mercoledì 27 dicembre 2017

Delrio: Fs Anas, il dado è tratto - Un grande gruppo di infrastrutture

 Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio dichiara: "Con i decreti Mit e Mef firmati ieri il Governo ha dato il via libera al grandissimo gruppo industriale e infrastrutturale di Fs e Anas.
Il Governo ha pianificato decine di miliardi di investimenti su più anni per ferrovie e strade prioritarie, per rendere più competitivo il Paese. Il Gruppo Fs, con Anas, ha la forza necessaria per la realizzazione ed esecuzione di opere e progetti integrati, disponendo di 108 mld di investimenti in dieci anni e 81 mila dipendenti.

Un grande risultato per connettere l'Italia sempre meglio nei suoi collegamenti nazionali e internazionali, puntando alla sostenibilità ed efficacia delle reti e degli investimenti. Attendiamo gli ultimi definitivi passaggi, ma il dado è tratto."
Continua a leggere...

martedì 26 dicembre 2017

Equo compenso: il comune di Solarino revoca il bando a 1 euro

Arrivano i primi effetti concreti del provvedimento per cui si è fortemente battuto il CNI. 



L’introduzione dell’equo compenso comincia a dare i suoi frutti. Nei giorni immediatamente precedenti l’adozione del provvedimento da parte del Governo, dopo quello celebre del Comune di Catanzaro, il Consiglio Nazionale Ingegneri aveva segnalato un nuovo caso di bando relativo ad incarico professionale per l’importo di 1 euro. 

Protagonista, stavolta, il Comune di Solarino (SR). Ebbene in data 11 dicembre 2017 il Settore Urbanistica e Lavori Pubblici della suddetta amministrazione ha revocato l’avviso pubblico relativo agli incarichi professionali per i lavori di efficientamento energetico di due scuole statali per “sopravvenuta norma imperativa”. 

Nella determinazione si legge che è stato introdotto “l’obbligo per la pubblica amministrazione di attenersi al principio dell’equo compenso nelle prestazioni professionali rese in esecuzione di incarichi conferiti successivamente alla sua entrata in vigore” e che quindi la procedura attivata dall’amministrazione “adesso risulta in contrasto con la nuova norma sull’equo compenso per cui i relativi avvisi pubblici verranno ritirati in autotutela”. 

Finalmente le pubbliche amministrazioni – commenta Armando Zambrano, Presidente del CNIcominciano ad adeguarsi ai principi dell’equo compenso, che tutelano, al tempo stesso, la qualità e la dignità del lavoro dei professionisti. L’entrata in vigore dell’equo compenso ha convinto il Comune di Solarino a ritirare il suo scandaloso bando. Da una verifica fatta dai nostri organismi ordinistici siciliani provinciali e regionali, abbiamo appreso che in assenza di questo provvedimento il bando avrebbe fatto il suo corso, sulla scorta dell’assurda sentenza del Consiglio di Stato relativa al Comune di Catanzaro. L’equo compenso ha messo fine a tutto questo. Ciò ad ulteriore conferma di quanto importante sia stato per tutti i professionisti italiani vincere questa battaglia”.
Continua a leggere...

Online i Quaderni dell’Osservatorio, l’approfondimento tematico delle Entrate sul mercato immobiliare


Sul sito www.agenziaentrate.gov.it sono disponibili da oggi i Quaderni dell’Osservatorio, l’approfondimento annuale sul mercato immobiliare a cura della Direzione centrale Omise dell’Agenzia delle Entrate. In questo numero l’attenzione si concentra sui mutui ipotecari e sulla trasparenza del mercato immobiliare. 

Focus sui mutui ipotecari - Nel primo contributo del nuovo numero vengono analizzati i mutui ipotecari finalizzati all’acquisto di un’abitazione, passando in rassegna la durata, la rata media, i tassi di interesse e provando a definire dei criteri metodologici di classificazione dell’intero universo dei mutui ipotecari. Dalle analisi emerge che nel periodo 2011-2016 risultano circa 4,7 milioni di immobili ipotecati a garanzia di mutui. La metà di essi è contenuta in atti inerenti prevalentemente le abitazioni e le relative pertinenze, con una quota che raggiunge il 56,4% nel 2016, dopo essere scesa al 50% circa nel periodo più acuto della crisi del settore immobiliare. Nell’intero periodo analizzato (2011-2016) l’ammontare di capitale di debito mobilizzato a fronte di garanzie immobiliari, mediante mutui, è stato pari a circa 400 miliardi. Di questi, poco meno della metà, sempre nello stesso periodo, ha finanziato (anche parzialmente) gli acquisti sul mercato immobiliare. 

La trasparenza del mercato immobiliare tra big data e valutazioni oggettive - Il secondo approfondimento tratta il tema della trasparenza applicato al mercato immobiliare. Il lavoro si concentra sulla misurazione della trasparenza, approfondendo l’indice GRETI elaborato dalla società Jones Lang LaSalle (JLL), e sull’impatto delle nuove tecnologie sull’informazione economica immobiliare, presentando due casi studio relativi al portale immobiliare Zillow e al Catasto inglese. Vengono fatte, inoltre, delle considerazioni sulle sfide in tema di privacy e sull’utilizzo dei big data e open data a fini statistici. Il terzo contributo affronta, infine, un tema di ricerca e sviluppo del Settore Servizi Estimativi della Direzione Centrale Omise relativo al processo di determinazione dei prezzi impliciti, necessari per applicare il metodo estimativo del confronto di mercato in maniera più trasparente e oggettiva possibile. 

Spazio anche a commenti e riflessioni - La seconda parte dei Quaderni dell’Osservatorio, dedicata a contributi anche esterni, ospita un’intervista al prof. Massimo Biasin, professore ordinario di Economia degli Intermediari Finanziari presso l’Università degli Studi di Macerata, sul tema della finanza immobiliare e, in particolare, dei fondi immobiliari. Chiude questo numero un lavoro di Gabriele Ruiu, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali dell’Università degli Studi di Sassari, che indaga sulla sussistenza di una possibile relazione significativa tra andamenti demografici e andamenti dei prezzi delle abitazioni, in base alla variazione della domanda.
Continua a leggere...

Canone tv 2018, c’è tempo fino al 31 gennaio per presentare la dichiarazione di non detenzione dell’apparecchio televisivo ma è preferibile anticipare i tempi



I cittadini che non sono in possesso di un apparecchio televisivo possono comunicarlo all’Agenzia delle Entrate fino al 31 gennaio 2018, utilizzando il modello di dichiarazione sostitutiva di non detenzione, disponibile online. Tuttavia, dal momento che la prima rata del canone tv per l’anno 2018 scatta già a partire dal prossimo mese di gennaio, per evitare il primo addebito - e quindi di dover poi richiedere il rimborso - è preferibile presentare la dichiarazione sostitutiva in via telematica entro la fine di dicembre (o entro il 20 dicembre se viene presentata per posta in forma cartacea). 

