nel caso di un condominio o di un edificio polifunzionale;

l) contatore divisionale o individuale: apparecchiatura di misura del consumo di energia del singolo cliente finale;

m) conto termico: sistema di incentivazione della produzione di energia termica da fonti rinnovabili ed interventi di efficienza energetica di piccole dimensioni di cui al decreto del Ministro dello sviluppo economico 28 dicembre 2012, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare e il Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 1 del 2 gennaio 2013;

n) contratto di rendimento energetico o di prestazione energetica (EPC): accordo contrattuale tra il beneficiario o chi per esso esercita il potere negoziale e il fornitore di una misura di miglioramento dell’efficienza energetica, verificata e monitorata durante l’intera durata del contratto, dove gli investimenti (lavori, forniture o servizi) realizzati sono pagati in funzione del livello di miglioramento dell’efficienza energetica stabilito contrattualmente o di altri criteri di prestazione energetica concordati, quali i risparmi finanziari;

o) criteri ambientali minimi (CAM): criteri ambientali minimi per categorie di prodotto, adottati con decreto del Ministro dell’ambiente ai sensi del PAN GPP;

p) edificio polifunzionale: edificio destinato a scopi diversi e occupato da almeno due soggetti che devono ripartire tra loro la fattura dell’energia acquistata;

q) ENEA: Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile;

r) energia termica: calore per riscaldamento e/o raffreddamento, sia per uso industriale che civile;

s) energia: tutte le forme di prodotti energetici, combustibili, energia termica, energia rinnovabile, energia elettrica o qualsiasi altra forma di energia, come definiti all’articolo 2, lettera d), del regolamento (CE) n. 1099/2008 del Parlamento e del Consiglio del 22 ottobre 2008;

t) esercente l’attività di misura del gas naturale: soggetto che eroga l’attività di misura di cui all’articolo 4, comma 17 della deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico n. 11 del 2007, e successive modificazioni;

u) esercente l’attività di misura dell’energia elettrica: soggetto che eroga l’attività di misura di cui all’articolo 4, comma 6 della deliberazione dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico n. 11 del 2007, e successive modificazioni;

v) grande impresa: impresa che occupa più di 250 persone, il cui fatturato annuo supera i 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio annuo supera i 43 milioni di euro;

z) GSE: Gestore dei servizi energetici S.p.A.;

aa) immobili della pubblica amministrazione centrale: edifici o parti di edifici di proprietà della pubblica amministrazione centrale, e da essa occupati;

bb) interfaccia di comunicazione: dispositivo fisico o virtuale che permette la comunicazione fra due o più entità di tipo diverso;

cc) microimpresa, piccola impresa e media impresa o PMI: impresa che occupa meno di 250 persone, il cui fatturato annuo non supera i 50 milioni di euro o il cui totale di bilancio annuo non supera i 43 milioni di euro. Per le imprese per le quali non è stato approvato il primo bilancio ovvero, nel caso di imprese esonerate dalla tenuta della contabilità ordinaria o dalla redazione del bilancio, o per le quali non è stata presentata la prima dichiarazione dei redditi, sono considerati esclusivamente il numero degli occupati ed il totale dell’attivo patrimoniale risultanti alla stessa data;

dd) Piano d’azione nazionale per l’efficienza energetica (PAEE): documento redatto ai sensi dell’articolo 17 che individua gli orientamenti nazionali per il raggiungimento degli obiettivi di miglioramento dell’efficienza energetica e dei servizi energetici;

ee) Piano d’azione per la sostenibilità ambientale dei consumi nel settore della pubblica amministrazione (PAN GPP): Piano predisposto ai sensi dell’articolo 1, comma 1126, della legge 27 dicembre 2006 n. 296, e approvato con decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, di concerto con i Ministri dell’economia e delle finanze e dello sviluppo economico 11 aprile 2008, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 107 dell’8 maggio 2008, così come modificato dal decreto del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, 10 aprile 2013, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 102 del 3 maggio 2013;

ff) pubblica amministrazione centrale: autorità governative centrali di cui all’allegato IV del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163;

gg) rete di teleriscaldamento e teleraffreddamento (o teleraffrescamento): qualsiasi infrastruttura di trasporto dell’energia termica da una o più fonti di produzione verso una pluralità di edifici o siti di utilizzazione, realizzata prevalentemente su suolo pubblico, finalizzata a consentire a chiunque interessato, nei limiti consentiti dall’estensione della rete, di collegarsi alla medesima per l’approvvigionamento di energia termica per il riscaldamento o il raffreddamento di spazi, per processi di lavorazione e per la copertura del fabbisogno di acqua calda sanitaria;

