La realizzazione di “un’area cani” all’interno del condominio potrebbe risultare molto utile ai proprietari degli animali, siano essi condomini abitanti nell’edificio piuttosto che affittuari abitanti nell’edificio medesimo. La realizzazione potrebbe rientrare nell’ambito delle innovazioni di cui all’art. 1120 c.c. .
- La norma: art. 1138, 5° comma, norma derogabile o inderogabile?
- Animali domestici: quali sono?
- Il rispetto delle regole: quali adempimenti dell’amministratore? Quali limiti?
- Il futuro prossimo venturo: quali orizzonti?
- La norma: art.1138, 5° comma c.c., norma derogabile o inderogabile?

Dunque si pone un primo problema: si tratta di norma derogabile o inderogabile?
Vanno allo scopo richiamati i principii che la Cassazione ha sancito allo scopo di individuare il carattere imperativo o meno, e dunque di considerare l’inderogabilità, della norma che non sia espressamente dichiarata inderogabile.
Le norme giuridiche si distinguono in norme imperative (o cogenti) quando la loro osservanza è inderogabile, e dispositive, quando contengono regole di utilità pubblica derogabili per volontà del privato che vi abbia interesse.
La contrarietà a norme imperative costituisce una
delle cause di nullità del contratto (art. 1418 cod.
civ.) La nullità di singole clausole non importa
la nullità del contratto quando le clausole nulle
sono sostituite di diritto da norme imperative
(art. 1419, 2° comma cod.civ.).
La Cassazione ha precisato che per individuare il
carattere “imperativo” di una norma quando questa
espressamente non prevede la nullità degli
atti ad essa contrari, e dunque non dichiari esplicitamente
la propria inderogabilità, è necessario
verificare lo scopo della norma e la natura della
tutela al quale è destinata, e dunque se si tratta
di interesse pubblico o privato; se la norma è destinata
a tutelare un interesse pubblico essa ha,
in ogni caso, carattere imperativo (Cass. SS.UU.
21 agosto 1972 n. 2697, Cass. 18 luglio 2003 n.
11256); di conseguenza saranno nulle le pattuizioni
contrarie.
Tornando all’argomento che ci occupa, la dottrina
ha ritenuto il divieto contenuto nel 5° comma
dell’art. 1138 inderogabile sulla scorta della legislazione,
anche europea, che da diversi anni a
questa parte ha riconosciuto l’importanza, e la
necessità della relativa tutela, del rapporto tra
le persone e gli animali, rapporto così elevato al
rango di interesse pubblico.
L’ importanza del rapporto con gli animali di compagnia/di
affezione, sulla base del quale si fonda
la motivazione della “imperatività”, della norma
in esame, si trova sancita in diversi provvedimenti
legislativi.
L’importanza del rapporto con gli animali di compagnia/di affezione, sulla base del quale si fonda la motivazione della “imperatività”, della norma in esame, si trova sancita in diversi provvedimenti legislativi.
Art. 1 - Principi Generali
Lo Stato promuove e disciplina la tutela degli animali
di affezione, condanna gli atti di crudeltà
contro di essi, i maltrattamenti ed il loro abbandono,
al fine di favorire la corretta convivenza tra
uomo e animale e di tutelare la salute pubblica e
l’ambiente.
Art. 2 – Trattamento dei cani e di altri animali
di affezione
1. Il controllo della popolazione dei cani e dei
gatti mediante la limitazione delle nascite viene
effettuato ………………
2. I cani vaganti ….. non possono essere soppressi………
7. E’ vietato a chiunque maltrattare i gatti che
vivono il libertà.
Art. 5 – Sanzioni
1.Chiunque abbandona cani e, gatti o qualsiasi
altro animale custodito nella propria abitazione
è punito con la sanzione del pagamento di una
somma da Lire 300.000 a Lire 1.000.000.
Legge 4 novembre 2010 n. 201 - Ratifica ed esecuzione della Convenzione Europea per la protezione degli animali da compagnia,fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987.
Art. 4
Traffico illecito di animali da compagnia
1.Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un
profitto, reiteratamente o tramite attività organizzate,
introduce nel territorio nazionale animali
da compagnia di cui all’allegato I, parte A, del
Regolamento CE n. 998/2003 del Parlamento Europeo
e del Consiglio, del 26 maggio 2003, privi
di sistema per l’identificazione individuale e delle
necessarie certificazioni sanitarie e non muniti,
ove richiesto, di passaporto individuale è punito………………………………………….
