mercoledì 10 febbraio 2016

La siepe serve o no a tutelare la privacy? SENTENZA 28 febbraio 2015, n. 3232

Chi pianta una siepe nel proprio fondo, non rispettando quanto stabilito dall’articolo 892 del Codice Civile non può invocare la tutela alla riservatezza.


SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III
SENTENZA 28 febbraio 2015, n. 3232

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Il Condominio (OMISSIS) con atto di citazione del 20 settembre 2004 conveniva in giudizio davanti al Giudice di Pace di Pieve di Cadore, (OMISSIS), (OMISSIS) e assumendo che i convenuti avevano piantato nel loro fondo almeno di tre metri dal confine con la proprietà del condominio, alberi di alto fusto, chiedeva la condanna all'estirpazione di tali piante con correlativo ordine di astenersi dal piantare in futuro altri alberi a distanza non consentita. Chiedeva, in subordine, la condanna dei convenuti alla recisione dei rami che si protendevano oltre il confine, nella proprietà condominiale. Si costituiva (OMISSIS), mentre rimaneva contumace (OMISSIS) eccependo in primo luogo che l'Amministratore del condominio non era legittimato ad agire perché sprovvisto di autorizzazione; nel merito eccepiva che gli alberi si trovavano sul luogo da oltre vent'anni e, pertanto, era stato usucapito il diritto di mantenere gli alberi a distanza inferiore a quella prevista dalla legge. Espletata CTU, il Giudice di Pace con sentenza del 2005 accoglieva la domanda subordinata avanzata dall'attore e "condannava i convenuti a recidere i rami che dal proprio fondo si protendevano nella proprietà dell'attore fino all'altezza di tre metri e di estirpare rovi ed arbusti che fuoruscivano dalla rete di recensione. Ordinava ai convenuti di astenersi per il futuro dal posizionare alberi di alto fusto a distanza non regolamentare. Compensava interamente tra le parti le spese del giudizio e poneva a carico di entrambe le spese della CTU nella misura del 50% ciascuno. Avverso questa sentenza, proponeva appello (OMISSIS), riproponendo le stesse eccezioni che aveva proposto in primo grado e chiedeva la riforma totale della sentenza impugnata. Si costituiva il Condominio (OMISSIS), chiedendo il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza impugnata. Il Tribunale di Belluno sez. staccata di Pieve di Cadore, con sentenza n. 92 del 2007 accoglieva parzialmente l'appello, ordinando a (OMISSIS) di arretrare a non meno di tre metri dal confine le piante contrassegnate nella mappa attuale del giardino allegata alla CTU con i nn. 1, 4, 5, 7 8, 9, 11, 17, prescrivendo allo stesso (OMISSIS) di mantenere le altre piante di abete rosso dimoranti a meno di tre metri dal confine ad un altezza non superiore a due metri e mezzo con esclusione delle piante contrassegnate con i nn. 2, 75, 76, 78, 79 della mappa attuale del giardino allegata alla CTU per il resto confermava la sentenza impugnata e compensa le spese del giudizio di appello. Secondo il Tribunale di Belluno:

a) l'Amministratore condominiale era stato autorizzato dall'assemblea condominiale con delibera del 2 settembre 2004 così come dimostrato dalla copia della suddetta delibera riportata in atti.

b) inaccoglibile era l'eccezione di usucapione posto che il Giudice di Pace non aveva ordinato il taglio delle piante ultraventennali

c) nulla doveva essere disposto in ordine alle piante da frutto atteso che neppure di queste il Giudice di Pace ne aveva ordinato l'abbattimento

d) piuttosto il taglio disposto dal Giudice di Pace di otto alberi andava considerato come ultima ratio dato che poteva ottenersi il rispetto della normativa codicistica mediante l'arretramento delle piante che si trovavano a distanza inferiore a tre metri dal confine. 