hh) ripartizione regionale della quota minima di energia da produrre mediante energie rinnovabili (Burden Sharing): suddivisione tra Regioni degli impegni per raggiungere una quota minima di energia rinnovabile di cui al decreto 15 marzo 2012 del Ministro dello sviluppo economico, di concerto con il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, d’intesa con la Conferenza Unificata, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, n. 78 del 2 aprile 2012;

ii) riscaldamento e raffreddamento efficienti: un’opzione di riscaldamento e raffreddamento che, rispetto a uno scenario di riferimento che rispecchia le condizioni abituali, riduce in modo misurabile l’apporto di energia primaria necessaria per rifornire un’unità di energia il 50 per cento di calore di scarto; erogata nell’ambito di una pertinente delimitazione di sistema in modo efficiente in termini di costi, come valutato nell’analisi costi-benefici di cui al presente decreto, tenendo conto dell’energia richiesta per l’estrazione, la conversione, il trasporto e la distribuzione;

ll) riscaldamento e raffreddamento individuali efficienti: un’opzione di fornitura individuale di riscaldamento e raffreddamento che, rispetto al teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti, riduce in modo misurabile l’apporto di energia primaria non rinnovabile necessaria per rifornire un’unità di energia erogata nell’ambito di una pertinente delimitazione di sistema o richiede lo stesso apporto di energia primaria non rinnovabile ma a costo inferiore, tenendo conto dell’energia richiesta per l’estrazione, la conversione, il trasporto e la distribuzione;

mm) servizio energetico: la prestazione materiale, l’utilità o il vantaggio derivante dalla combinazione di energia con tecnologie ovvero con operazioni che utilizzano efficacemente l’energia, che possono includere le attività di gestione, di manutenzione e di controllo necessarie alla prestazione del servizio, la cui fornitura è effettuata sulla base di un contratto e che in circostanze normali ha dimostrato di portare a miglioramenti dell’efficienza energetica e a risparmi energetici primari verificabili e misurabili o stimabili;

nn) sistema di contabilizzazione: sistema tecnico che consente la misurazione dell’energia termica o frigorifera fornita alle singole unità immobiliari (utenze) servite da un impianto termico centralizzato o da teleriscaldamento o teleraffreddamento, ai fini della proporzionale suddivisione delle relative spese;

oo) sistema di gestione dell’energia: insieme di elementi che interagiscono o sono intercorrelati all’interno di un piano che stabilisce un obiettivo di efficienza energetica e una strategia atta a conseguirlo;

pp) sistema di misurazione intelligente: un sistema elettronico in grado di misurare il consumo di energia fornendo maggiori informazioni rispetto ad un dispositivo convenzionale, e di trasmettere e ricevere dati utilizzando una forma di comunicazione elettronica;

qq) sistema di termoregolazione: sistema tecnico che consente all’utente di regolare la temperatura desiderata, entro i limiti previsti dalla normativa vigente, per ogni unità immobiliare, zona o ambiente;
qq-bis) sotto-contatore: contatore dell’energia, con l’esclusione di quella elettrica, che è posto a valle del contatore di fornitura di una pluralità di unità immobiliari per la misura dei consumi individuali o di edifici, a loro volta formati da una pluralità di unità immobiliari, ed è atto a misurare l’energia consumata dalla singola unità immobiliare o dal singolo edificio;

rr) Strategia energetica nazionale (SEN): documento di analisi e strategia energetica approvato con decreto 8 marzo 2013 del Ministro dello sviluppo economico e del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, n. 73 del 27 marzo 2013;

ss) superficie coperta utile totale: la superficie coperta di un immobile o di parte di un immobile in cui l’energia è utilizzata per il condizionamento del clima degli ambienti interni;

tt) teleriscaldamento e teleraffreddamento efficienti: sistema di teleriscaldamento o teleraffreddamento che usa, in alternativa, almeno:
  • a) il 50 per cento di energia derivante da fonti rinnovabili;
  • b) il 50 per cento di calore di scarto;
  • c) il 75 per cento di calore cogenerato;
  • d) il 50 per cento di una combinazione delle precedenti;
uu) tonnellata equivalente di petrolio (Tep): unità di misura dell’energia pari all’energia rilasciata dalla combustione di una tonnellata di petrolio grezzo, il cui valore è fissato convenzionalmente pari a 41,86 GJ;

vv) UNI: Ente nazionale italiano di unificazione.
  • Art. 9. Misurazione e fatturazione dei consumi energetici
1. Fatto salvo quanto previsto dal comma 6-quater dell’articolo 1 del decreto-legge 23 dicembre 2013, n. 145, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 febbraio 2014, n. 9, e da altri provvedimenti normativi e di regolazione già adottati in materia, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, previa definizione di criteri concernenti la fattibilità tecnica ed economica, anche in relazione ai risparmi energetici potenziali, individua le modalità con cui le imprese distributrici, in qualità di esercenti l’attività di misura:

a) forniscono ai clienti finali di energia elettrica e gas naturale, teleriscaldamento, teleraffreddamento ed acqua calda per uso domestico contatori di fornitura che riflettono con precisione il consumo effettivo e forniscono informazioni sul tempo effettivo di utilizzo dell’energia e sulle relative fasce temporali;

b) forniscono ai clienti finali di energia elettrica e gas naturale, teleriscaldamento, teleraffreddamento ed acqua calda per uso domestico contatori di fornitura di cui alla lettera a), in sostituzione di quelli esistenti anche in occasione di nuovi allacci in nuovi edifici o a seguito di importanti ristrutturazioni, come previsto dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192, e successive modificazioni.

2. L’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico adotta i provvedimenti di cui alle lettere a) e b) del comma 1, entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto per quanto riguarda il settore elettrico e del gas naturale e entro ventiquattro mesi dalla medesima data per quanto riguarda il settore del teleriscaldamento, teleraffrescamento e i consumi di acqua calda per uso domestico.

3. Fatto salvo quanto già previsto dal decreto legislativo 1° giugno 2011, n. 93 e nella prospettiva di un progressivo miglioramento delle prestazioni dei sistemi di misurazione intelligenti e dei contatori intelligenti, introdotti conformemente alle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, al fine di renderli sempre più aderenti alle esigenze del cliente finale, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, con uno o più provvedimenti da adottare entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, tenuto conto dei relativi standard internazionali e delle raccomandazioni della Commissione europea, predispone le specifiche abilitanti dei sistemi di misurazione intelligenti, a cui le imprese distributrici in qualità di esercenti l’attività di misura sono tenuti ad uniformarsi, affinché:

a) i sistemi di misurazione intelligenti forniscano ai clienti finali informazioni sulla fatturazione precise, basate sul consumo effettivo e sulle fasce temporali di utilizzo dell’energia. Gli obiettivi di efficienza energetica e i benefici per i clienti finali siano pienamente considerati nella definizione delle funzionalità minime dei contatori e degli obblighi imposti agli operatori di mercato;

b) sia garantita la sicurezza dei contatori, la sicurezza nella comunicazione dei dati e la riservatezza dei dati misurati al momento della loro raccolta, conservazione, elaborazione e comunicazione, in conformità alla normativa vigente in materia di protezione dei dati. Ferme restando le responsabilità degli esercenti dell’attività di misura previste dalla normativa vigente, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico assicura il trattamento dei dati storici di proprietà del cliente finale attraverso apposite strutture indipendenti rispetto agli operatori di mercato, ai distributori e ad ogni altro soggetto, anche cliente finale, con interessi specifici nel settore energetico o in potenziale conflitto di interessi, anche attraverso i propri azionisti, secondo criteri di efficienza e semplificazione;

c) nel caso dell’energia elettrica e su richiesta del cliente finale, i contatori di fornitura siano in grado di tenere conto anche dell’energia elettrica immessa nella rete direttamente dal cliente finale;

d) nel caso in cui il cliente finale lo richieda, i dati del contatore di fornitura relativi all’immissione e al prelievo di energia elettrica siano messi a sua disposizione o, su sua richiesta formale, a disposizione di un soggetto terzo univocamente designato che agisce a suo nome, in un formato facilmente comprensibile che possa essere utilizzato per confrontare offerte comparabili;

e) siano adeguatamente considerate le funzionalità necessarie ai fini di quanto previsto all’articolo 11.

4. L’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico provvede affinché gli esercenti l’attività di misura assicurino che, sin dal momento dell’installazione dei contatori di fornitura, i clienti finali ottengano informazioni adeguate con riferimento alla lettura dei dati ed al monitoraggio del consumo energetico. 

5. Per favorire il contenimento dei consumi energetici attraverso la contabilizzazione dei consumi di ciascuna unità immobiliare e la suddivisione delle spese in base ai consumi effettivi delle medesime:

a) qualora il riscaldamento, il raffreddamento o la fornitura di acqua calda ad un edificio o a un condominio siano effettuati tramite allacciamento ad una rete di teleriscaldamento o di teleraffrescamento, o tramite una fonte di riscaldamento o raffreddamento centralizzata, è obbligatoria, entro il 31 dicembre 2016, l’installazione, a cura degli esercenti l’attività di misura, di un contatore di fornitura in corrispondenza dello scambiatore di calore di collegamento alla rete o del punto di fornitura dell’edificio o del condominio;