Legge 2 agosto 2008 n. 130 ratifica del Trattato sul funzionamento dell’Unione EuropeaArt. 13 – Il Trattato stabilisce che l’Unione e gli Stati membri “tengono pienamente conto delle esigenze in materia di benessere degli animali in quanto esseri senzienti.
Codice Penale
Il codice penale dedica diversi articoli ai comportamenti
in danno degli animali (da art. 544 bis a
art. 544 sexies). Sono così puniti i reati di maltrattamento
e di uccisione di animali per crudeltà
o senza necessità, di sevizie o strazio arrecati
durante spettacoli o manifestazioni, è sancito il
divieto di combattimenti tra animali.
E’ importante segnalare come i comportamenti citati
configurino una particolare ipotesi di delitto
e non rientrano più nei “delitti contro il patrimonio”
nei quali il bene protetto era la proprietà
privata dell’animale da parte di un proprietario.La differenza è stata sancita dalla Cassazione (sent. N. 24734/2010) la quale chiarisce che il delitto di cui all’art. 544 tutela il sentimento per gli animali, e viene riconosciuta una condotta lesiva nei confronti dell’animale stesso, non del suo padrone.
L’art 727 punisce con l’arresto o con l’ammenda il reato di abbandono di animali.
Codice della Strada
Legge 29 luglio n.120/2010 – art. 31 e successivo
DM attuativo n. 271/2012: hanno apportato modifiche
al Codice della Strada disciplinando l’uso di
mezzi di soccorso e il trasporto di animali in gravi
condizioni di salute, e ponendo l’obbligo all’utente
della strada di fermarsi e prestare soccorso
all’animale d’affezione coinvolto in un incidente
dall’utente medesimo provocato o comunque a
lui ricollegabile (integrazioni così apportate agli
artt. 177 e 189 del D.Lgs n. 285/1992).
Art. 514 Codice di Procedura Civile
Oltre alle cose dichiarate impignorabili da speciali
disposizioni di legge, non si possono pignorare:
………..
6 bis: gli animali di affezione o da compagnia
tenuti presso la casa del debitore o negli altri
luoghi a lui appartenenti, senza fini produttivi,
alimentari o commerciali.
Si pone poi una seconda questione: può un
regolamento contrattuale validamente prevedere
il divieto? è ancora valido il divieto contenuto in
un regolamento contrattuale antecedente l’entrata
in vigore della Riforma?
Per dare risposta alla domanda bisogna ricordare
che la legge di riforma del condominio, entrata in
vigore il 18 giugno 2013, è irretroattiva in forza
dei principi generali di legge.
La legge 220/2012 non contiene le “norme transitorie”
ossia quelle disposizioni che disciplinano
il graduale adeguamento della nuova normativa
rispetto a quella previgente; da ciò possono derivare
problemi nella applicazione concreta delle
nuove norme.
Per quanto riguarda il regolamento di condominio,
sarà utile ricorrere all’applicazione del principio sancito
nell’art. 155 disp.att. codice civile, a norma del
quale le disposizioni dell’allora (anno 1942) nuovo
codice civile concernenti la revisione dei regolamenti
di condominio e la trascrizione di essi si applicano
anche ai regolamenti approvati prima del 28 ottobre
1941. Lo stesso art. 155 disp. att. dispone altresì
espressamente che cessano di avere effetto le disposizioni
dei regolamenti di condominio che siano
contrarie alle norme richiamate nell’ultimo comma
dell’art. 1138 e nell’art. 72 disp. att.: vale a dire le
norme condominiali “inderogabili”.
Si può dunque concludere che i regolamenti di condominio
contrattuali vigenti alla data del 18 giugno
2013 mantengono inalterata la loro validità;
se però contengono clausole che siano divenute, a
seguito della nuova normativa, contrarie a norme
inderogabili, tali clausole saranno nulle e potranno
di conseguenza non essere applicate, senza necessità
di espressa modifica del regolamento.
La clausola divenuta “nulla” sarà sostituita di
diritto dalla nuova norma imperativa, e il regolamento
continuerà ad essere valido per tutto il
resto del suo contenuto.
Allo stesso modo la nuova normativa inderogabile
sarà applicata di diritto, anche se nessuna disposizione
al riguardo è contenuta nel regolamento.