La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da (OMISSIS) con ricorso affidato a tre motivi. Il Condominio (OMISSIS) in questa fase non ha svolto attività giudiziale. Il ricorrente ha precisato con l'atto di ricorso che la di lui madre (OMISSIS), contumace nel giudizio di primo grado, in data (OMISSIS) è deceduta e il ricorrente ne è l'unico erede. All'udienza del 28 gennaio 2014, questa Corte, ritenendo che la sola dichiarazione di (OMISSIS) di essere l'unico erede di (OMISSIS) era insufficiente al fine di escludere che il contraddittorio fosse stato correttamente integrato, disponeva l'integrazione del contraddittorio nei confronti degli eventuali altri eredi di (OMISSIS), concedendo termine di novanta giorni dalla comunicazione della ordinanza e rinviava la causa a nuovo ruolo. In data 30 giugno 2014 l'avv. (OMISSIS) provvedeva a depositare atto di notorietà, per atto notaio (OMISSIS) di Venezia, con il quale (OMISSIS) dichiara di essere unico erede della madre (OMISSIS). MOTIVI DELLA DECISIONE 1.= Con il primo motivo (OMISSIS) lamenta la violazione dell'articolo 112 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 4, Violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 892 primo comma n. 3 cc, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3. Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 5. Secondo il ricorrente, il Tribunale di Belluno, avrebbe omesso di pronunciare su un motivo di appello relativo alla prescrizione del Giudice di Pace di tagliare le conifere di cui ai punti n. 4, 5, 7, 8 della perizia di ufficio "in quanto isolate e non idonee a costituire siepi nonché della n. 1 perché sottoposta alla n. 2 con poche possibilità di sviluppo nonché di tagliare i pini silvestri posti a metri 1,5 dal confine sul lato sud ad esclusione del numero 13".

In particolare specifica il ricorrente, con l'atto di appello, l'appellante, deduceva l’arbitrarietà della decisione del Giudice di Pace e la sua contraddittorietà rispetto ai rilievi e alle conclusioni del CTU e reiterava la richiesta di accertamento che le piante in questione costituivano ed erano da qualificare come siepi e in quanto tale dimoravano a distanza dal confine non inferiore rispetto alle prescrizioni di legge. Eppero' il Tribunale di Belluno avrebbe omesso di pronunciarsi su questo capo dell'impugnazione, in tal modo violando e/o falsamente applicando l'articolo 892, comma 1, n. 3, e omettendo di motivare su un fatto decisivo della controversia ovvero per quali ragioni di fatto di diritto le piante in questioni non sarebbero qualificabili come siepi. Pertanto, conclude il ricorrente, dica la Corte Suprema: a) se il Giudice dell'appello abbia il dovere di pronunciare su tutte le ragioni dell'impugnazione, pena la violazione dell'articolo 112 c.p.c.; b) se ai fini dell'articolo 892, comma 1, n. 3, ed in particolare ai fini della qualificazione delle piante come "siepi" si debba tener conto non solo delle caratteristiche naturali delle piante ma anche del loro metodo di coltivazione e potatura tale da limitarne sistematicamente l'altezza.

1.1.- Pur tralasciando di evidenziare che i quesiti conclusivi della censura, o delle censure, sono decisamente generici tale che qualunque risposta non comporterebbe, comunque, altra e diversa soluzione della situazione controversa e/o altra diversa decisione rispetto a quella assunta dal Tribunale di Belluno, tuttavia, il motivo, è inammissibile perché privo del carattere di autosufficienza. Appare opportuno evidenziare che il Tribunale di Belluno, premesso che gli alberi oggetto del motivo di appello di cui alla sentenza di primo grado aveva ordinato il taglio erano quelli non costituenti siepe, si è pronunciato sulla qualificazione degli alberi affermando che gli alberi di alto fusto vanno identificati con riguardo alla specie della pianta classificata in botanica come "di alto fusto, ovvero se trattasi di pianta non classificata come di alto fusto, con riguardo allo sviluppo da essa assunto in concreto. Ora, l'affermazione del ricorrente di avere lamentato, con l'appello, che gli alberi di alto fusto, di cui era stato ordinato il taglio, avevano un'altezza inferiore a tre metri perché soggette a periodiche cimature è priva di autosufficienza in quanto non è stata esaminata dalla sentenza di appello che fa riferimento a censure attinenti soltanto le siepi e gli alberi da frutta e il ricorrente non riporta il tenore del motivo di appello nel quale sarebbe stata formulata la censura. 1.1.a) Pur non potendo prescindere da queste considerazioni, tuttavia, appare opportuno evidenziare che il ricorrente, comunque, non ha tenuto conto che il Tribunale di Belluno ha accolto e confermato la motivazione del Giudice di Pace, secondo il quale gli alberi di cui si dice erano alberi di alto fusto ma non costituivano una siepe: "(.....) il Giudice di Pace" afferma il Tribunale di bellino, ha quindi individuato quali alberi a suo giudizio costituirebbero siepe (ovvero la gran parte di quelli elencati dal CTU) ed ha ordinato per conseguenza l'eliminazione di quegli otto alberi che siepe non erano (e fra quegli otto si trovano appunto tre pini silvestri): il motivo di doglianza de quo è, dunque, infondato (...)". E, al riguardo, va evidenziato che riconfermando quanto è stato già indicato da questa Corte con la sentenza 2865 del 2003 "Gli alberi di alto fusto che, a norma dell'articolo 892 c.c., n. 1) debbono essere piantati a non meno di tre metri dal confine, vanno identificati con riguardo alla specie della pianta, classificata in botanica come "di alto fusto", ovvero, se trattisi di pianta non classificata come di alto fusto, con riguardo allo sviluppo da essa assunto in concreto, quando il tronco si ramifichi ad un'altezza superiore a tre metri", non appare pertinente il richiamo, che il ricorrente fa, della sentenza n. 6348 del 1981 di questa Corte, perché quella sentenza fa riferimento alla diversa ipotesi di un sistema di coltivazione e potatura razionalmente praticato sin dal momento della messa a dimora con il preciso intento di imprimere alla pianta forma e dimensioni anche parzialmente diverse da quelle che avrebbe assunto in base alle sue caratteristiche naturali.