b) nei condomini e negli edifici polifunzionali riforniti da una fonte di riscaldamento o raffreddamento centralizzata o da una rete di teleriscaldamento o da un sistema di fornitura centralizzato che alimenta una pluralità di edifici, è obbligatoria l’installazione entro il 31 dicembre 2016, a cura del proprietario, di sotto-contatori per misurare l’effettivo consumo di calore o di raffreddamento o di acqua calda per ciascuna unità immobiliare, nella misura in cui sia tecnicamente possibile, efficiente in termini di costi e proporzionato rispetto ai risparmi energetici potenziali. L’efficienza in termini di costi può essere valutata con riferimento alla metodologia indicata nella norma UNI EN 15459. Eventuali casi di impossibilità tecnica alla installazione dei suddetti sistemi di contabilizzazione o di inefficienza in termini di costi e sproporzione rispetto ai risparmi energetici potenziali, devono essere riportati in apposita relazione tecnica del progettista o del tecnico abilitato;

c) nei casi in cui l’uso di sotto-contatori non sia tecnicamente possibile o non sia efficiente in termini di costi e proporzionato rispetto ai risparmi energetici potenziali, per la misura del riscaldamento si ricorre, a cura dei medesimi soggetti di cui alla lettera b), all’installazione di sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore individuali per quantificare il consumo di calore in corrispondenza a ciascun corpo scaldante posto all’interno delle unità immobiliari dei condomini o degli edifici polifunzionali, secondo quanto previsto norme tecniche vigenti, salvo che l’installazione di tali sistemi risulti essere non efficiente in termini di costi con riferimento alla metodologia indicata nella norma UNI EN 15459;

d) quando i condomini o gli edifici polifunzionali sono alimentati da teleriscaldamento o teleraffreddamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, per la corretta suddivisione delle spese connesse al consumo di calore per il riscaldamento, il raffreddamento delle unità immobiliari e delle aree comuni, nonché per l’uso di acqua calda per il fabbisogno domestico, se prodotta in modo centralizzato, l’importo complessivo è suddiviso tra gli utenti finali, in base alla norma tecnica UNI 10200 e successive modifiche e aggiornamenti. Ove tale norma non sia applicabile o laddove siano comprovate, tramite apposita relazione tecnica asseverata, differenze di fabbisogno termico per metro quadro tra le unità immobiliari costituenti il condominio o l’edificio polifunzionale superiori al 50 per cento, è possibile suddividere l’importo complessivo tra gli utenti finali attribuendo una quota di almeno il 70 per cento agli effettivi prelievi volontari di energia termica. In tal caso gli importi rimanenti possono essere ripartiti, a titolo esemplificativo e non esaustivo, secondo i millesimi, i metri quadri o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze installate. E’ fatta salva la possibilità, per la prima stagione termica successiva all’installazione dei dispositivi di cui al presente comma, che la suddivisione si determini in base ai soli millesimi di proprietà. Le disposizioni di cui alla presente lettera sono facoltative nei condomini o gli edifici polifunzionali ove alla data di entrata in vigore del presente decreto si sia già provveduto all’installazione dei dispositivi di cui al presente comma e si sia già provveduto alla relativa suddivisione delle spese.

6. Fatti salvi i provvedimenti normativi e di regolazione già adottati in materia, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, con uno o più provvedimenti da adottare entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, individua le modalità con cui, se tecnicamente possibile: 

a) le imprese di distribuzione ovvero le società di vendita di energia elettrica e di gas naturale al dettaglio provvedono, affinché, entro il 31 dicembre 2014, le informazioni sulle fatture emesse siano precise e fondate sul consumo effettivo di energia, secondo le seguenti modalità:

  1. per consentire al cliente finale di regolare il proprio consumo di energia, la fatturazione deve avvenire sulla base del consumo effettivo almeno con cadenza annuale;
  2. le informazioni sulla fatturazione devono essere rese disponibili almeno ogni bimestre;
  3. l’obbligo di cui al numero 2) può essere soddisfatto anche con un sistema di autolettura periodica da parte dei clienti finali, in base al quale questi ultimi comunicano i dati dei propri consumi direttamente al fornitore di energia, esclusivamente nei casi in cui siano installati contatori non abilitati alla trasmissione dei dati per via telematica;
  4. fermo restando quanto previsto al numero 1), la fatturazione si basa sul consumo stimato o un importo forfettario unicamente qualora il cliente finale non abbia comunicato la lettura del proprio contatore per un determinato periodo di fatturazione;
  5. ’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico può esentare dai requisiti di cui ai numeri 1) e 2) il gas utilizzato solo ai fini di cottura.
b) le imprese di distribuzione ovvero le società di vendita di energia elettrica e di gas naturale al dettaglio, nel caso in cui siano installati contatori, conformemente alle direttive 2009/72/CE e 2009/73/CE, provvedono affinché i clienti finali abbiano la possibilità di accedere agevolmente a informazioni complementari sui consumi storici che consentano loro di effettuare controlli autonomi dettagliati. Le informazioni complementari sui consumi storici comprendono almeno:

  1. dati cumulativi relativi ad almeno i tre anni precedenti o al periodo trascorso dall’inizio del contratto di fornitura, se inferiore. I dati devono corrispondere agli intervalli per i quali sono state fornite informazioni sulla fatturazione;
  2. dati dettagliati corrispondenti al tempo di utilizzazione per ciascun giorno, mese e anno. Tali dati sono resi disponibili al cliente finale via internet o mediante l’interfaccia del contatore per un periodo che include almeno i 24 mesi precedenti o per il periodo trascorso dall’inizio del contratto di fornitura, se inferiore.
7. Fatti salvi i provvedimenti normativi e di regolazione già adottati in materia, l’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico, con uno o più provvedimenti da adottare entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, individua le modalità con cui le società di vendita di energia al dettaglio, indipendentemente dal fatto che i contatori intelligenti di cui alle direttive 2009/72/CE e 2009/73/ CE siano installati o meno, provvedono affinché:

a) nella misura in cui sono disponibili, le informazioni relative alla fatturazione energetica e ai consumi storici dei clienti finali siano rese disponibili, su richiesta formale del cliente finale, a un fornitore di servizi energetici designato dal cliente finale stesso;

b) ai clienti finali sia offerta l’opzione di ricevere informazioni sulla fatturazione e bollette in via elettronica e sia fornita, su richiesta, una spiegazione chiara e comprensibile sul modo in cui la loro fattura è stata compilata, soprattutto qualora le fatture non siano basate sul consumo effettivo;

c) insieme alla fattura siano rese disponibili ai clienti finali le seguenti informazioni minime per presentare un resoconto globale dei costi energetici attuali:

  1. prezzi correnti effettivi e consumo energetico effettivo;
  2. confronti tra il consumo attuale di energia del cliente finale e il consumo nello stesso periodo dell’anno precedente, preferibilmente sotto forma di grafico;
  3. informazioni sui punti di contatto per le organizzazioni dei consumatori, le agenzie per l’energia o organismi analoghi, compresi i siti internet da cui si possono ottenere informazioni sulle misure di miglioramento dell’efficienza energetica disponibili, profili comparativi di utenza finale ovvero specifiche tecniche obiettive per le apparecchiature che utilizzano energia;
c-bis) in occasione dell’invio di contratti, modifiche contrattuali e fatture ai clienti finali, nonché nei siti web destinati ai clienti individuali, i distributori di energia o le società di vendita di energia includono un elenco di recapiti dei centri indipendenti di assistenza ai consumatori riconosciuti ai sensi dell’articolo 137del decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, e delle agenzie pubbliche per l’energia, inclusi i relativi indirizzi internet, dove i clienti possono ottenere informazioni e consigli sulle misure di efficienza energetica disponibili, profili comparativi sui loro consumi di energia, nonché indicazioni pratiche sull’utilizzo di apparecchiature domestiche al fine di ridurre il consumo energetico delle stesse. Tale elenco è predisposto dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico entro 30 giorni dalla pubblicazione del presente decreto, ed è aggiornato, se del caso, con cadenza annuale;

d) su richiesta del cliente finale, siano fornite, nelle fatture, informazioni aggiuntive, distinte dalla richieste di pagamento, per consentire la valutazione globale dei consumi energetici e vengano offerte soluzioni flessibili per i pagamenti effettivi;

e) le informazioni e le stime dei costi energetici siano fornite ai consumatori, su richiesta, tempestivamente e in un formato facilmente comprensibile che consenta ai consumatori di confrontare offerte comparabili. L’Autorità per l’energia elettrica, il gas ed il sistema idrico valuta le modalità più opportune per garantire che i clienti finali accedano a confronti tra i propri consumi e quelli di un cliente finale medio o di riferimento della stessa categoria d’utenza.

8. L’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico assicura che non siano applicati specifici corrispettivi ai clienti finali per la ricezione delle fatture, delle informazioni sulla fatturazione e per l’accesso ai dati relativi ai loro consumi. Nello svolgimento dei compiti ad essa assegnati dal presente articolo, al fine di evitare duplicazioni di attività e di costi, la stessa Autorità si avvale ove necessario del Sistema Informativo Integrato (SII) di cui all’articolo 1-bis del decreto-legge 8 luglio 2010, n. 105, convertito, con modificazioni, in legge 13 agosto 2010, n. 129, e della banca dati degli incentivi di cui all’articolo 15-bis del decretolegge n. 63 del 2013, convertito con modificazioni in legge 3 agosto 2013, n. 90.