Si riportano qui di seguito le sentenze di due giudici
di merito (il Tribunale di Cagliari e il Giudice
di Pace di Pordenone) che hanno deciso in maniera
conforme sia all’interpretazione della dottrina
che, come si è detto, ha attribuito il carattere
“imperativo” all’art. 1138, 5° comma, sia ai principii
generali applicativi, appena visti, della legge
in vigore dal giugno 2013.
Il Tribunale di Cagliari (ordinanza n. 7170 del 22
luglio 2016) decidendo una controversia instaurata
tra un condomino proprietario di un cane e un Condominio
nel quale vigeva un Regolamento che vietava
la detenzione di animali domestici in casa, ha
statuito che: - la norma del regolamento indipendentemente
dalla natura (contrattuale o assembleare)
deve ritenersi affetta da nullità sopravvenuta,
a seguito della nuova norma di legge, siccome
contraria ai principi di ordine pubblico ravvisabili
nel consolidamento della giurisprudenza e della legislazione,
nazionale ed europea, diretta a valorizzare
il rapporto delle persone con gli animali – la
nuova norma di legge costituisce precetto generale
valevole per qualsiasi tipo di regolamento.
Il Giudice di Pace di Pordenone (sentenza 21 luglio
2016 n. 224) ha deciso che qualunque divieto
alla detenzione di animali previsto da un
previgente regolamento condominiale deve intendersi
caducato ex art. 1138, 5° comma configurandosi
una forma di nullità sopravvenuta delle
clausole contrarie al nuovo disposto normativo.
Il Giudice di Pace ha evidenziato che il Legislatore
ha riconosciuto la valenza sociale del rapporto
uomo-animale, sancendo un diritto alla relazione
affettiva con l’animale che va oltre il solo ambito
condominiale producendo effetto su tutti i rapporti
giuridici aventi ad oggetto l’uso di immobili
per fini abitativi.
Dunque, benchè decidendo due domande diverse
dal punto di vista processuale (davanti al
Tribunale di Cagliari si chiedeva la declaratoria
di nullità di clausola regolamentare, davanti
al Giudice di Pace di Pordenone si chiedeva di sanzionare la violazione del Regolamento) entrambe
le sentenze interpretano la norma (che
in effetti per come è formulata e collocata
all’interno dell’art. 1135 può lasciare adito a
dubbi) nel senso di attribuirle la caratteristica
di inderogabilità, stante la rilevanza del suo
contenuto di carattere “imperativo”. Dal che
deriva la conseguente sopravvenuta nullità della
clausola, di segno contrario, contenuta in un
regolamento previgente.
Si ricorda che con costante giurisprudenza antecedente
la Riforma (Cass. 15/2/2011 n. 3705, Cass.
25/10/2001 n. 13164) la Suprema Corte aveva
ritenuto ammissibile il divieto di tenere animali
domestici negli appartamenti in condominio
solo se contenuto in un regolamento assembleare
assunto all’unanimità, in quanto incidente, menomandole,
sulle facoltà comprese nel diritto di
proprietà; oppure se contenuto in un regolamento
contrattuale richiamato espressamente negli atti
di acquisto delle singole unità immobiliari, costituendosi
con tali divieti servitù reciproche.
- Animali domestici: quali sono?
All’aggettivo “domestico” nel dizionario DevotoOli,
oltre alla definizione generale di “pertinente
alla casa e alla famiglia”, con riferimento agli animali
si legge “assuefatto alla vicinanza dell’uomo
o da questo allevato per la propria utilità”.
Per “affezione “ si intende in genere una inclinazione
sentimentale che, ad esempio, fa attribuire
ad un oggetto un valore superiore al valore reale
giustificato da un particolare interesse per l’oggetto
(c.d. “prezzo d’affezione”).
Per “compagnia” si intende: un rapporto di vicinanza
o di conversazione cercato sul piano affettivo.
L’art. 1138, 5° comma menziona solo gli animali
“domestici” per l’individuazione dei quali sarà
comunque necessario riportarsi alle disposizioni
contenute nella legislazione europea.
Regolamento CE 576/13 e Regolamento Applicativo 577/13 (abrogano il Regolamento 998/2003)
Definizioni: Animale da compagnia - Un animale
di una specie elencata nell’All. I che accompagna
il suo proprietario o una persona autorizzata durante
un movimento a carattere non commerciale
che rimane sotto la responsabilità del proprietario
o della persona autorizzata per tutta la durata del
movimento.