La dichiarazione di non detenzione - La Legge di Stabilità 2016 ha introdotto, dal 2016, la presunzione di detenzione dell’apparecchio tv nel caso in cui esista un’utenza elettrica nel luogo in cui una persona ha la propria residenza anagrafica e ha previsto che, per i titolari di una utenza elettrica di tipo residenziale, il pagamento del canone tv per uso privato avvenga mediante addebito sulla bolletta elettrica, in 10 rate mensili, da gennaio a ottobre di ogni anno. Per superare questa presunzione ed evitare quindi l’addebito in fattura, i cittadini che non possiedono l’apparecchio televisivo devono presentare una dichiarazione sostitutiva all’Agenzia delle Entrate, con cui dichiarano che in nessuna delle abitazioni per le quali il dichiarante è titolare di un’utenza elettrica è detenuto un apparecchio tv (da parte del dichiarante stesso o di altro componente della famiglia anagrafica). Il modello può essere utilizzato anche da un erede per dichiarare che nell’abitazione in cui l’utenza elettrica è ancora temporaneamente intestata a un soggetto deceduto, non è presente alcun apparecchio tv. 

Come presentare la domanda - Il modello di dichiarazione sostitutiva è disponibile sui siti internet dell’Agenzia delle Entrate www.agenziaentrate.gov.it e della Rai www.canone.rai.it. I contribuenti possono inviarlo direttamente, tramite un’applicazione web disponibile sul sito internet delle Entrate, utilizzando le credenziali Fisconline o Entratel rilasciate dall’Agenzia. In alternativa, i cittadini possono avvalersi degli intermediari abilitati (Caf e professionisti) per la presentazione telematica della dichiarazione sostitutiva. Nei casi in cui non sia possibile l’invio telematico, è prevista la presentazione del modello, insieme a un valido documento di riconoscimento, tramite servizio postale, in plico raccomandato senza busta all’indirizzo: Agenzia delle Entrate Ufficio di Torino 1, S.A.T. – Sportello abbonamenti tv – Casella Postale 22 – 10121 Torino. La dichiarazione sostitutiva può essere presentata anche tramite posta elettronica certificata, firmata digitalmente, all’indirizzo cp22.sat@postacertificata.rai.it. La dichiarazione di non detenzione ha validità annuale: va presentata ogni anno se ne ricorrono i presupposti. 

 E’ preferibile anticipare la presentazione - La dichiarazione sostitutiva può essere presentata fino al 31 gennaio 2018 per avere effetto per il canone dovuto per tutto il 2018: tuttavia, poiché l’addebito della prima rata di canone tv partirà già dal mese di gennaio 2018, è consigliabile presentare la dichiarazione di non detenzione entro il mese di dicembre (entro fine mese per la presentazione telematica, entro il 20 dicembre per la presentazione tramite posta) per essere sicuri di evitare eventuali addebiti in bolletta e di dover presentare, successivamente, un’istanza di rimborso. 

Per ulteriori informazioni è possibile consultare la specifica sezione dedicata al canone tv sui siti internet dell’Agenzia delle Entrate e della Rai.
Continua a leggere...

Amazon pagherà al Fisco italiano 100 milioni di euro

Firmato l’accertamento con adesione 



L’Agenzia delle Entrate e Amazon siglano l’accertamento con adesione per risolvere le potenziali controversie relative alle indagini fiscali, condotte dalla Guardia di Finanza e coordinate dalla Procura della Repubblica di Milano, relative al periodo tra il 2011 e il 2015. Amazon pagherà nel complesso 100 milioni di euro.

Gli importi sono riferibili sia ad Amazon EU S.ar.l che ad Amazon Italia Services srl. Con Amazon sarà inoltre ripreso il percorso, a suo tempo sospeso a seguito dei controlli attivati, finalizzato alla stipula di accordi preventivi per la corretta tassazione in Italia in futuro delle attività riferibili al nostro Paese.

L’Agenzia conferma il suo impegno nel perseguire una politica di controllo fiscale attenta alle operazioni in Italia delle multinazionali del web.
Continua a leggere...

ONLINE il nuovo sito dell'Agenzia delle Entrate

Online il nuovo portale dell’Agenzia delle Entrate 
Tra le novità ricerca dinamica per i servizi fiscali 
Contenuti “su misura” per ogni categoria di utenti 
Ruffini: “Cittadini in cima alle nostre priorità, superata la logica dell’adempimento”


Un motore di ricerca “intelligente” che guida il cittadino al servizio giusto, contenuti “tarati” sugli utenti e non sulle attività dell’Amministrazione, aree tematiche con le informazioni sugli argomenti più attuali. È online il nuovo portale dell’Agenzia delle Entrate, realizzato insieme al partner tecnologico Sogei in base alle linee guida di design per i siti web delle Pa dell’Agid e secondo l’approccio mobile first, per essere fruito innanzitutto da dispositivi mobili. In linea con le priorità dell’Agenzia, che intende mettere il cittadino al centro della sua azione, il sito si rivolge a ciascun target (cittadini, imprese, professionisti, intermediari, Enti e Pa) con linguaggio, contenuti e servizi più appropriati. A partire dalla home page, in cui trovano spazio le nuove “aree tematiche” con gli argomenti di maggior interesse. 

Servizi più facili da trovare con la ricerca dinamica - Più attenzione ai servizi nella nuova release: per quelli utilizzati più frequentemente si apre una corsia preferenziale direttamente dalla home page. Per tutti gli altri, un motore di ricerca “intelligente” risponde in maniera dinamica alle parole chiave inserite e consente di impostare il filtro per tipologia di servizio o di utenza. Una volta raggiunto il servizio, l’utente ha a disposizione una pagina con una breve scheda informativa e gli strumenti necessari per usarlo.

La tecnologia al servizio delle persone - Oltre a garantire gli standard di accessibilità e usabilità, il nuovo portale, progettato secondo l’approccio mobile first, è completamente responsive, ossia fruibile da diversi dispositivi (smartphone, tablet, desktop), anche grazie alla nuova veste grafica, lineare e intuitiva. In linea con le indicazioni dell’Agid, l’architettura del nuovo sito è stata messa a punto dopo un’analisi degli effettivi bisogni degli utenti. Cinque i profili chiave individuati: cittadini, imprese, professionisti, intermediari, enti e Pa, a ciascuno dei quali vengono forniti informazioni e servizi specifici. Sono tarate sulle esigenze informative dei cittadini, per esempio, le nuove aree tematiche in home page (“casa”, “canone tv”, “se l’Agenzia ti scrive”, ecc.) che raccolgono in un unico contenitore le principali informazioni, guide e approfondimenti sui temi più “cliccati” o attuali. Risorse dedicate agli utenti “più esperti”, invece, sono provvedimenti, documenti di prassi, modelli, software e specifiche tecniche, raggiungibili sempre dalla home page. In primo piano anche le ultime novità fiscali, i canali di contatto sui social media, “l’Agenzia comunica” (con la sala stampa, le guide fiscali e le riviste telematiche dell’Agenzia), il portale di Agenzia delle entrateRiscossione e il sito sulla dichiarazione precompilata. 