8-bis. La ripartizione dei costi relativi alle informazioni sulla fatturazione per il consumo individuale di riscaldamento e di raffrescamento nei condomini e negli edifici polifunzionali di cui al comma 5 è effettuata senza scopo di lucro. L’autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, entro il 31 dicembre 2016, stabilisce costi di riferimento indicativi per i fornitori del servizio.


  • Art. 16. Sanzioni
  1. Le grandi imprese e le imprese a forte consumo di energia che non effettuano la diagnosi di cui all’articolo 8, commi 1 e 3, sono soggetti ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 4.000 a 40.000 euro. Quando la diagnosi non è effettuata in conformità alle prescrizioni di cui all’articolo 8 si applica una sanzione amministrativa pecuniaria da euro 2.000 ad euro 20.000.
  2. L’esercente l’attività di misura che, nei casi previsti dall’articolo 9, comma 1, lettera b) ed in violazione delle modalità individuate dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, non fornisce ai clienti finali i contatori di fornitura aventi le caratteristiche di cui alla lettera a) del predetto comma è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2500 euro, per ciascuna omissione.
  3. L’esercente l’attività di misura che fornisce sistemi di misurazione intelligenti non conformi alle specifiche fissate dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico a norma dell’articolo 9, comma 3, lettere a), b) c) ed e), è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2.500 euro. Le sanzioni di cui al presente comma sono irrogate dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico.
  4. L’esercente l’attività di misura che al momento dell’installazione dei contatori di fornitura non fornisce ai clienti finali consulenza ed informazioni adeguate secondo quanto stabilito dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, in particolare sul loro effettivo potenziale con riferimento alla lettura dei dati ed al monitoraggio del consumo energetico, è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 250 a 1500 euro.
  5. L’esercente l’attività di misura che non ottempera agli obblighi di installazione di contatori di fornitura di cui all’articolo 9, comma 5, lettera a), entro il termine ivi previsto, è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2500 euro.
  6. Nei casi di cui all’articolo 9, comma 5, lettera b), il proprietario dell’unità immobiliare che non installa, entro il termine ivi previsto, un sottocontatore di cui alla predetta lettera b), è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2500 euro per ciascuna unità immobiliare. La disposizione di cui al presente comma non si applica quando da una relazione tecnica di un progettista o di un tecnico abilitato risulta che l’installazione del contatore individuale non è tecnicamente possibile o non è efficiente in termini di costi o non è proporzionata rispetto ai risparmi energetici potenziali.
  7. Nei casi di cui all’articolo 9, comma 5, lettera c) il proprietario dell’unità immobiliare, che non provvede ad installare sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore individuali per misurare il consumo di calore in corrispondenza di ciascun corpo scaldante posto all’interno dell’unità immobiliare, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2500 euro per ciascuna unità immobiliare. La disposizione di cui al primo periodo non si applica quando da una relazione tecnica di un progettista o di un tecnico abilitato risulta che l’installazione dei predetti sistemi non è efficiente in termini di costi.
  8. Il condominio alimentato da teleriscaldamento o da teleraffrescamento o da sistemi comuni di riscaldamento o raffreddamento, che non ripartisce le spese in conformità alle disposizioni di cui all’articolo 9, comma 5, lettera d), è soggetto ad una sanzione amministrativa da 500 a 2500 euro.
  9. L’impresa di distribuzione o le società di vendita di energia elettrica e di gas naturale al dettaglio che non forniscono nelle fatture emesse nei confronti di clienti finali presso i quali non sono installati contatori intelligenti le informazioni previste dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, a norma dell’articolo 9, comma 6, lettera a), sono soggette ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 2500 euro per ciascuna omissione.
  10. L’impresa di distribuzione o la società di vendita di energia elettrica e di gas naturale al dettaglio che non consentono ai clienti finali di accedere alle informazioni complementari sui consumi storici in conformità a quanto previsto dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, a norma dell’articolo 9, comma 6, lettera b), è soggetta ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 150 a 2500 euro per ciascun cliente.
  11. È soggetta ad una sanzione amministrativa da 150 a 2500 euro per ciascuna violazione, l’impresa di vendita di energia al dettaglio: a) che non rende disponibili, con le modalità individuate dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico su richiesta formale del cliente finale, le informazioni di cui all’articolo 9, comma 7, lettera a); b) che non offre al cliente finale l’opzione di ricevere informazioni sulla fatturazione e bollette in via elettronica e non fornisce, su richiesta di quest’ultimo, spiegazioni adeguate secondo le prescrizioni dell’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, a norma dell’articolo 9, comma 7, lettera b); c) che non fornisce al cliente finale, secondo le modalità individuate dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, unitamente alla fattura le informazioni di cui all’articolo 9, comma 7, lettera c); d) che non fornisce al cliente finale, secondo le modalità individuate dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, le informazioni le stime dei costi energetici tali da consentire a quest’ultimo di confrontare offerte comparabili.