Allegato 1 Due gruppi
a) Cane, gatto, furetto (PET)
b) Invertebrati (no api e bombi, molluschi e crostacei)
Animali acquatici ornamentali
Uccelli (no pollame)
Roditori e conigli (no per alimentazione)
Va poi ricordato l’Accordo 6/2/2003 tra Ministero
Salute, e le Regioni e le Provincie di Trento e
Bolzano nel quale si definisce animale da compagnia
o affezione “ogni animale tenuto o destinato
ad essere tenuto dall’uomo, per la compagnia
o affezione senza fini produttivi od alimentari,
compresi quelli che svolgono attività utili all’uomo,
come il cane per i disabili, gli animali da Pet
Therapy, da riabilitazione e impiegati e impiegati
nella pubblicità”.
Più spesso di quanto si possa pensare succede
che nelle abitazioni private vengano tenuti animali
non propriamente “assuefatti alla vicinanza
dell’uomo” nè alle condizioni ambientali e geografiche
del nostro territorio nazionale.
Si pensi a pitoni e iguane e altri rettili dei quali
quasi sempre si scopre l’esistenza quando escono
dalle abitazioni e si trovano, anche a loro rischio,
a girare per il giardino o nel parcheggio condominiale,
creando comprensibile scompiglio...
Va precisato che iguane, pitoni, lucertole sono
varie specie di rettili, si tratta dunque di animali
vertebrati, che pertanto non rientrano nei tipi di
“animali da compagnia” di cui al sopracitato Regolamento
Europeo.
E’ dato ritenere pertanto possibile, al di là degli
aspetti connessi alle “immissioni” di cui tra poco
si dirà, porre divieti regolamentari che impediscano
la detenzione di animali non domestici, tra i
quali i rettili citati.
Un divieto di tal genere non va contro il dettato
legislativo che si riferisce, appunto, agli animali
“domestici”.
- Il rispetto delle regole: quali limiti? Quali adempimenti dell’Amministratore?
Il diritto di tenere animali domestici nella propria abitazione non esclude l’obbligo di rispettare le
parti comuni e quelle esclusive, e di evitare immissioni
intollerabili.
Il proprietario/detentore dell’animale dovrà altresì
rispettare la normativa vigente applicabile al
particolare tipo di animale (si pensi alle razze di
cani definiti “pericolosi”.
Quanto alla obbligatorietà di museruola e guinzaglio,
a norma dell’art. 83 DPR 320/1954 “Regolamento
di polizia veterinaria” nelle vie e in
qualunque altro luogo aperto al pubblico i cani,
quando non siano condotti al guinzaglio, debbono
portare la museruola che corrisponda ai requisiti
prescritti dai regolamenti locali di igiene (eccetto
quanto di norma disposto per i cani da guardia,
da pastore, da caccia, per non vedenti).
Il rispetto delle parti comuni comporterà il
corretto uso delle stesse e la pulizia o il ripristino
in caso di sporcizia o danni arrecati dal proprio
animale. Lo stesso è a dirsi per le proprietà
esclusive.
In materia di rispetto delle parti comuni si ricorda
la recente sentenza del Tribunale di Monza (sentenza
28 marzo 2017) con la quale il Tribunale
ha deciso il caso di un regolamento condominiale
contenente il divieto per i condomini di utilizzare
l’ascensore accompagnati dai propri cani.
Il Tribunale ha ritenuto valida tale clausola in
quanto l’art. 1138, 5° comma contiene un limite
alla potestà regolamentare che incide sulla proprietà
esclusiva, ma che non riguarda l’uso delle
parti comuni: uso che ben può essere disciplinato
dal regolamento anche escludendo la facoltà
di usare l’ascensore in compagnia del proprio
animale.
Dunque, secondo il Tribunale, i condomini dovranno
utilizzare le scale, non risultando in alcun
modo menomato il loro diritto ad accedere alle
rispettive abitazioni.
Tale decisione è stata criticata da Antonio Scarpa
(magistrato di Cassazione) secondo il quale il legislatore ha voluto sottrarre in modo assoluto
all’autonomia privata dei condomini la materia
della detenzione di animali domestici. Per non
dire poi della difficoltà di utilizzare le scale e non
l’ascensore, per una persona affetta da qualche
impedimento nella deambulazione.
Non di rado gli animali presenti in condominio
provocano “immissioni” che possono diventare
intollerabili.