Agenziaentrate.gov.it in numeri - Dal 1° gennaio al 30 novembre 2017 il sito internet dell’Agenzia ha già registrato 125 milioni di visite da parte di 50 milioni di visitatori unici. Le pagine più “cliccate” dei servizi ad accesso libero sono quella per il calcolo del bollo auto in base alla targa del veicolo, che ha raggiunto oltre 4,9 milioni di visite e quella per il controllo delle partite Iva comunitarie, che ne ha registrate più di 3,8 milioni (il servizio consente agli operatori titolari di una partita Iva che effettuano cessioni intracomunitarie di verificare il numero di identificazione Iva dei loro clienti). Infine, è stata visitata quasi 4 milioni di volte la pagina relativa agli strumenti per gli “addetti ai lavori”: codici, modelli, software, specifiche tecniche, ecc. Ma gli utenti accedono al sito anche per utilizzare i servizi online. Con pin e password dell’Agenzia, infatti, è possibile inviare la dichiarazione dei redditi, registrare un contratto di locazione, trasmettere una denuncia di successione, fare una visura catastale o dialogare con le Entrate senza andare allo sportello. I dati mostrano un trend in crescita: il numero delle dichiarazioni inviate direttamente dai cittadini, per esempio, è aumentato da 1,4 milioni del 2015 a 2,5 milioni del 2017. Quest’anno oltre 1 milione e 100mila contratti di locazione, il 63,5% del totale, è stato registrato online tramite la procedura “Rli”, il canale dei servizi telematici che permette di compilare e inviare via web la richiesta di registrazione dei contratti di locazione di immobili. Nei primi 11 mesi del 2017, inoltre, oltre 800mila istanze sono state gestite entro 3 giorni dalla presentazione tramite Civis, il servizio che consente di chiedere direttamente in rete assistenza sulle comunicazioni di irregolarità e sulle cartelle di pagamento da controllo automatizzato delle dichiarazioni, di inviare i documenti in caso di controllo formale e di correggere le deleghe di pagamento F24.
Continua a leggere...

Le spese per la manutenzione e “sostituzione” delle scale: chi paga?

La Suprema Corte ha affermato che le scale, essendo mezzo indispensabile per accedere al tetto ed al terrazzo di copertura, conservano, in mancanza di titolo contrario, la qualità di parti comuni, come indicato nell’art. 1117 c.c.


1. - L’art. 1224, primo comma, c.c., dopo avere premesso che le scale egli ascensori sono mantenuti e “sostituiti” dai proprietari delle unità immobiliari a cui servono, aggiunge che a spesa relativa è ripartita tra essi, per metà in ragione del valore delle singole unità immobiliari e per l’altra metà esclusivamente in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo.
Il secondo comma, poi, precisa che al fine del concorso nella metà della spesa che è ripartita in ragione del valore l’altezza si considerano come piani le cantine, i palchi morti, le soffitte o camere a tetto e i lastrici solari qualora non siano di proprietà comune.
Il legislatore ha inteso stabilire che contribuiscono alle spese da ripartire in base al valore anche quelle parti dell’edificio servite dalle scale che non possono considerarsi unità immobiliari nel senso in cui tale espressione è utilizzata nelle disposizioni in tema di condominio, pur avendo una loro autonomia fisica (i lastrici solari non in proprietà comune), oppure che hanno caratteristiche tali da non consentirne la normale vivibilità (i palchi morti, le soffitte o camere a tetto) oppure ancora costituiscono pertinenze di unità immobiliari servite dalle scale (le cantine).
Il primo problema interpretativo che tali disposizioni pongono consiste nello stabilire se alle spese ripartite in base ai millesimi devono contribuire anche i proprietari dei locali a piano terra e dei locali strada, i quali non utilizzano le scale per accedere a tali unità immobiliari.
Recentemente la S.C. ha affermato che le scale, essendo mezzo indispensabile per accedere al tetto ed al terrazzo di copertura, conservano, in mancanza di titolo contrario, la qualità di parti comuni, come indicato nell’art. 1117 c.c., anche relativamente ai proprietari di negozi o locali terranei con accesso dalla strada, poiché anche tali condomini ne fruiscono, quantomeno in ordine alla conservazione e manutenzione dell’edificio; ne consegue l’applicabilità della tabella millesimale generale ai fini del computo del quorum per la ripartizione delle spese di manutenzione straordinaria (ed eventualmente ricostruzione) cui anche detti condomini sono obbligati a concorrere in rapporto ed in proporzione all’utilità che possono in ipotesi trarne.
Prima di procedere alla critica della correttezza della conclusione cui è pervenuta la S.C., pur partendo dalla esatta premessa che le scale sono comuni anche ai proprietari dei locali a piano terra o esterni con accesso dalla strada, non si possono non rilevare alcune perplessità che suscita la “massima” trascritta.
Non è esatto, in primo luogo, che le scale consentano sempre l’accesso al tetto ed al lastrico solare. E’ difficile, poi, comprendere il senso della affermazione che i condomini di cui si discute fruiscono delle scale “quantomeno in ordine alla conservazione e manutenzione dell’edificio”.
La menzione del “computo del quorum per la ripartizione delle spese” non tiene conto il termine quorum è riferibile al calcolo delle maggioranze assembleari.
Ugualmente non si comprende il senso del riferimento alla tabella millesimale generale, che comporterebbe l’obbligo anche dei condomini di cui si discute di contribuire in base al valore delle unità immobiliari di cui sono proprietari, se poi contraddittoriamente si afferma che la misura della contribuzione deve essere determinata in base all’utilità che a tali condomini forniscono le scale e che pertanto dovrebbe essere prevista da una tabella millesimale ad hoc.
Venendo al merito del problema, la lettera della legge sembra contrastare con la conclusione cui è giunta la S.C., in quanto individua i soggetti su cui gravano le spese relative alle scale nei “proprietari delle unità immobiliari a cui servono”.
Se il legislatore avesse voluto stabilire che l’obbligo di contribuzione grava anche a carico dei proprietari dei locali di cui si discute, avrebbe usato una formulazione diversa, analoga a quella dell’art. 1123, secondo comma, c.c., cioè avrebbe previsto tale obbligo a carico di tutti i condomini e in misura proporzionale all’utilità che essi possono trarre dalle scale.
Dalla interpretazione proposta dalla S.C., poi, risulterebbe una improbabile dimenticanza del legislatore, il quale, pur dovendo essere a conoscenza che anche i proprietari di locali a piano terra o esterni all’edificio possono accedere ad altre parti comuni (il tetto e il lastrico solare) utilizzando le scale ha posto le spese che le riguardano a carico soltanto dei condomini che se ne servono per accedere alle unità immobiliari in loro proprietà esclusiva.
Sembra pertanto preferibile ritenere che il legislatore non ha tenuto conto di tali elementi quando nell’art. 1123, ultimo comma, e nell’art. 1124 c.c. ha posto le spese di manutenzione delle scale a carico dei soli condomini che traggano utilità ai fini dell’accesso alle unità immobiliari in loro proprietà esclusiva.
A ciò si deve aggiungere che, come rilevato dalla stessa S.C., sarebbe difficile accertare l’entità della utilità alla quale fa riferimento può l’orientamento in questione, va osservato che, basandosi il criterio dettato dall’art. 1124 c.c. sul presupposto che le scale servano per accedere ad unità immobiliari di proprietà esclusiva, esso non essere applicato per calcolare l’eventuale contribuito nelle spese con riferimento all’ipotesi che le scale servano anche ad accedere a parti comuni.
Ne consegue che non può essere condivida la tesi sostenuta in dottrina , secondo la quale non costituendo il lastrico solare comune un piano a sé, in quanto è comune ai proprietari dei piani dell’edificio, il numero dei piani da conteggiare per la distribuzione della metà della spesa che è ripartita in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo, comprenderà anche il piano terreno, così come comprenderebbe anche le cantine (che verrebbero considerate come un piano a sé) qualora il proprietario di queste fosse proprietario del lastrico solare.
Non si vede, infatti, come si possano addebitare delle spese da ripartire in base all’altezza dei piani dal suolo al proprietario del piano terra, che ha un’altezza dal suolo pari a zero, e al proprietario delle cantine che sono al di sotto del livello del suolo.
Non si può, poi, non rilevare l’iniquità di tale soluzione, in quanto in base i proprietari delle cantine e del piano terra verrebbero a contribuire - sia pure per la sola metà - alle spese delle scale, che non utilizzano per accedere alle loro unità in proprietà esclusiva, sulla base di un criterio dettato per i condomini per i quali, invece, tale utilizzo è normale.