  12. L’impresa di vendita di energia al dettaglio che applica specifici corrispettivi al cliente finale per la ricezione delle fatture o delle informazioni sulla fatturazione ovvero per l’accesso ai dati relativi ai consumi è soggetta ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 300 a 5000 euro per ciascuna violazione.
  13. Le sanzioni di cui al comma 1 sono irrogate dal Ministero dello sviluppo economico.
  14. Le sanzioni di cui ai commi 6, 7 e 8 sono irrogate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano competenti per territorio o Enti da esse delegati.
  15. Le sanzioni di cui ai commi 2, 3, 4, 5, 9, 10, 11 e 12 sono irrogate dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico.
  16. Per l’accertamento e l’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie da parte delle autorità amministrative competenti si osservano, in quanto compatibili con quanto previsto dal presente articolo, le disposizioni contenute nel capo I, sezioni I e II, della legge 24 novembre 1981, n. 689. Entro novanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto l’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico disciplina, con proprio regolamento, nel rispetto della legislazione vigente in materia, i procedimenti sanzionatori di sua competenza, in modo da assicurare agli interessati la piena conoscenza degli atti istruttori, il contraddittorio in forma scritta e orale, la verbalizzazione e la separazione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie. Il regolamento disciplina i casi in cui, con l’accordo dell’impresa destinataria dell’atto di avvio del procedimento sanzionatorio, possono essere adottate modalità procedurali semplificate di irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie.
  17. L’autorità amministrativa competente, valutati gli elementi comunque in suo possesso e quelli portati a sua conoscenza da chiunque vi abbia interesse dà avvio al procedimento sanzionatorio mediante contestazione immediata o la notificazione degli estremi della violazione.
  18. In caso di accertata violazione delle disposizioni di cui ai commi 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8 e 10 il trasgressore e gli eventuali obbligati in solido sono diffidati a provvedere alla regolarizzazione entro il termine di quarantacinque giorni dalla data della contestazione immediata o dalla data di notificazione dell’atto di cui al comma 17.
  19. All’ammissione alla procedura di regolarizzazione di cui al comma 18 e alla contestazione immediata o alla notificazione degli estremi della violazione amministrativa a norma dell’articolo 14 della legge 24 novembre 1981, n. 689 si provvede con la notifica di un unico atto che deve contenere: a) l’indicazione dell’autorità competente; l’oggetto della contestazione; l’analitica esposizione dei fatti e degli elementi essenziali della violazione contestata; b) l’indicazione del nominativo del responsabile del procedimento e, ove diverso, dell’ufficio dove è possibile presentare memorie, perizie e altri scritti difensivi, essere sentiti dal responsabile del procedimento sui fatti oggetto di contestazione, nonché avere accesso agli atti; c) l’indicazione del termine entro cui l’interessato può esercitare le facoltà di cui alla lettera b), comunque non inferiore a trenta giorni; d) la diffida a regolarizzare le violazioni nei casi di cui al comma 18; e) la possibilità di estinguere gli illeciti ottemperando alla diffida e provvedendo al pagamento della somma di cui al comma 7; f) la menzione della possibilità, nei casi degli illeciti non diffidabili o per i quali non si è ottemperato alla diffida, di effettuare il pagamento in misura ridotta ai sensi dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689; g) l’indicazione del termine di conclusione del procedimento.
  20. In caso di ottemperanza alla diffida, il trasgressore o l’eventuale obbligato in solido è ammesso al pagamento di una somma pari al minimo della sanzione prevista dai commi 1, 2, 3, 5, 6, 7, 8 e 10 entro il termine di trenta giorni dalla scadenza del termine di cui al comma 18. Il regolare pagamento della predetta somma estingue il procedimento limitatamente alle violazioni oggetto di diffida e a condizione dell’effettiva ottemperanza alla diffida stessa.
  21. Il pagamento della sanzione e della somma di cui al comma 20 è effettuato con le modalità di versamento previste dall’articolo 19 decreto legislativo 3 luglio 1997, n. 241, esclusa la compensazione ivi prevista. Del pagamento è data mensilmente comunicazione all’autorità amministrativa competente, con modalità telematiche, a cura della struttura di gestione di cui all’articolo 22 del predetto decreto legislativo.
  22. Le regioni e le provincie autonome di Trento e di Bolzano, nell’ambito delle attività di ispezione degli impianti termici di cui all’articolo 9 del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 74, eseguono, anche gli accertamenti e le ispezioni sull’osservanza delle disposizioni di cui ai commi 6, 7 e 8.
  23. I proventi derivanti dall’applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie di spettanza statale, per le violazioni del presente decreto, sono versati ad apposito capitolo dell’entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati al fondo di cui all’articolo 15. Il Ministro dell’economia e delle finanze è autorizzato ad apportare, con propri decreti, le occorrenti variazioni di bilancio. I proventi delle sanzioni di cui ai commi 6, 7 e 8 rimangono alle Regioni ed alle Province Autonome di Trento e di Bolzano, o a Enti da esse delegati, che possono utilizzarli per la gestione degli accertamenti e delle ispezioni di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 74.
  24. In ogni caso sono fatte salve le competenze delle Regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano.