Si ricorda l’art. 844 codice civile a norma del quale
“Il proprietario di un fondo non può impedire
le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i
rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti
dal fondo del vicino, se non superano la
normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla
condizione dei luoghi.
Nell’applicare questa norma l’autorità giudiziaria
deve contemperare le esigenze della produzione
con le ragioni della proprietà. Può tenere conto
delle priorità di un determinato uso”.
L’elenco contenuto nell’art. 844 è indicativo, non
esaustivo.
Al soggetto che subisce le immissioni “intollerabili”
è riconosciuta una triplice tutela: a) la
richiesta di cessazione della immissione; b) la
richiesta di risarcimento del danno subito in conseguenza
della immissione; c) la richiesta di indennizzo
per il diminuito valore della proprietà.
Questa norma, di carattere generale, si applica
pacificamente anche nell’ambito del condominio.
Anzi, nell’ambito del condominio c’è una possibilità
in più per tutelarsi da disturbi molesti che
configurino ipotesi di “immissione”: infatti, al
fine di sostenere la intollerabilità e la illegittimità
di una qualunque “immissione”, il soggetto che
la subisce può invocare l’applicazione di un’altra
norma, e precisamente di quella eventualmente
contenuta nel Regolamento vigente nel Condominio
dove si verificano i fatti.
E’ infatti principio costantemente affermato dalla
Corte di Cassazione che il Regolamento condominiale
contrattuale possa contenere una disciplina
relativa alle immissioni ancor più rigorosa di quella
contenuta nel codice civile (Cass. 4/4/2001 n.
4962), e che ad essa disciplina debba farsi riferimento,
piuttosto che a quella del codice, al fine
di accertare nel caso concreto la intollerabilità
della immissione lamentata.
Nella vita condominiale l’abbaio del cane del vicino
di casa è sicuramente una delle “molestie”
rumorose più frequentemente lamentate. I giudici
in genere ritengono che il semplice abbaio sia un
fatto naturale del cane, che rientra nei normali rumori
di fondo che caratterizzano il vivere collettivo;
dunque una molestia intollerabile ci sarà solo
quando l’abbaiare sia tale da superare la normale soglia di tollerabilità (art. 844 c.c.) ossia quando
i latrati siano insistenti – e quindi non episodi
saltuari di disturbo – visto che la natura del cane
non può essere coartata al punto da impedirgli
del tutto di abbaiare (Cass. n. 7856/2008).
Sempre in materia di cani ( e animali in genere) le
immissioni olfattive, per essere moleste, devono
superare la normale tollerabilità prevista dall’art.
844 c.c..
Sotto il profilo penale, la presenza di esalazioni
gravemente moleste può configurare il reato di
getto pericoloso di cose (art. 674 c.p.) soprattutto
quando vi sia omessa custodia di animali
dalla quale sia derivato il versamento di deiezioni
animali atte ad offendere imbrattare o molestare
persone (Cass. n. 32063/2008). La Cassazione penale
con sentenza 27 ottobre 2015 n. 48460 ha
confermato la condanna alla pena dell’ammenda
di euro 200,00 per “non avere impedito lo strepitio
del proprio cane, pastore tedesco, così disturbando
le occupazioni e il riposo dei residenti”.
L’illecito consiste nel non avere impedito all’animale
di abbaiare in maniera smodata e in orari
tali da disturbare l’intero condominio: così aveva
precisato ancor prima la stessa Cassazione penale
con sentenza 27 settembre 2001 n. 35234.
Ed ancora la Suprema Corte ha precisato che il reato di cui all’art. 659 codice penale (contravvenzione) disturbo della quiete pubblica, ha natura di reato di pericolo presunto e ai fini della sua configurazione non è necessaria la prova dell’effettivo disturbo di più persone ma è sufficiente l’idoneità del fatto a disturbare un numero indeterminato di persone, ancorchè non tutte siano state, poi, disturbate; e la volontarietà della condotta va desunta da oggettive circostanze di fatto senza che risulti necessaria l’intenzione dell’agente di disturbare la quiete pubblica (Cass. penale 14 gennaio 2011 n. 715).
Vanno poi ricordati i seguenti reati che possono
rilevare in materia: l’art. 672 (omessa custodia e
malgoverno di animali) a norma del chiunque lascia
liberi o non custodisce con le debite cautele
animali pericolosi da lui posseduti o ne affida la
custodia a persone inesperte è punito con una
sanzione amministrativa.