2. - Il secondo problema che pone l’interpretazione dell’art. 1124 c.c. è costituito dall’inserimento delle cantine, unitamente ai palchi morti alle soffitte o camere a tetto ed i lastrici solari che non siano di proprietà comune, tra i “piani” in base al cui valore va ripartita metà della spesa, dal momento che le cantine, di regola, si trovano al di sotto del suolo e quindi, non potrebbero essere considerate come “piani”.
In dottrina è sorto il dubbio se, nel caso in cui la cantina appartiene in proprietà esclusiva al proprietario del piano terreno o ad un terzo estraneo alla comunione e la scala della cantina è collegata alla scale principale, la cantina si debba considerare come piano, per cui il proprietario a contribuire alle spese di tutta la scala (dalla cantina all’ultimo piano) così come avverrebbe per il proprietario della soffitta o del lastrico solare, e si è osservato che la conseguenza, pur essendo coerente alla lettera della legge, urterebbe contro il principio che le spese relative alle scale devono essere sopportate dai proprietari dei diversi piani a cui servono.
In definitiva, le scale di accesso alle cantine devono essere considerate come entità fisiche e giuridiche a sé stanti e non come una semplice parte delle scale dell’edificio . Si è, in proposito, osservato che. se altrimenti si ritenesse, il proprietario del piano terreno, per il semplice fatto di essere titolare di una cantina, sarebbe assurdamente tenuto a contribuire alle spese delle scale dal piano terreno all’ultimo piano, di cui egli non usa.
I proprietari delle altre strutture considerate unitamente alle cantine, infatti, utilizzano la scala “principale” (quella, cioè, che dal piano terra porta all’ultimo piano ed eventualmente anche al tetto o al lastrico solare) per accedere dal piano terra ad esse, anche se, in base all’id quod plerumque accidit, con una intensità minore dei proprietari delle altre unità immobiliari il che giustifica l’obbligo di contribuire in misura ridotta alle spese relative a tale scala.
I proprietari delle cantine, invece, ai fini dell’accesso a tali locali, non utilizzano la scala principale, ma la scala che ha la funzione specifica di consentire tale accesso. 
La menzione delle cantine ha pertanto una diversa giustificazione logica.
L’obbligo di contribuzione è da considerare a carico dei soli proprietari di unità immobiliari cui acceda come pertinenza la cantina e trova il suo fondamento nel fatto che essi per accedere a tale cantina utilizzano, prima in discesa e poi in risalita la scala principale.
Se la cantina appartiene in proprietà esclusiva al proprietario del piano terreno o ad un terzo estraneo alla comunione la scala della cantina è collegata alla scale principale, dovendosi la cantina considerare come piano, dovrebbe obbligarsi il proprietario a contribuire alle spese di tutta la scala (dalla cantina all’ultimo piano) così come avverrebbe per il proprietario della soffitta o del lastrico solare.
In definitiva, quindi, il proprietario di una unità immobiliare cui acceda come pertinenza una cantina dovrà contribuire alle spese per scale per la metà sommando il valore di tale unità immobiliare a quello della cantina.
Il problema è stato creato dalla imperfetta formulazione dell’art. 1124, secondo comma, c.c., quando ha unificato ai fini di un parziale obbligo di contribuzione nelle spese delle scale i proprietari di cantine, palchi morti, soffitte o camere a tetto e lastrici solari non di proprietà comune, come se tale obbligo avesse la stessa ratio, costituita dalla utilizzazione della scala “principale”, che, invece, è diversa per le cantine.


3. - Il legislatore non disciplina espressamente la ripartizione delle spese relative alla scala di accesso alle cantine.
Tali spese devono essere ripartite dai proprietari esclusivi delle cantine in base ai millesimi ove, come in genere accade, le cantine siano tutte ad uno stesso livello.
Ove, invece, le cantine fossero su più livelli, si sostiene che troverebbe applicazione anche il criterio dell’altezza di cui al primo comma dell’art. 1124 c.c., e le altezze si stabilirebbero dal piano delle singole cantine al piano terreno, restando invertita la progressione del concorso, venendo, cioè, ad essere gradualmente aumentata la quota dal basso all’alto.
Si tratta una affermazione che desta perplessità. Se, infatti, si considera che l’art. 1124, primo comma, c.c., nella parte in cui prevede che metà delle spese relative alle scale si ripartisce in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo, è dettata per la scale principale e costituisce norma eccezionale, in quanto deroga al principio secondo il quale tali spese andrebbero ripartite integralmente in base al valore delle singole unità immobiliari che di tali scale si servono, l’estendere tale disposizione alle spese relative alla scala di accesso alle cantine comporta la applicazione analogica (sotto il profilo della analogia iuris) vietata.

di Roberto Triola
già Presidente della Seconda Sezione Civile della Cassazione
Continua a leggere...

È scaduto il termine per la termoregolazione e contabilizzazione



In data 30 giugno 2017 è scaduto il termine per dotare gli impianti di riscaldamento centralizzati dei sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore.

L’obbligo è previsto dal D. Lgs. 102/2014 (successivamente modificato dal D. Lgs. 141/2016) articolo 9 comma 5 lettera b) (per i sistemi di contabilizzazione diretta nei così detti impianti a distribuzione ad anello o orizzontale) e lettera c) (per i sistemi di contabilizzazione indiretta con contestuale installazione di valvole termostatiche nei così detti impianti a distribuzione verticale). Non si ritiene condivisibile l’interpretazione secondo la quale sia sufficiente la sola delibera di dare incarico all’impresa al fine di evitare l’irrogazione della sanzione amministrativa. Per quanto giuridicamente non vincolante, anche il Ministero dello Sviluppo Economico, nella FAQ del mese di giugno 2017 al punto n. 7, ha precisato che la sola delibera non assolve all’obbligo di legge.
Ciò che rileva è se il termine sia o meno stato rispettato.

