mercoledì 9 dicembre 2015

Termoregolazione e contabilizzazione entro il 31/12/2016 (PARTE VI)


11. LA CONTABILIZZAZIONE DEL CALORE

I coefficienti correttivi

In riferimento alla quota da ripartire sulla base del consumo, va osservato che devono considerarsi non conformi a legge i così detti “coefficienti correttivi”.
Innanzitutto non risulta che questi siano determinati da norma tecnica di settore nè italiana nè europea (le norme EN). Unico riferimento è ad una norma svizzera che, in quanto tale, non trova applicazione in Italia nè è riconosciuta dagli enti di normazione europei. I coefficienti correttivi, ai fini del calcolo della quota volontaria, tengono in considerazione le dispersioni di calore (ad esempio per gli appartamenti posti all’ultimo piano o al piano pilotis). E’, questo, un parametro non previsto dalla Legge che, invece, fa riferimento, come detto, al solo prelievo di calore dai corpi scaldanti.
Si consideri che quando i cittadini si saranno abituatiall’utilizzo delle valvole termostatiche, probabilmente l’impianto di riscaldamento svolgerà il proprio servizio in maniera totalmente difforme rispetto a quanto siamo abituati. Oggi, infatti, pensiamo all’utilizzo dell’impianto di riscaldamento in condizioni standard, in cui, cioè, tutti gli appartamenti sono scaldati. In questa circostanza, risultano penalizzate le unità immobiliari in posizioni di maggior dispersione. Un domani, però, molti appartamenti (anche intermedi) potrebbero essere freddi in quanto poco o per niente utilizzati. Ne consegue che un appartamento in un piano intermedio oggi è scaldato da tutti i lati, mentre in futuro così potrebbe non essere. In una situazione di questo tipo appare difficile conteggiare le dispersioni del solo ultimo piano.

La così detta “quota fissa”

Qualche riflessione merita anche la così detta “quota fissa”. Un criterio forfetario indicato dall’assemblea che, ad esempio, quantifichi la spesa per potenza termica impegnata (c.d. quota fissa) al 30% o al 40%, non tenendo quindi in considerazione le dispersioni di rete (valutabili caso per caso a sedi conda dell’edificio e dell’impianto di distribuzione del calore), oppure un criterio determinato senza essere stato preceduto dal rilievo del numero e delle dimensioni dei corpi scaldanti (preferibilmente acquisito a verbale) è da considerarsi nullo (quindi impugnabile in ogni tempo) in quanto non consente di calcolare i consumi effettivi. Tale quota, pertanto, dovrà essere stabilita da un
tecnico abilitato secondo i criteri indicati nella stessa norma UNI 10200. In ogni caso, il Legislatore italiano non avrebbe potuto fare diversamente in quanto il concetto dei “consumi effettivi” è espressamente voluto dalla Direttiva Europea alla quale si dovranno adeguare tutti gli Stati Membri.
Unica deroga è quella contenuta nello stesso articolo 9 comma 5 lettera d), secondo la quale “E’ fatta salva la possibilità, per la prima stagione termica successiva all’installazione dei dispositivi di cui al presente comma, che la suddivisione si determini in base ai soli millesimi di proprietà”. L’articolo 9 comma 5 lettera d), rimanda alla norma UNI 10200 anche la ripartizione dei “costi generali per la manutenzione dell’impianto”. Occorre pertanto circoscrivere l’ambito di applicazione. Il D. Lgs. 102/2014 rimanda, per le definizioni, tra l’altro, al D. Lgs. 192/2005. In esso, all’Allegato A, si rinviene la definizione di manutenzione: “insieme degli interventi necessari, svolte da tecnici abilitati operanti sul mercato, per garantire nel tempo la sicurezza e la funzionalità e conservare le prestazioni dell’impianto entro i limiti prescritti”. Essa si divide in manutenzione ordinaria e straordinaria. Per manutenzione ordinaria dell’impianto termico si intendono “le operazioni previste nei libretti d’uso e manutenzione degli apparecchi e componenti che possono essere effettuate in luogo con strumenti ed attrezzature di corredo agli apparecchi e componenti stessi e che comportino l’impiego di attrezzature
e di materiali di consumo d’uso corrente”.
Ad essa andrebbero aggiunte le piccole riparazioni. Invece, per manutenzione straordinaria dell’impianto termico si intendono “gli interventi atti a ricondurre il funzionamento dell’impianto a quello previsto dal progetto e/o dalla normativa vigente mediante il ricorso, in tutto o in parte, a mezzi, attrezzature, strumentazioni, riparazioni, ricambi di parti, ripristini, revisione o sostituzione di apparecchi o componenti dell’impianto termico”. A questo termine si potrebbero aggiungere le modifiche rese necessarie dall’evoluzione normativa (ad esempio la termoregolazione).
Tra i costi generali da ripartire sulla base della tabella millesimale del riscaldamento, calcolata ai sensi della norma UNI 10200, si ritengono inseriti quelli necessari per il funzionamento dell’impianto
e l’erogazione del calore, cioè quelli indispensabili per il “servizio riscaldamento”, che, poi, è quello che consuma energia ed immette i prodotti della combustione in atmosfera. La manutenzione straordinaria, invece, attiene alla conservazione del bene e, in quanto tale, va ripartita in base alla tabella millesimale di cui all’articolo 1123 comma 1 del codice civile. Tra le spese da ripartire sulla base della norma UNI 10200 con la così detta quota fissa, andrebbero aggiunte anche le spese necessarie per il tecnico abilitato alla conduzione e l’esercizio della centrale termica nonchè per il terzo responsabile. Tutte voci riferite, quindi, al godimento del servizio e non alla conservazione del bene.


Fonte Amministrare Immobili
a cura di Edoardo Riccio
Coordinatore Giuridico Csn


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