Vi sono due diverse modalità per la ripartizione della spesa del riscaldamento a seguito dell’adozione dei sistemi di contabilizzazione e termoregolazione.
La prima è il rinvio fatto dall’articolo 9 comma 5 lettera d) del D. Lgs. 102/2014, alla norma UNI 10200. Alla data odierna è in vigore la norma approvata nel 2015. E’ però all’esame dell’UNI la nuova versione che, presumibilmente vedrà la luce entro la fine del corrente anno 2016 o nei primi mesi del 2017. Tale ultima norma, tra le altre cose, dovrebbe anche contenere i criteri di calcolo per la ripartizione nelle così dette “seconde case”, caratterizzate da una occupazione discontinua.
Ricorrendo alla norma UNI occorre anche procedere
al calcolo della nuova tabella millesimale per la
ripartizione delle dispersioni di rete, della manutenzione
ordinaria, del terzo responsabile e della
forza motrice.
Negli edifici serviti da un impianto di distribuzione
verticale sarà anche necessario calcolare le
dispersioni della rete, solitamente espresse in una
percentuale.
In caso, invece, di distribuzione a zona (o così
detta orizzontale) tale determinazione non è necessaria.
Infatti la quantità delle dispersioni viene
calcolata a seguito di differenza tra la somma dei
consumi rilevati nelle singole unità immobiliari
ed il totale complessivo dei consumi dell’edificio.
Non sembrerebbe infatti possibile continuare ad
utilizzare la precedente tabella millesimale del
riscaldamento solitamente calcolata in base alla
superficie scaldante o ai metri quadri. Tale criterio
di formazione dei millesimi non è più rispettoso
del criterio proporzionale in quanto ciò
che rileva è la quantità di energia potenzialmente
necessaria per raggiungere il grado di comfort (il
fabbisogno energetico).
Si ritiene che la delibera contraria all’adozione
della nuova tabella a favore di quella precedente
sia viziata da nullità. Riflessioni sul punto portano
a ritenere il D. Lgs. 102/2014, il quale richiama
la UNI 10200, norma imperativa e, in quanto tale, non derogabile.
E’ la stessa norma UNI 10200 a prevedere che per
il calcolo dei nuovi millesimi sia necessario il ricorso
al fabbisogno energetico delle singole unità
immobiliari.
Ai fini del calcolo del fabbisogno energetico, il
tecnico dovrà utilizzare le norme UNI TS 11300
ma non dovrà ignorare quanto previsto dall’articolo
68 comma 2 delle disposizioni di attuazione
del codice civile.
Non dovranno quindi essere considerate quelle migliorie
apportate all’interno delle singole unità immobiliari
anche se le stesse hanno effettivamente
diminuito il fabbisogno energetico. Non dovranno
quindi essere considerati i doppi vetri o le eventuali
coibentazioni interne dei singoli alloggi.
Tali interventi vedranno una minore necessità di
prelievo di calore e, quindi, una riduzione della
quota a consumo.
Diverso è il caso del nuovo criterio di ripartizione
della spesa introdotto dal D. Lgs. 141/2016 che
ha apportato integrazioni al D. Lgs. 102/2014.
Qualora siano comprovate, tramite apposita relazione
tecnica asseverata, differenze di fabbisogno
termico per metro quadro tra le unità immobiliari
costituenti il condominio o l’edificio polifunzionale
superiori al 50 per cento, l’assemblea potrà
decidere se applicare o meno la UNI 10200.
In tale seconda ipotesi, non sarà nemmeno più
necessario calcolare la nuova tabella millesimale.
E’ la legge stessa, in questo caso, a dettare il criterio
per la ripartizione delle dispersioni di rete e
degli altri costi.
Il calcolo del fabbisogno, però, deve essere effettuato
ugualmente. In questo caso, tuttavia, non
essendo lo stesso necessario per calcolare una
proporzione, ma dovendo invece effettuare una
“fotografia” dell’edificio in termini di fabbisogni,
il tecnico dovrà considerare lo stato attuale
dell’involucro edilizio, comprendendo, così, anche
le migliorie quali, ad esempio, i doppi vetri.
