L’obbligatorietà del pagamento delle spese da parte dei condomini deriva direttamente dalla circostanza dell’essere comproprietari dei beni e dei servizi per i quali sono state effettuate le suddette spese e, quindi, non tanto dal fatto di essere state approvate in assemblea, in quanto trattandosi di una obbligazione propter rem, tale obbligo insorge nel medesimo momento in cui sono attuate le varie attività inerenti alla complessiva gestione del condominio in relazione alla necessità di gestirlo correttamente. Quanto sopra dedotto discende dal disposto dei secondo e terzo commi dell’art. 1118 cod. civ., che stabiliscono:
- Il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni.
- Il condomino non può sottrarsi all’obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d’uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali.
La giurisprudenza ritiene che, nei confronti del condominio, l’obbligo del condomino di pagare i contributi per le spese di manutenzione delle parti comuni dell’edificio deriva non dall’approvazione della spesa e dalla ripartizione della stessa, atteso il carattere meramente dichiarativo di tali delibere. ma dalla circostanza per cui sia sorta la necessità della spesa ovvero l’attuazione dell’attività di manutenzione e quindi per effetto dell’attività gestionale concretamente compiuta e non per effetto dell’autorizzazione accordata all’amministrazione per il compimento di una determinata attività di gestione. [Cass. civ., Sez. II, 9 settembre 2009, n. 23345].
Per quanto attiene all’addebito delle spese conseguenti si tratta di verificare la funzione del bene che deve essere manutento e, nel caso sia rilevante per l’intero condominio, si applica il primo comma dell’art. 1123 cod. civ. [Cass. civ., Sez. II, 13 febbraio 2008, n. 3470 ].
Se poi una clausola contrattuale del regolamento di condominio preveda che alcune spese siano da addebitarsi pro quota a tutti i condomini, in deroga anche ai commi secondo e terzo dell’art. 1123 c. c., si deve applicare la suddetta disposizione [Cass., Sez. II, 23 novembre 2009, n. 24658 ]; per esempio tutte le spese devono essere ripartite fra i condomini in parti uguali o le spese dell’ascensore devono essere sostenute anche dai proprietari di alloggi siti al piano terreno [Cass., Sez. II, 23 dicembre 2011, n. 28679]. Sussiste, pertanto, a carico di ciascn condomino, per essere contitolare di un diritto reale sui beni condominiali, l’obbligo di concorrere alle spese per la loro conservazione e la loro integrità. Tutte le spese effettuate dall’amministratore hanno, infatti, la funzione di garantire la stabilità e l’efficienza dei beni condominiali, nonché conservarne la loro naturale destinazione e il loro ordinario servizio.
Esula da questo principio l’onere delle spese attuate ai sensi dell’art. 1102 cod. civ.; in questo caso l’uso paritetico della cosa comune, che va tutelato, deve essere compatibile con la ragionevole previsione dell’utilizzazione che in concreto faranno gli altri condomini della stessa cosa, e non anche della identica e contemporanea utilizzazione che in via meramente ipotetica e astratta essi ne potrebbero fare. Cass., Sez. II, 27 febbraio 2007, n. 4617].
Ne consegue che tutte le
spese necessarie, per attuare l’opera del singolo,
devono essere sostenute dal medesimo essendo
la stessa finalizzata al migliore godimento della sua proprietà esclusiva [Trib. Vicenza, Sez. II, 11
settembre 2015, in Leggi d’Italia].
La ripartizione delle spese deve essere effettuata
dall’amministratore in base alle tabelle millesimali
esistenti nel condominio, tabelle che nessuna
delibera condominiale può modificare né per una
singola apposita circostanza né in via definitiva, a
meno che non si fosse pervenuti ad una nuova convenzione
contrattuale in materia con una delibera
adottata all’unanimità dei condomini.
La revisione delle tabelle millesimali, non trattandosi
di un nuovo negozio, può essere deliberata
dalla maggioranza dei condomini presenti
in assemblea, rappresentanti almeno la metà del
valore millesimale dell’edificio condominiale, purché
sussistano in concreto i presupposti previsti
dall’art. 69 disp. att. cod. civ., vale a dire un errore
di calcolo ovvero, il valore proporzionale dell’unità
immobiliare, anche di un solo condomino, sia
alterato per più di un quinto.
Normalmente le spese vengono ripartite in base
alle differenti carature millesimali (di proprietà, di
ascensore, di riscaldamento, di gestione generale,
etc.), ma le spese che ineriscono alla manutenzione
straordinaria dello stabile, con i relativi beni
accessori, e all’adeguamento degli impianti condominiali
sono sempre da ripartirsi tra i condomini in
forza della tabella millesimale di proprietà.
Tutte le spese che ineriscono al godimento delle
parti e dei servizi comuni, devono essere sempre
corrisposte dai condomini anche se un impianto,
ad esempio quello centralizzato di riscaldamento,
non funziona per omessa riparazione, salvo il diritto
dei condomini danneggiati a pretendere il risarcimento
dei danni concretamente subiti [Cass.,
Sez. II, 4 luglio 2014, n. 15399].
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