L’obbligo di adozione dei sistemi di contabilizzazione e di termoregolazione riguarda i condominii e gli edifici polifunzionali.
Sin dalla pubblicazione del Decreto Legislativo 12/2014 sono emersi dubbi interpretativi circa il termine “edifici polifunzionali” così come definito nell’articolo 2 secondo il quale trattasi di “edificio destinato a scopi diversi e occupato da almeno due soggetti che devono ripartire tra loro la fattura dell’energia acquistata”.
Lo stesso MISE (pur sempre con i limiti della valenza giuridica di una FAQ ai fini interpretativi) ha ritenuto che con il termine “edifici polifunzionali” devono essere intesi quegli edifici appartenenti ad un solo proprietario le cui unità immobiliari sono occupate da soggetti diversi (ad esempio in forza di contratti di locazione o di comodato) tra i quali deve essere ripartita la spesa del riscaldamento.
Non vi è un limite numerico minimo e, pertanto, parrebbero ricompresi sia gli edifici composti da due unità immobiliari abitate, magari, da due fratelli con le rispettive famiglie, così come il grattacielo le cui unità immobiliari sono concesse in locazioni a varie società.
Sul punto non vi è alcuna eccezione nemmeno nelle leggi regionali. Ne consegue che anche gli edifici di edilizia popolare devono essere adeguati.
In caso di mancato adeguamento, trovano pertanto applicazione i commi 6 e 7 dell’articolo 16 del citato D. Lgs. 12/2014 i quali, testualmente, recitano: comma 6. Nei casi di cui all’articolo 9, comma 5, lettera b), il proprietario dell’unità immobiliare che non installa, entro il termine ivi previsto, un sotto-contatore di cui alla predetta lettera b), è soggetto ad una sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2500 euro per ciascuna unità immobiliare. La disposizione di cui al presente comma non si applica quando da una relazione tecnica di un progettista o di un tecnico abilitato risulta che l’installazione del contatore individuale non è tecnicamente possibile o non è efficiente in termini di costi o non è proporzionata rispetto ai risparmi energetici potenziali.
Comma 7. Nei casi di cui all’articolo 9, comma 5, lettera c) il proprietario dell’unità immobiliare, che non provvede ad installare sistemi di termoregolazione e contabilizzazione del calore individuali per misurare il consumo di calore in corrispondenza di ciascun corpo scaldante posto all’interno dell’unità immobiliare, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria da 500 a 2500 euro per ciascuna unità immobiliare. La disposizione di cui al primo periodo non si applica quando da una relazione tecnica di un progettista o di un tecnico abilitato risulta che l’installazione dei predetti sistemi non e’ efficiente in termini di costi.
La relazione così detta “esimente” prevista nell’articolo 9 comma 5 lettera c) consente al condominio di non effettuare alcun tipo di intervento. Differentemente, però, dalla versione iniziale della norma, la modifica introdotta con il D. Lgs. 141/2016 non prevede il caso di impossibilità tecnica ma solo la non efficienza in termini di costi con riferimento esclusivamente alla metodologia indicata nella norma UNI EN 15459.
Il professionista abilitato deve quindi effettuare una relazione basata esclusivamente sulla richiamata norma UNI senza aggiungere ulteriori dati. In questo caso la relazione deve essere firmata ma non asseverata.
Tale ultimo requisito è invece obbligatorio per la relazione necessaria ai fini della non applicazione della norma tecnica UNI 10200 per la ripartizione della spesa del riscaldamento. In assenza di questo requisito formale si possono avanzare dubbi sulla validità della delibera stessa. Sarà la giurisprudenza a chiarire se il requisito richiesto sia ad substantiam oppure ad probationem.
L’asseverazione è la procedura che dà valore tra privati o tra privati e la Pubblica Amministrazione alla perizia stragiudiziale, per mezzo del giuramento davanti al Cancelliere presso il Tribunale. Si ricordi che ai sensi dell’art. 26 co. 5 L. 10/1991, gli interventi volti all’adozione dei sistemi di termoregolazione sono “innovazioni”. Ne consegue che di questi deve esserne data notizia presso il catasto degli impianti termici che le Regioni e le Province autonome, devono avere istituito ai sensi del DPR 74/2013 art. 10 co. 4.
Al momento dell’inserimento dell’informazione circa l’avvenuta installazione, occorrerà anche inserire la data.
Non è pertanto certo se la sanzione possa essere irrogata a tutti i condomini che non abbiano eseguito l’intervento entro la data indicata dalla legge (riportata nel CIT) oppure se sia sufficiente che l’intervento sia stato eseguito al momento dell’accertamento da parte dell’ente abilitato dalla Regione.
Ai sensi dell’art. 16 co. 14 D. Lgs. 102/2014, le sanzioni sono irrogate dalle Regioni e dalle Province autonome di Trento e di Bolzano o Enti da esse delegati.
Ciascuna Regione ha quindi regolamentato le modalità di inserimento di tali informazioni.
In caso di mancata effettuazione degli interventi stante la relazione “esimente”, occorre verificare cosa prevede la piattaforma informatica.
In caso di relazione così detta “esimente”, il documento in originale deve essere conservato dall’amministratore e reso disponibile per eventuali verifiche ispettive da parte degli Enti abilitati.
La sanzione amministrativa da 500 a 2500 euro per la ripartizione della spesa del riscaldamento non effettuata in base alla norma tecnica UNI 10200 (ad oggi la versione in vigore è quella del 2015) o al criterio indicato nello stesso D. Lgs. 102/2014 art. 9 co. 5 lettera d) è invece riferita al condominio e non a ciascun proprietario.
In ogni caso, oltre alla sanzione amministrativa, il condominio sarà diffidato a provvedere alla regolarizzazione entro il termine di quarantacinque giorni. Termine, quest’ultimo, sicuramente troppo ristretto per il condominio che non si era adeguato nei termini.

di Edoardo Riccio
Coordinatore Giuridico CSN 
Continua a leggere...

Conformità degli impianti: guida all'applicazione del D.M. 37/2008

Ambito di applicazione
Il D.M. 37/2008 (che ha sostituito la legge 46/1990) è il regolamento recante il riordino delle disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all’interno degli edifici. Negli edifici in condominio, indipendentemente dalla destinazione d'uso, si applica a tutti gli impianti comuni ai sensi dell’art. 1117 c.c..
Gli impianti o parti di impianto che sono soggetti a requisiti di sicurezza prescritti in attuazione della normativa comunitaria, ovvero di normativa specifica, non sono disciplinati, per tali aspetti, dalle disposizioni del D.M. 37/2008 (ad esempio la materia disciplinata dal D.P.R. 162/1999 e D.P.R. 23/2017 Regolamento concernente modifiche al decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1999, n. 162, per l'attuazione della direttiva 2014/33/UE relativa agli ascensori ed ai componenti di sicurezza degli ascensori nonché per l'esercizio degli ascensori).
Il D.M. 37/2008, ai sensi dell’art. 1 delle disposizioni sulle leggi in generale, tra le fonti del diritto è subordinato alla legge. Pertanto, ogni qualvolta una legge o un decreto legislativo disciplinano diversamente la stessa materia, il D.M. 37/2008 è destinato a soccombere.