Non appare di immediata interpretazione il riferimento
alla differenza.
Verrebbe da ritenere che il riferimento al metro quadro
indichi la necessità di individuare il fabbisogno
di ciascuna unità immobiliare. Questi, sommati tra
loro, consentiranno di individuare la media del fabbisogno
per l’intero edificio. Tale dato dovrebbe essere
il riferimento per verificare la differenza.
In ogni caso il riferimento al fabbisogno è tale da
far sì che non debbano essere considerati solo gli
appartamenti posti all’ultimo piano o al piano pilotis,
ma anche, ad esempio, i fabbisogni di quelli
esposti a nord.
Nel caso in cui le differenze dovessero essere superiori
al 50%, l’assemblea potrà decidere di non
applicare la norma UNI 10200.
Sussistendo tale differenza, non sembrerebbe di
intendere che sia obbligatorio non applicare la
norma UNI, ma venga lasciata all’assemblea la facoltà
di scegliere.
Non avendo previsto una maggioranza, si ritiene
che la stessa potrebbe essere quella necessaria per
l’approvazione del nuovo criterio ai sensi dell’articolo
26 comma 5 legge 10/1991: la maggioranza
degli intervenuti e almeno la metà dei millesimi.
Non avendo previsto una maggioranza, si ritiene
che la stessa potrebbe essere quella necessaria per
l’approvazione del nuovo criterio ai sensi dell’articolo
26 comma 5 legge 10/1991: la maggioranza
degli intervenuti e almeno la metà dei millesimi.
Questi, infatti, servono a compensare le dispersioni
dall’involucro. La norma, invece, richiama
espressamente i soli prelievi, indipendentemente
dalla necessità che li ha creati (le dispersioni).
La restante parte potrà essere ripartita con criteri
diversi rispetto alla tabella millesimale prevista
dalla UNI 10200 quali, ad esempio, i metri quadri
o i metri cubi utili, oppure secondo le potenze
installate. Probabilmente la vecchia tabella millesimale del riscaldamento soddisfa tali requisiti e
potrebbe essere nuovamente utilizzata.
Non applicando la UNI 10200, sarà l’assemblea a
decidere che al massimo il 30% potrà essere ripartito
sulla base dei criteri indicati dal legislatore.
Non sembrerebbe più necessario procedere a far
calcolare le dispersioni di rete.
In ogni caso, sembra che nemmeno nella parte
percentuale residuale sia possibile utilizzare criteri
di ripartizione che facciano riferimento alle
dispersioni dall’involucro. Quindi nemmeno in
questa sede possono essere introdotti i coefficienti
correttivi.
Si avrebbe pertanto una norma che consente di
non ricorrere alla UNI 10200 qualora vi siano
forti differenze di fabbisogno determinate dalle
dispersioni. Tuttavia, nella determinazione del
criterio di ripartizione, le dispersioni dalle parti
comuni non possono essere utilizzate per la determinazione
dei criteri di ripartizione.
Per la quota a consumo, che deve essere almeno il
70% della spesa ripartita sulla base degli effettivi
prelievi volontari di energia termica utile (cioè il
calore rilasciato dai termosifoni), non sembrerebbe
vi siano rilevanti differenze in caso di applicazione
o meno della UNI 10200.
La differenza tra le due ipotesi sembra limitata
alla ripartizione dei restanti costi nella parte in
cui, non dovendo utilizzare il fabbisogno energetico
al fine del calcolo della tabella millesimale,
gli appartamenti sfavoriti non vengono penalizzati
due volte.
Non vi dovrebbero essere risparmi in riferimento
al professionista.
Infatti, senza il calcolo del fabbisogno, l’assemblea
non ha gli strumenti per effettuare la scelta
consentita dal legislatore.
In ogni caso, quindi, occorre il calcolo del fabbisogno.
di Edoardo Riccio
Coordinatore Giuridico CSN
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