L’art 638 (uccisione o danneggiamento di animali
altrui) a norma del quale chiunque senza necessità
uccide o rende inservibili o comunque deteriora
animali che appartengono ad altri è punito, salvo
che il fatto costituisca più grave reato, con la
reclusione o la multa.
L’Amministratore ha la facoltà/il potere rientrante
nelle attribuzioni che la legge gli riconosce
di intervenire per richiedere l’eliminazione
dell’immissione “intollerabile”, se l’attività illegittima
contestata incide sull’uso o sul godimento delle parti comuni, indipendentemente dal numero
di condomini ai quali viene recato pregiudizio.
L’Amministratore è legittimato ad intervenire nei
confronti dell’autore materiale delle immissioni,
anche non proprietario dell’immobile da cui derivano
e dunque anche nei confronti del locatario
(Cass. 1/12/2000 n. 15392).
Inoltre, come già si è detto, i regolamenti contrattuali
possono contenere limitazioni ancor più
rigorose di quelle indicate nell’art. 844 c.c.: in
tale caso per valutare l’intollerabilità della immissione,
si farà riferimento al criterio fissato nel
regolamento (Cass. 7/01/2004 n. 23).
L’Amministratore ha il dovere di curare l’osservanza
del regolamento e può agire a tutela dello stesso
anche senza delibera assembleare.
Il regolamento va rispettato tanto dal condominio
quanto dal conduttore e/o comodatario.
- Il futuro prossimo venturo: quali orizzonti?
Non volendo pensare ad un “medioevo condominiale
prossimo venturo” inteso come periodo
di oscurantismo sociale e culturale, e volendo
piuttosto confidare in una convivenza improntata
al bilanciamento degli opposti interessi e alla
ricerca di soluzioni utili a risolvere conflitti, si
può provare ad immaginare quali nuovi scenari
potrebbero concretizzarsi in relazione alla sempre
maggiore presenza, non più oggetto di divieti regolamentari,
di animali domestici in condominio.
“Area cani” nel giardino/cortile condominiale.
La realizzazione di una “area cani” all’interno del
condominio potrebbe risultare molto utile ai proprietari
degli animali, siano essi condomini abitanti
nell’edificio condominiale piuttosto che affittuari
abitanti nell’edificio medesimo; si pensi in
particolare a persone, anziane o meno, affette da
problemi di deambulazione all’esterno dell’edificio.
La realizzazione potrebbe rientrare nell’ambito
delle innovazioni di cui all’art. 1120 c.c., ossia
delle innovazioni deliberate dall’assemblea a
maggioranza nell’interesse comune, e/o di quelle
rientranti nell’ambito dell’art. 1102 c.c., ossia
delle modifiche apportate dal singolo nel proprio
interesse e a proprie spese, al fine di conseguire
un uso più intenso della cosa comune.
Le innovazioni sono modificazioni/nuove opere
che determinano l’alterazione della entità materiale
o il mutamento della destinazione originaria
della cosa comune la quale, appunto, avrà diversa
consistenza o sarà utilizzata per fini diversi da
quelli precedenti (Cass. n. 11445/2015).
Le innovazioni disciplinate dall’art. 1120 c.c. gravano
su tutta la totalità dei condomini anche dissenzienti
(Cass. n.24006/2004).
Gli articoli 1102 e 1120 sono disposizioni non sono sovrapponibili avendo presupposti e ambiti
di operatività diversi.
Le innovazioni di cui all’art. 1120 non corrispondono
alle modificazioni cui si riferisce l’art. 1102: le
prime sono costituite da opere di trasformazione,
che incidono sull’essenza della cosa comune, alterandone
l’originaria funzione e destinazione; le seconde
si inquadrano nelle facoltà del condomino in
ordine alla migliore, più comoda e razionale utilizzazione
della cosa, facoltà che incontrano solo i limiti
indicati dall’art. 1102 (Cass. 19/10/1012 n. 18052).
Tra le due nozioni corre una differenza che è di
carattere innanzi tutto oggettivo, poichè, fermo
il tratto comune della trasformazione della cosa o
del mutamento della destinazione, quel che rileva
nell’art. 1120 (mentre è estraneo all’art. 1102)
è l’interesse collettivo espresso da una delibera
dell’assemblea. Le modificazioni dell’uso della
cosa comune ai sensi dell’art. 1102 non si confrontano
con un interesse generale perché perseguono
solo l’interesse del singolo.