Impianti interessati.
Il D.M. in esame si applica ai seguenti impianti così classificati.
a) impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell'energia elettrica, impianti di protezione contro le scariche atmosferiche, nonché gli impianti per l'automazione di porte, cancelli e barriere.
Ai sensi dell’art. 2 c.1 lettera e) per impianti di produzione, trasformazione, trasporto, distribuzione, utilizzazione dell'energia elettrica, devono intendersi: i circuiti di alimentazione degli apparecchi utilizzatori e delle prese a spina con esclusione degli equipaggiamenti elettrici delle macchine, degli utensili, degli apparecchi elettrici in genere. Nell'ambito degli impianti elettrici rientrano anche quelli di autoproduzione di energia fino a 20 kW nominale, gli impianti per l'automazione di porte, cancelli e barriere, nonché quelli posti all'esterno di edifici se gli stessi sono collegati, anche solo funzionalmente, agli edifici.
b) impianti radiotelevisivi, le antenne e gli impianti elettronici in genere.
Ai sensi dell’art. 2 c.1 lettera f) impianti radiotelevisivi ed elettronici si devono intendere le componenti impiantistiche necessarie alla trasmissione ed alla ricezione dei segnali e dei dati, anche relativi agli impianti di sicurezza, ad installazione fissa alimentati a tensione inferiore a 50 V in corrente alternata e 120 V in corrente continua, mentre le componenti alimentate a tensione superiore, nonché i sistemi di protezione contro le sovratensioni sono da ritenersi appartenenti all'impianto elettrico; ai fini dell'autorizzazione, dell'installazione e degli ampliamenti degli impianti telefonici e di telecomunicazione interni collegati alla rete pubblica, si applica la normativa specifica vigente.
c) impianti di riscaldamento, di climatizzazione, di condizionamento e di refrigerazione di qualsiasi natura o specie, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e delle condense, e di ventilazione ed aerazione dei locali.
Il D.M. 37/08 non contiene la definizione degli impianti di cui alla lettera c). Ai fini di individuare la materia di cui trattasi parrebbe possibile richiamare altra definizione contenuta in diversa disposizione di legge, che, benché limitata alla legge a cui è riferita, potrebbe essere qui riproposta a meri fini indicativi. Si ritiene pertanto di citare la definizione di impianto termico contenuta nel D. Lgs. 192/2005 art. 2 lettera l-tricies): “impianto tecnologico destinato ai servizi di climatizzazione invernale o estiva degli ambienti, con o senza produzione di acqua calda sanitaria, indipendentemente dal vettore energetico utilizzato, comprendente eventuali sistemi di produzione, distribuzione e utilizzazione del calore nonché gli organi di regolarizzazione e controllo. Sono compresi negli impianti termici gli impianti individuali di riscaldamento. Non sono considerati impianti termici apparecchi quali: stufe, caminetti, apparecchi di riscaldamento localizzato ad energia radiante; tali apparecchi, se fissi, sono tuttavia assimilati agli impianti termici quando la somma delle potenze nominali del focolare degli apparecchi al servizio della singola unità immobiliare è maggiore o uguale a 5 kW. Non sono considerati impianti termici i sistemi dedicati esclusivamente alla produzione di acqua calda sanitaria al servizio di singole unità immobiliari ad uso residenziale ed assimilate”.
d) impianti idrici e sanitari di qualsiasi natura o specie.
Ai fini di una migliore individuazione degli impianti di cui alla presente lettera, potrebbe essere utile riportare il parere del MISE al DM 37/2008 versione aggiornata al 23 ottobre 2014 1.28 “Parere a privato del 3-7-2014 impianto fognario condominiale”.
“Al Mi.S.E. è stato chiesto di far conoscere se il rifacimento dell’impianto fognario condominiale ricada o meno nel campo di applicazione del DM 37/08, art.1, comma 2, lettera d, e se dunque vada affidato ad impresa abilitata ai sensi del decreto in parola (la quale provvederà, nel caso, a rilasciare - al termine dei lavori - la relativa dichiarazione di conformità). Tenuto conto di quanto previsto dall’art.1, comma 1, il Mi.S.E. ha rappresentato che gli impianti oggetto del quesito (impianti di scarico all’interno dell’area condominiale) debbano essere considerati pienamente rientranti nel campo di applicazione del decreto in oggetto, occorrendo, pertanto, all’uopo, la relativa abilitazione sopra menzionata (con obbligo del rilascio della dichiarazione di conformità per i lavori effettuati dall’impresa incaricata). Ha altresì precisato che – ovviamente - l’impianto di scarico debba essere considerato assoggettato al DM 37/2008 fino al punto in cui avviene l’allacciamento alla fognatura pubblica.”
e) impianti per la distribuzione e l'utilizzazione di gas di qualsiasi tipo, comprese le opere di evacuazione dei prodotti della combustione e ventilazione ed aerazione dei locali.
f) impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale mobili e simili.
Per quanto riguarda il presente punto occorre avere attenzione anche al D.P.R. 162/1999 e D.P.R. 23/2017. La materia relativa agli impianti di sollevamento verrà eventualmente trattata separatamente.
g) impianti di protezione antincendio.
Ai sensi dell’art. 2 c.1 lettera h) si devono intendere impianti di protezione antincendio gli impianti di alimentazione di idranti, gli impianti di estinzione di tipo automatico e manuale nonché gli impianti di rilevazione di gas, di fumo e d'incendio.
Il MISE, nel parere di cui al punto 1.11 Pareri MISE a CCIAA di Firenze e CPA di Mantova e nella circolare del MISE n.3643/C del 24/10/2011, ritiene che non rientrino nel campo di applicazione del D.M. 37/08 l’installazione di apparecchiature tipo plug and play, ovvero di apparecchiature elettroniche che possono essere messo in uso all’interno di un sistema senza che l’utente conosca o metta in atto una specifica procedura di installazione o configurazione (ad esempio l’installazione di un decoder TV o l’installazione di antenne o memorizzatori di dati per i ripartitori di calore).