2.- Con il secondo motivo, il ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 892 c.c., comma 1, n. 3, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 5. Secondo il ricorrente il Tribunale di Belluno avrebbe violato e/o falsamente applicato l'articolo 892, comma 1, n. 3, nel prescrivere al Dott. (OMISSIS) di mantenere le altre piante di abete rosso dimoranti a meno di tre metri e mezzo dal confine ad una altezza non superiore a due metri e mezzo dal suolo in cui sorgono indipendentemente dall'andamento del terreno (lungo il confine ovest la proprietà di (OMISSIS) è più bassa di quella del Condominio (OMISSIS)), perché non avrebbe tenuto conto che avendo la siepe la funzione di proteggere la privacy, la sua altezza deve essere misurata all'esterno della proprietà di chi vuole proteggere la privacy. Se così non fosse; si potrebbero avallare risultati non convincenti, si pensi, ritiene il ricorrente, all'ipotesi di un dislivello sul confine tra due terreni in cui il terreno dal quale si vuole proteggere la privacy sia più alto di 2,5 metri rispetto al terreno nel quale viene piantata la siepe, se l'altezza della siepe dovesse essere misurata dal terreno nel quale è piantata il risultato sarebbe che la siepe stessa non sarebbe nemmeno in grado di superare il dislivello con ogni evidente conseguenza in termini di totale inutilità rispetto alla protezione della privacy. Ciò posto il rincorrente formula il seguente quesito: Posto che la funzione delle siepi è quella di proteggere la privacy nel fondo in cui sono piantate e che la ratio delle prescrizioni del codice civile sulla loro altezza è ispirata al contemperamento dell'esigenza di difendere la privacy da un lato e di consentire che il fondo adiacente a quello in cui è piantata la siepe abbia comunque una sufficiente luce se ai sensi dell'articolo 892 c.c., comma 1, n. 3, in caso di dislivello del terreno tra due fondi e qualora il terreno più alto sia stato realizzato artificialmente e sia quello da cui si voglia proteggere la privacy l'altezza della siepe vada misurata rispetto al livello del terreno del fondo da cui si voglia proteggere la privacy ovvero rispetto al livello del terreno in cui la siepe è piantata.

2.1.- Il motivo è inammissibile, perché prospetta una questione nuova in quanto non esaminata dalla sentenza ed il ricorrente non indica se ed in quali termini alla stessa era stata introdotta nel giudizio di appello. Tuttavia appare opportuno, anche in questa sede chiarire: a) che la siepe è una struttura vegetale che trova largo impiego ai margini dei terreni, nelle scarpate dei terrazzamenti, lungo i fossi agricoli ed assolvono a diverse funzioni, essenzialmente: 1) ad una funzione protettiva garantendo l'habitat per centinaia di specie vegetali e animali minacciati, che in tal modo possono trovare rifugio nei territori antropizzati; 2) riparano dal vento (possono ridurre fino a 60 % la velocità del vento); c) schermano la vista (in ambito abitativo, fungono da recinzione anche fisica); d) proteggono i terreni dall'erosione in pendii e scarpate le radici consolidano il terreno; e) proteggono dalle immissioni trattenendo la polvere e le sostanze inquinanti. Pertanto, va escluso che la siepe abbia la funzione principale o essenziale di difendere la privacy delle persone che si trovano nel fondo ove è collocata la siepe stessa.

