giovedì 17 novembre 2016

TELECAMERA IN CONDOMINIO: APPROVAZIONE IN ASSEMBLEA E RIPARTIZIONE DEI COSTI

Il nuovo art. 1122 - ter c.c., (aggiornato appunto con legge 11 dicembre 2012 n. 220), che riguarda proprio gli impianti di videosorveglianza sulle parti comuni, disciplina in merito: "le deliberazioni concernenti l'installazione sulle parti comuni dell'edificio di impianti volti a consentire la videosorveglianza su di esse sono approvate dall'assemblea con la maggioranza di cui al comma 2 dell'art 1136". Secondo tale comma, in materia di costituzione dell'assemblea e validità delle deliberazioni sono pertanto individuati nuovi quorum decisionali rispetto al passato, oggi si ritiene necessaria infatti la maggioranza (50%+1 dei votanti, anche con delega) dei presenti e che questi rappresentino almeno la metà dell'intero valore dell'edificio.
Un punto che ha dato luogo a dibattito riguarda l'opportunità di chiamare in qualche modo in causa con potere decisionale, anche i conduttori dei condomini e non solo i proprietari. La questione ha fatto discutere a lungo, animando la giurisprudenza, tanto da spingere l'Autorità Garante a porre ufficialmente la questione nel 2008, all'interno della sua segnalazione al Parlamento ed al Governo n. 1523997. La richiesta è stata motivata dal fatto che il conduttore vive abitualmente nel condominio e quindi qui transita costantemente ed è ripreso nelle aree sottoposte a videosorveglianza: alla luce di questo, poiché appunto ripreso di continuo, dovrebbe avere possibilità di decisione proprio sulla questione dell'installazione o meno delle telecamere. Su tale diritto del conduttore, al punto 4 della Segnalazione, il Garante ha fatto osservare che: "Il profilo in esame non è regolato da una puntuale disciplina. Esso non trova (né avrebbe potuto trovare) espressa regolamentazione nel codice civile del 1942; né, è chiaro, pur applicando i principi generali, se l'installazione di sistemi di videosorveglianza possa essere effettuata in base alla sola volontà dei (com)proprietari (omissis) o se rilevi anche la volontà di coloro che rivestono la qualità di conduttori". Alla luce della riforma del 2012, si può evincere che si è optato per coinvolgere nella decisione d'installazione i soli comproprietari.
Per quanto concerne la ripartizione dei costi da sostenere da parte dei condomini, chiarisce l'art. 1123 c.c., secondo cui: "le spese necessarie per la conservazione e per il godimento delle parti comuni dell'edificio, per la prestazione dei servizi nell'interesse comune e per le innovazioni deliberate dalla maggioranza sono sostenute dai condomini in misura proporzionale al valore della proprietà di ciascuno, salvo diversa convenzione (omissis)". Alla luce di quanto qui disposto, si evince quindi che il costo dell'installazione di telecamere atte alla videosorveglianza deve essere ripartito tra i comproprietari in ragione del valore della propria porzione immobiliare condominiale, a meno che l'assemblea non decida, motivando, per una ripartizione in parti uguali, senza quindi far differenze di valore delle singole porzioni proprietarie. Quest'ultima opzione di criterio di ripartizione fra tutti i condomini, troverebbe la sua giustificazione nel fatto che la videosorveglianza in condominio apporterebbe un uguale beneficio per tutti quanti.
La riforma del 2012, ha confermato anche il criterio di dovere di partecipazione di tutti i comproprietari alla ripartizione delle spese comuni, in considerazione del principio per cui nessuno può dirsi esentato dal godere del beneficio di un impianto che va a coprire la videosorveglianza dell'intero stabile. A riguardo c'è anche l'art. 1118 del c.c., in merito ai diritti dei partecipanti sulle parti comuni. "Il diritto di ciascun condomino sulle parti comuni, salvo che il titolo non disponga altrimenti, è proporzionale al valore dell'unità immobiliare che gli appartiene. Il condomino non può rinunziare al suo diritto sulle parti comuni. Il condomino non può sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni, neanche modificando la destinazione d'uso della propria unità immobiliare, salvo quanto disposto da leggi speciali (omissis)". Vediamo pertanto che il legislatore ha voluto qui rafforzare il concetto di non ammissibilità di rinuncia al proprio diritto di godimento delle cose comuni, sia alla luce del bene comune superiore, quanto del fatto che pur ricusando in teoria, visto la natura del bene ed il contesto di godimento, si troverebbe di fatto a beneficiarne comunque.
Procedendo alla realizzazione dell'impianto, ci sono dei criteri di cui tenere conto in maniera inderogabile, primo fra tutti quello che riguarda la tutela della privacy di quanti vengono ripresi dalle telecamere di videosorveglianza.

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