Progettazione degli impianti
Ai sensi dell’art. 5 del D.M. 37/08 il progetto occorre in caso di installazione, trasformazione e ampliamento degli impianti di cui all'articolo 1, comma 2, lettere a), b), c), d), e), g) sopra riportati.
La lettera f), non compresa nell’elenco, è riferita agli impianti di sollevamento di persone o di cose per mezzo di ascensori, di montacarichi, di scale mobili e simili, soggetti alla disciplina dei D.P.R. 162/1999 e D.P.R. 23/2017, ai quali si rinvia.
L’art. 7 comma 3 lascerebbe intendere che il progetto sia necessario anche in caso di rifacimento parziale di impianti.
Fatta salva l'osservanza delle normative più rigorose in materia di progettazione, nei casi indicati qui sotto, il progetto è redatto da un professionista iscritto negli albi professionali secondo la specifica competenza tecnica richiesta mentre, negli altri casi, il progetto, come specificato all'articolo 7, comma 2, è redatto, in alternativa, dal responsabile tecnico dell'impresa installatrice.
Il progetto per l'installazione, trasformazione e ampliamento, è redatto da un professionista iscritto agli albi professionali secondo le specifiche competenze tecniche richieste, nei seguenti casi:
a) impianti di cui all'articolo 1, comma 2, lettera a), per tutte le utenze condominiali e per utenze domestiche di singole unità abitative aventi potenza impegnata superiore a 6 kW o per utenze domestiche di singole unità abitative di superficie superiore a 400 mq;
b) impianti elettrici realizzati con lampade fluorescenti a catodo freddo, collegati ad impianti elettrici, per i quali è obbligatorio il progetto e in ogni caso per impianti di potenza complessiva maggiore di 1200 VA resa dagli alimentatori;
c) impianti di cui all'articolo 1, comma 2, lettera a), relativi agli immobili adibiti ad attività produttive, al commercio, al terziario e ad altri usi, quando le utenze sono alimentate a tensione superiore a 1000 V, inclusa la parte in bassa tensione, o quando le utenze sono alimentate in bassa tensione aventi potenza impegnata superiore a 6 kW o qualora la superficie superi i 200 mq;
d) impianti elettrici relativi ad unità immobiliari provviste, anche solo parzialmente, di ambienti soggetti a normativa specifica del CEI, in caso di locali adibiti ad uso medico o per i quali sussista pericolo di esplosione o a maggior rischio di incendio, nonché per gli impianti di protezione da scariche atmosferiche in edifici di volume superiore a 200 mc;
e) impianti di cui all'articolo 1, comma 2, lettera b), relativi agli impianti elettronici in genere quando coesistono con impianti elettrici con obbligo di progettazione;
f) impianti di cui all'articolo 1, comma 2, lettera c), dotati di canne fumarie collettive ramificate, nonché impianti di climatizzazione per tutte le utilizzazioni aventi una potenzialità frigorifera pari o superiore a 40.000 frigorie/ora;
g) impianti di cui all'articolo 1, comma 2, lettera e), relativi alla distribuzione e l'utilizzazione di gas combustibili con portata termica superiore a 50 kW o dotati di canne fumarie collettive ramificate, o impianti relativi a gas medicali per uso ospedaliero e simili, compreso lo stoccaggio;
h) impianti di cui all'articolo 1, comma 2, lettera g), se sono inseriti in un'attività soggetta al rilascio del certificato prevenzione incendi e, comunque, quando gli idranti sono in numero pari o superiore a 4 o gli apparecchi di rilevamento sono in numero pari o superiore a 10.
I progetti degli impianti sono elaborati secondo la regola dell'arte.
I progetti elaborati in conformità alla vigente normativa e alle indicazioni delle guide e norme UNI, CEI o altri Enti di normalizzazione appartenenti agli Stati membri dell'Unione europea o che sono parti contraenti dell'accordo sullo spazio economico europeo, si considerano redatti secondo la regola dell'arte.
Sarebbe opportuno che il progetto indicasse espressamente la normativa e le indicazioni delle predette guide utilizzate. Qualora il professionista o il responsabile tecnico dell’impresa installatrice (nei casi previsti), al fine di elaborare il progetto secondo la regola dell’arte, avesse ritenuto di discostarsene, ne dovrebbe dare indicazione ed esauriente motivazione.
Se l'impianto a base di progetto è variato in corso d'opera, il progetto presentato deve essere integrato con la necessaria documentazione tecnica attestante le varianti, alle quali, oltre che al progetto, l'installatore è tenuto a fare riferimento nella dichiarazione di conformità.
I progetti, fatta salva l’osservanza di diverse norme, contengono almeno:
- gli schemi dell'impianto
- i disegni planimetrici
- la relazione tecnica sulla consistenza e sulla tipologia dell'installazione, della trasformazione o dell'ampliamento dell'impianto stesso, con particolare riguardo alla tipologia e alle caratteristiche dei materiali e componenti da utilizzare e alle misure di prevenzione e di sicurezza da adottare. Nei luoghi a maggior rischio di incendio e in quelli con pericoli di esplosione, particolare attenzione è posta nella scelta dei materiali e componenti da utilizzare nel rispetto della specifica normativa tecnica vigente.

Imprese abilitate
Il Committente si deve rivolgere esclusivamente alle imprese abilitate in riferimento all’opera da eseguire.
Le imprese devono essere iscritte al Registro delle Imprese o all’Albo delle imprese artigiane della CCIAA.
Il legale rappresentante (anche lo stesso imprenditore individuale) e/o il responsabile tecnico dell’impresa deve essere in possesso dei requisiti per le diverse lettere.
Si raccomanda, quindi, all’amministratore di acquisire la documentazione comprovante l’iscrizione nel registro o nell’albo di cui sopra. Tale scopo è assolto con l’acquisizione del Certificato dell’iscrizione alla CCIAA, il quale ha validità 6 mesi dalla data di emissione.

Realizzazione e installazione degli impianti
Le imprese realizzano gli impianti secondo la regola dell'arte, in conformità alla normativa vigente e sono responsabili della corretta esecuzione degli stessi. Gli impianti realizzati in conformità alla vigente normativa e alle norme UNI, CEI o altri Enti di normalizzazione appartenenti agli Stati membri dell'Unione europea o che sono parti contraenti dell'accordo sullo spazio economico europeo, si considerano eseguiti secondo la regola dell'arte.
Gli impianti elettrici nelle unità immobiliari ad uso abitativo realizzati prima del 13 marzo 1990 si considerano adeguati se dotati di sezionamento e protezione contro le sovracorrenti posti all'origine dell'impianto, di protezione contro i contatti diretti, di protezione contro i contatti indiretti o protezione con interruttore differenziale avente corrente differenziale nominale non superiore a 30 mA.

Dichiarazione di conformità
Al termine dei lavori l’impresa deve:
- effettuare le prove di funzionalità dell'impianto
- effettuare le prove di sicurezza dell'impianto
- effettuare le verifiche previste dalla normativa vigente (norme di legge e norme tecniche CEI e/o UNI o equivalenti)
- rilasciare, all’esito positivo di quanto sopra, la dichiarazione di conformità degli impianti realizzati.
Si raccomanda all’amministratore di accertarsi che la stessa sia redatta sulla base del modello ministeriale allegato al D.M. 37/2008.
Detta dichiarazione deve obbligatoriamente, ai fini della validità della stessa, essere compilata in tutte le sue parti e corredata degli allegati obbligatori.
Fanno parte integrante, ai sensi dell’art. 7 del D.M. 37/08:
- il progetto
- la relazione contenente la tipologia dei materiali impiegati
Si raccomanda di accertarsi che in allegato vi siano anche tutti gli altri documenti indicati nel modello di dichiarazione di conformità.
Nei casi in cui il progetto è redatto dal responsabile tecnico dell'impresa installatrice l'elaborato tecnico è costituito almeno dallo schema dell'impianto da realizzare, inteso come descrizione funzionale ed effettiva dell'opera da eseguire eventualmente integrato con la necessaria documentazione tecnica attestante le varianti introdotte in corso d'opera.
In caso di rifacimento parziale di impianti, il progetto, la dichiarazione di conformità, e l'attestazione di collaudo ove previsto, si riferiscono alla sola parte degli impianti oggetto dell'opera di rifacimento, ma tengono conto della sicurezza e funzionalità dell'intero impianto. Nella dichiarazione di conformità e nel progetto, è espressamente indicata la compatibilità tecnica con le condizioni preesistenti dell'impianto.