L’art. 1120 c.c., nel prescrivere che le innovazioni
della cosa comune siano approvate dai condomini
con determinate maggioranze, tende a disciplinare
l’approvazione di quelle innovazioni che comportano
oneri di spesa per tutti i condomini; ma ove
non debba procedersi a tale ripartizione, per essere
stata la spesa relativa alle innovazioni assunta interamente
a proprio carico da un condomino, trova
applicazione la norma generale di cui all’art. 1102
c.c. che contempla anche le innovazioni, ed in
forza della quale ciascun partecipante può servirsi
della cosa comune a condizione che non ne alteri
la destinazione e non impedisca agli altri di farne
uguale uso secondo il loro diritto e, pertanto può
apportare a proprie spese le modificazioni necessarie
per il miglior godimento della cosa comune.
La Cassazione ha altresì precisato che la nozione di
pari uso del bene comune non è da intendersi nel
senso di uso necessariamente identico e contemporaneo
perché diversamente si avrebbe la conseguenza
della impossibilità per ogni condomino di
usare la cosa comune tute le volte che questa fosse
insufficiente a tal fine (Cass. sent. 12873/2005).
Addirittura la modifica deve ritenersi legittima
anche quando sia prevedibile che altri partecipanti
non faranno pari uso del bene (Cass. n.
14107/2012).
Corte d’Appello di Palermo 15 febbraio 2017
n. 262
E’ legittima la delibera con cui l’assemblea decida
di stabilire due aree comuni, prive di specifica
destinazione, allo svolgimento di attività sportive
per i condomini (beach volley e calcetto) senza
che ciò comporti alcuna modificazione dei luoghi
mediante la costruzione di opere in muratura, o comunque stabili, o una alterazione dello
stato vegetativo del fondo, ma solo la collocazione,
amovibile in qualsiasi momenti, di due
porte da calcio e di una rete, tali da consentire
solo un uso temporaneo e non prolungato nel
tempo. Tale utilizzo, infatti, non impedisce ai
condomini di fare pari uso del fondo per attività
parallele.
La delibera avente ad oggetto la destinazione di
aree condominiali scoperte in parte a parcheggio
autovetture dei singoli condomini ed in parte
a parco giochi ha da oggetto una innovazione
diretta al miglioramento o all’uso più comodo o
al maggior rendimento della cosa comune (Cass.
sent. N. 24146 del 29/12/2004).
Il Regolamento di Polizia Urbana del Comune di Milano è stato integrato (con delibera Consiglio Comunale del 17 settembre 2012) con l’art. 83 bis intitolato “Giochi dei bimbi” che così recita “Il Comune di Milano riconosce il diritto dei bambini al gioco e alle attività ricreative proprie della loro età.
Nei cortili, nei giardini e nelle aree scoperte delle
abitazioni private deve essere favorito il gioco
dei bambini, fatte salve le fasce orarie di tutela
della quiete e del riposo stabilite dai regolamenti
condominiali”.
Servizio condominiale di “dog sitting”
Servizi comuni devono intendersi le prestazioni le attività, le funzioni dirette a soddisfare attraverso
beni, impianti, parti comuni dell’edificio
bisogni specifici dei proprietari esclusivi ossia
dei condomini ai quali i servizi devono essere
garantiti.
Anche un servizio condominale di tale genere
potrebbe rivelarsi estremamente utile e favorire
le persone in difficoltà.
Articolo 1135, 3° comma e “Pet therapy”
Tale norma, introdotta ex novo dalla riforma,
prevede che “L’assemblea può autorizzare l’amministratore
a partecipare e collaborare a progetti,
programmi e iniziative territoriali promossi
dalle istituzioni locali o da soggetti privati
qualificati, anche mediante opere di risanamento
di parti comuni degli immobili nonché di demolizione,
ricostruzione e messa in sicurezza statica,
al fine di favorire il recupero del patrimonio edilizio
esistente, la vivibilità urbana, la sicurezza
e la sostenibilità ambientale della zona in cui il
condominio è ubicato”.
Perché non pensare ad una assemblea attenta
alle necessità di condomini in difficoltà, che,
traendo spunto da questa norma, autorizzi l’Amministratore
a partecipare a progetti e/o aderire
ad associazioni, anche di volontariato, che
offrano una “pet therapy” condominiale, oppure
il servizio di “dog sitting” a favore di chi ne ha
bisogno?
di Marina Figini
Componente CSN ANACI