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lunedì 27 giugno 2016

LA TRASPARENZA DELLE QUALIFICHE PROFESSIONALI IN EUROPA

1. Gli Stati membri notificano alla Commissione un elenco delle professioni regolamentate specificando le attività contemplate da ogni professione e un elenco delle tipologie regolamentate di istruzione e formazione, e di formazione con una struttura particolare, di cui all'art.11, lettera C) punto II), nel loro territorio entro il 18 gennaio 2016. Le eventuali modifiche apportate a tali elenchi sono notificate senza indebito indugio alla Commissione. La Commissione sviluppa e tiene aggiornata una banca dati accessibile al pubblico delle professioni regolamentate, ivi compressa una descrizione generale delle attività che rientrano in ciascuna professione.
2. Entro il 18 gennaio 2016 gli Stati membri notificano alla Commissione l'elenco delle professioni per le quali è necessaria una verifica preliminare delle qualifiche ai sensi dell'art. 7 paragrafo 4. Gli Stati membri forniscono alla Commissione una giustificazione specifica per l'inserimento in tale elenco di ciascuna di queste professioni.
3. Gli Stati membri valutano se i requisiti stabiliti nel loro ordinamento giuridico per limitare l'accesso a una professione o il suo esercizio ai possessori di una specifica qualifica professionale, inclusi l'impiego di titoli professionali e le attività professionali autorizzate in base a tale titolo, indicati all'art. come requisiti, sono compatibili con i seguenti principi:
a) i requisiti non devono essere direttamente o indirettamente discriminatori sulla base della nazionalità o del luogo di residenza;
b) i requisiti devono essere giustificati da una motivo imperativo di interesse generale,
c) i requisiti devono essere tali da garantire il raggiungimento dell'obiettivo perseguito e non vanno al di la di quanto e necessario per raggiungere tale obiettivo.
4. il paragrafo 1 si applica inoltre alle professioni regolamentate di un o Stato membro da un'associazione o un'organizzazione ai sensi dell'art. 3, paragrafo 2 e agli eventuali requisiti in materia di adesione a tali organizzazioni o associazioni.
5. Entro il 18 gennaio 2016, gli Stati membri trasmettono alla Commissione le informazioni sui requisiti che intendono mantenere e sui motivi per ritenere detti requisiti conformi al disposto del paragrafo 3. Gli Stati membri trasmettono informazioni sui requisiti successivamente introdotti e sui motivi per ritenere detti requisiti Conformi al paragrafo 3 entro sei mesi dall'adozione della misura.
6. Entro il 18 gennaio 2016 e successivamente ogni due anni, gli Stati membri presentano una relazione concernente i requisiti che sono stati eliminati o resi meno rigidi.
7. La Commissione trasmette le relazioni di cui al paragrafo 6 agli altri Stati membri e questi presentano le loro osservazioni entro un termine di sei mesi. Durante questo periodo di sei mesi, la Commissione consulta le parti interessate, compresi i professionisti interessati.
8. La Commissione presenta una relazione di sintesi, basata sulle informazioni inviate dagli Stati membri, al gruppo di coordinatori istituito con la decisione 2007/172/CE della Commissione del 19 marzo 2007, che istituisce un gruppo di coordinatori per il riconoscimento delle qualifiche professionali che può formulare osservazioni in merito a detta relazione.
9. Alla luce delle osservazioni di cui al paragrafo 7 e 8 la Commissione presenta, entro il 18 gennaio 2017, le proprie conclusioni definitive al Parlamento Europeo e al Consiglio, eventualmente accompagnate da proposte di nuove iniziative.
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