Non vi è, in altri termini, una correlazione necessaria e preferenziale tra siepe e privacy. Piuttosto, e, comunque, la normativa relativa alle distanze degli alberi dai confini intende evitare l'invasione del terreno altrui sia con radici che con rami, ed è casuale e non perseguita direttamente la tutela dell'esigenza di riservatezza delle persone del fondo ove esiste la siepe. b) che il limite di altezza - non maggiore di due metri e mezzo previsto dall'articolo 892 c.c., n. 3, si riferisce solo agli alberi da frutta - ai quali, per le loro caratteristiche è fatto un trattamento di favore-, e non vale ne per le viti e per gli arbusti - che, solo perché tali, possono, perciò, essere piantati fino a mezzo metro dal confine. L'articolo 892 c.c., nulla, invece, prescrive in ordine alle siepi formate con alberi di alto e medio fusto. Pertanto, in quest'ultima ipotesi l'altezza degli alberi di alto e medio fusto che formano una siepe può essere stabilita dal Giudice tenuto conto della situazione dei luoghi. Pertanto, il Tribunale di Belluno correttamente ha ritenuto che l'altezza delle piante laddove prescritta va riferita a ciascuna pianta indipendentemente dall'andamento del terreno dato che la normativa civilistica de qua laddove fa riferimento all'altezza delle piante prescinde dalla morfologia dei terreni sui confini. Ove il legislatore avesse voluto dare rilievo al dislivello dei terreni lo avrebbe fatto così come lo ha fatto con riferimento alle distanze tra costruzioni. L'eventuale aspetto estetico, come correttamente ha evidenziato il Tribunale di Belluno, potrebbe essere mantenuto da (OMISSIS) riducendo eventualmente l'altezza delle piante e seguendo l'andamento ascendente del terreno e non già lasciando crescere oltre i due metri e mezzo gli alberi che si trovano nella zona discendete.

3.- Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell'articolo 112 c.p.c., in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 4. Violazione e/o falsa applicazione dell'articolo 892 c.c., comma 1, n. 3, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3, Omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 5. Eccepisce il ricorrente di aver chiesto, in via subordinata, che qualora venisse accertato che talune piante dimoravano illegittimamente a distanza inferiore rispetto a quella legale che il signor (OMISSIS) fosse condannato a spostare dette piante entro i limiti legali, ovvero qualora venisse accertato che le piante avevano un'altezza superiore a quella consentita dalla legge che il signor (OMISSIS) fosse condannato a ridurre l'altezza, ma il Tribunale di Belluno ha disposto in ordine all'altezza dei soli abeti rossi mentre per le altre piante dimoranti a meno di tre metri dal confine (i cipressi di Leyland, non sono con riguardo all'altezza stati oggetto di alcuna decisione da parte del giudice del merito. Epperò, chiarisce il ricorrente, l'omessa motivazione potrebbe comportare il rischio che continui a valere l'erronea prescrizione del Giudice di Pace che ha stabilito un'altezza delle siepi di due metri e i questa caso la sentenza sarebbe viziata per violazione di legge ex articolo 892 c.c., comma 1, n. 3. Ciò posto il ricorrente conclude proponendo i seguenti quesiti: a) Posto che l'articolo 112 c.p.c., prescrive che vi sia corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato e posto che nella domanda di appello il ricorrente aveva chiesto che fosse accertato che tutte le siepi dimorano a distanza non inferiore rispetto alla prescrizioni di legge ed, in subordine, qualora fosse accertato che alcune di esse si trovano a distanza inferiore rispetto a quella prescritta dal codice civile, di esser condannato ad arretrare ed a ridurle di altezza entro i limiti di legge e posto altresì che le siepi presenti nel giardino del ricorrente sono costituite da piante di abete rosso, da cipressi di Layland da pini silvestri e da un latice si accerti che al sentenza impugnata che con riguardo all'altezza delle siepi ha fatto unico riferimento alle piante d i abete rosso viola la disposizione dell'articolo 112 c.p.c., per non corrispondenza tra il chiesto e il pronunciato. b) Posto che l'articolo 892 c.c., comma 1, n. 3, prescrive che le siepi piantate in prossimità del confine possono avere un'altezza massima di 2,5 metri accerti che viola tale norma una prescrizione che disponga che le siepi piantate in prossimità del giardino abbiano un'altezza massima di 2 metri. 3.1.- Il motivo è infondato. Va qui osservato che la sentenza di primo grado aveva condannato il convenuto a mantenere rigorosamente a siepe per un'altezza non superiore a due metri tutti gli abeti rossi dimoranti a distanza inferiore a tre metri dal confine e tale pronuncia è stata impugnata e riformata con l'indicazione dell'altezza in due metri e mezzo. In definitiva, il ricorso va rigettato. Non occorre provvedere al regolamento delle spese atteso che il Condominio (OMISSIS), intimato, in questa fase non ha svolto alcuna attività giudiziale.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso.

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