giovedì 17 novembre 2016

TELECAMERA IN CONDOMINIO: TRATTAMENTO DEI DATI RIPRESI


I dati raccolti vanno gestiti solo da incaricati appositamente nominati, i quali sono gli unici autorizzati. A tal proposito, l'art. 4 delle Definizioni - paragrafo A - del Codice della Privacy spiega che: "si intende per: a) "trattamento" qualunque operazione o complesso di operazioni, effettuate anche senza l'ausilio di strumenti elettronici, concernenti la raccolta, la registrazione, l'organizzazione, la conservazione, la consultazione, l'elaborazione, la modificazione, la selezione, l'estrazione, il raffronto, l'utilizzo, l'interconnessione, il blocco, la comunicazione, la diffusione, la cancellazione e la distruzione di dati, anche se non registrati in una banca di dati. Nel caso di registrazione, dovranno essere nominati incaricati munti di password, che saranno gli unici a poter visionare i dati, da conservare solo per lo stretto necessario. Il server andrà posto in luogo protetto ed accessibile ai soli autorizzati incaricati".
Il Garante ha sottolineato come le riprese debbano riguardare solo aree di pertinenza comune ed esclusivamente condominiali, evitando cioè di invadere la privacy di zone esterne ed estranee al condomino stesso e d'incorrere in un'invasione della sfera privata di terzi.
Nel posizionare le telecamere va tenuto conto dell'area inquadrata, onde evitare d'incorrere nel reato di violazione dell'altrui privacy, come disposto dall'art. 615 bis c.p. "Chiunque, mediante l'uso di strumenti di ripresa visiva o sonora, si procura indebitamente notizie o immagini attinenti alla vita privata svolgentesi nei luoghi indicati nell'articolo 614, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni. Alla stessa pena soggiace, salvo che il fatto costituisca più grave reato, chi rivela o diffonde mediante qualsiasi mezzo d'informazione al pubblico le notizie o le immagini, ottenute nei modi indicati nella prima parte di questo articolo. I delitti sono punibili a querela della persona offesa, tutta via si procede d'ufficio e la pena è della reclusione da uno a cinque anni se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale o ad un incaricato di un pubblico servizio, con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti alla funzione o servizio, o da chi esercita anche abusivamente la professione d'investigatore privato". A riguardo è interessante segnalare la sentenza n. 35775 del 2015, pronunciata dalla sezione penale feriale della Corte di Cassazione, con la quale si è voluto rafforzare il concetto già riportato in precedenti sentenze, di necessaria ed accertata volontà di invasione nella sfera altrui, come pure di un numero preciso ed identificabile di persone oggetto della ripresa. Ne è passato da se il concetto secondo il quale, affinché possa essere individuato il reato, non solo è necessaria la volontà d'interferenza, ma la stessa non può dirsi tale se le riprese di un luogo pubblico (magari l'area intorno ad un portone d'ingresso) riguardano un numero potenzialmente indeterminato di persone e sono a fine preventivo, nonché identificativo di eventuali atti contro il condominio (come pareti imbrattate, citofoni o videocitofoni oggetto di vandalismo).
Nello specifico del codice vigente in materia di protezione dei dati personali, Titolo III - Regole Generali per il trattamento dei dati, Cap.1, Regole per tutti i trattamenti, Art. 11 Modalità del trattamento e requisiti dei dati personali si specifica che: "1. I dati personali oggetto di trattamento sono: a) trattati in modo lecito e secondo correttezza; b) raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi; c) esatti e, se necessario, aggiornati; d) pertinenti, completi e non eccedenti rispetto alle finalità per le quali sono raccolti o successivamente trattati; e) conservati in una forma che consenta l'identificazione dell'interessato per un periodo di tempo non superiore a quello necessario agli scopi per i quali essi sono stati raccolti o successivamente trattati. 2. I dati personali trattati in violazione della disciplina rilevante in materia di trattamento dei dati personali non possono essere utilizzati".
I dati registrati devono esser quindi trattati e tenuti nella massima sicurezza ed inaccessibilità ad estranei. In merito si è chiarito nel Provvedimento in materia di Videosorveglianza del 2010 3.3.1. Misure di sicurezza. Qui è previsto un lavoro fatto di, "idonee e preventive misure di sicurezza", onde evitare che in modo anche solo accidentale i dati vengano compromessi o distrutti, come pure che terzi estranei possano manipolarli o utilizzarli per scopi non permessi e/o comunque diversi dall'originale finalità di raccolta, "anche in relazione alla trasmissione delle immagini (art. 31 e ss. del Codice)". Ne consegue l'obbligo di adottare "specifiche misure tecniche ed organizzative che consentano al titolare di verificare l'attività espletata da parte di chi accede alle immagini o controlla i sistemi di ripresa (se soggetto distinto dal titolare medesimo, nel caso in cui questo sia persona fisica)".
Alla luce di quanto sopra, una prima considerazione riguarda innanzitutto l'uso del buon senso assembleare nel valutare bene la necessità d'installazione di un sistema di videosorveglianza, disponendo in tal caso l'utilizzo meno invasivo possibile, pur nel rispondere all'esigenza di controllo per sicurezza. Una Volta registrate le immagini, il Garante opta usualmente per farle rimanere in archivio tra le 24 e le 48 ore, non di più, eccezion fatta per il caso dl utilizzo da parte delle autorità di pubblica sicurezza.
Nel Provvedimento 2010, al punto. 3.2.1. (verifica preliminare), si evince tutta la delicatezza nel raccogliere e trattare dati personali, e la labilità del confine tra necessità di sicurezza ed invasione nella sfera privata: una valutazione preliminare, tenendo conto anche di eventuali altri sistemi di protezione già attivi in condominio, quali ad esempio portoni blindati etc., è fondamentale onde evitare di cadere in un eccesso ingiustificato e perseguibile. "I trattamenti di dati personali nell'ambito di una attività di videosorveglianza devono essere effettuati rispettando le misure e gli accorgimenti prescritti da questa Autorità come esito di una verifica preliminare attivata d'ufficio o a seguito di un interpello del titolare (art. 17 del Codice), quando vi sono rischi specifici per i diritti e le libertà fondamentali, nonché per la dignità degli interessati, in relazione alla natura dei dati o alle modalità di trattamento o agli effetti che può determinare.
In tali ipotesi devono ritenersi ricompresi i sistemi di raccolta delle immagini associate a dati biometrici. L'uso generalizzato e incontrollato di tale tipologia di dati può comportare, in considerazione della loro particolare natura, il concreto richiamo del verificarsi di un pregiudizio rilevante per l'interessato, per cui si rende necessario prevenire eventuali utilizzi impropri, nonché possibili abusi. Ad esempio, devono essere sottoposti alla verifica preliminare di questa Autorità i sistemi di videosorveglianza dotati di software che permetta il riconoscimento della persona tramite collegamento o incrocio o confronto delle immagini rilevate (es. morfologia del volto) con altri specifici dati personali, in particolare con dati biometrici, o sulla base del confronto della relativa immagine con una campionatura di soggetti precostituita alla rilevazione medesima.
Un analogo obbligo sussiste con riferimento a sistemi c.d. intelligenti, che non si limitano a riprendere e registrare le immagini, ma sono in grado di rilevare automaticamente comportamenti o eventi anomali, segnalarli, ed eventualmente registrarli. In linea di massima tali sistemi devono considerarsi eccedenti rispetto alla normale attività di videosorveglianza, in quanto possono determinare effetti particolarmente invasivi sulla sfera di autodeterminazione dell'interessato e, conseguentemente, sul suo comportamento. Il relativo utilizzo risulta comunque giustificato solo in casi particolari, tenendo conto delle finalità e del contesto in cui essi sono trattati, da verificare caso per caso sul piano della conformità ai principi di necessità, proporzionalità, finalità e correttezza (artt. 3 e 11 del Codice) (omissis)".

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