Dichiarazione di rispondenza
Nel caso in cui la dichiarazione di conformità, salvo i casi sanzionabili previsti dal D.M. 37/08 articolo 15, non sia stata prodotta o non sia più reperibile, tale atto è sostituito - per gli impianti eseguiti prima dell'entrata in vigore del D.M. 37/08 ovvero 27/03/2008 - da una dichiarazione di rispondenza, resa da un professionista iscritto all'albo professionale per le specifiche competenze tecniche richieste, che ha esercitato la professione, per almeno cinque anni, nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione, sotto personale responsabilità, in esito a sopralluogo ed accertamenti, ovvero, per gli impianti non ricadenti nel campo di applicazione dell'articolo 5, comma 2 (cioè soggetti a progetto redatto da un professionista iscritto all’albo professionale), da un soggetto che ricopre, da almeno 5 anni, il ruolo di responsabile tecnico di un'impresa abilitata di cui all'articolo 3, operante nel settore impiantistico a cui si riferisce la dichiarazione.

Obblighi dell’amministratore
Il proprietario dell'impianto adotta le misure necessarie per conservarne le caratteristiche di sicurezza (manutenzione ordinaria preventiva e periodica, manutenzione straordinaria, adeguamento) previste dalla normativa vigente in materia (norme di legge e norme tecniche di settore), tenendo conto delle istruzioni per l'uso e la manutenzione predisposte dall'impresa installatrice dell'impianto e dai fabbricanti delle apparecchiature installate. L’amministratore deve farsi consegnare dall’impresa installatrice il manuale d’uso e manutenzione di quanto realizzato, trasmettendone copia al manutentore unitamente al contratto d’appalto, del quale deve formare parte integrante e sostanziale.
L’amministratore, entro 30 giorni dall'allacciamento di una nuova fornitura di gas, energia elettrica, acqua, negli edifici di qualsiasi destinazione d'uso, consegna al distributore o al venditore copia della dichiarazione di conformità dell'impianto, esclusi i relativi allegati obbligatori, o copia della dichiarazione di rispondenza prevista dall'articolo 7, comma 6. La medesima documentazione è consegnata nel caso di richiesta di aumento di potenza impegnata a seguito di interventi sull'impianto, o di un aumento di potenza che senza interventi sull'impianto determina il raggiungimento dei livelli di potenza impegnata di cui all'articolo 5, comma 2 o comunque, per gli impianti elettrici, la potenza di 6 kW.

Manutenzione degli impianti
La manutenzione ordinaria degli impianti di cui sopra non comporta la redazione del progetto né il rilascio dell'attestazione di collaudo.
Sono esclusi dagli obblighi della redazione del progetto e dell'attestazione di collaudo per la fornitura provvisoria di energia elettrica per gli impianti di cantiere e similari, fermo restando l'obbligo del rilascio della dichiarazione di conformità.

Deposito presso lo sportello unico per l'edilizia del progetto, della dichiarazione di conformità o del certificato di collaudo.
L’amministratore, in caso di rifacimento o installazione di nuovi impianti di cui alle lettere a), b), c), d), e), g) sopra riportate, relativi ad edifici per i quali è già stato rilasciato il certificato di agibilità, fermi restando gli obblighi di acquisizione di atti di assenso comunque denominati, si accerti che l'impresa installatrice depositi, entro 30 giorni dalla conclusione dei lavori, presso lo sportello unico per l'edilizia, la dichiarazione di conformità ed il progetto o il certificato di collaudo degli impianti installati, ove previsto dalle norme vigenti.
Per le opere di installazione, di trasformazione e di ampliamento di impianti che sono connesse ad interventi edilizi subordinati a permesso di costruire ovvero a denuncia di inizio di attività, o provvedimenti analoghi, il soggetto titolare del permesso di costruire o il soggetto che ha presentato la denuncia di inizio di attività deposita il progetto degli impianti da realizzare presso lo sportello unico per l'edilizia del comune ove deve essere realizzato l'intervento, contestualmente al progetto edilizio.
Continua a leggere...

Giù le mani dalla climatizzazione!

La Corte d’Appello di Palermo ha giudicato la presenza di condizionatori d’aria come un elemento necessario e indispensabile per la vivibilità degli appartamenti, superando anche il problema dell distanze minime



Con la Sentenza n. 269 del 15 febbraio 2017, la Corte d’Appello di Palermo ha stabilito che la presenza di climatizzatori estivi nelle unità abitative è divenuta necessaria, se non indispensabile, in barba all’estetica e anche alle distanze minime.
La Corte d’Appello ha rigettato il ricorso del proprietario di un seminterrato, infastidito dall’installazione di climatizzatori (con unità esterne in vista) della villetta antistante, frontalmente alle finestre del proprio immobile, su basi di cemento create ad hoc.

Diritto di veduta VS climatizzatori
Scontento dalla decisione del Giudice, che ordinava la schermatura delle unità esterne dei condizionatori mediante la collocazione di piante e fiori ornamentali, il proprietario ha agito in Appello adducendo la lesione “del diritto di veduta, del decoro architettonico e delle distanze legali”. Ovvero sostenendo che i climatizzatori (o meglio le unità motocondensanti esterne), collocati su basi di cemento, sarebbero visibili da tutte e tre le aperture del proprio immobile, nonostante il regolamento condominiale stabilisca un divieto per i proprietari delle villette di apportarvi modifiche e innovazioni, nonché l’obbligo di riservare gli spazi liberi a giardino.
L’ordine del Giudice, prosegue l’appellante, aggraverebbe la situazione apportando corpi che diminuirebbero maggiormente luce e aria, sostenendo che occorrerebbe adottare la soluzione alternativa di collocare i condizionatori in alto, nei balconi del piano rialzato o sotto la passerella di accesso dell’edificio.
Il motivo viene tuttavia rigettato: il regolamento condominiale, spiegano i Giudici, vieta la realizzazione di opere dotate di stabilità, indicate in gabbie, tettoie e divisori, contrariamente ai climatizzatori che nelle unità abitative risultano necessari o addirittura indispensabili al giorno d’oggi. Dalla produzione fotografica mostrata in giudizio, inoltre, appare che le apparecchiature sono amovibili, di dimensioni ridotte rispetto all’ampiezza dell’area circostante, e spostate rispetto alla veduta ortogonale dalle stesse aperture, la cui distanza mediamente è stata indicata dal consulente in 1,70 m, peculiarità che non ledono il diritto di veduta paventato dall’appellante. Inoltre, la schermatura con l’ulteriore vegetazione disposta dal Tribunale non potrebbe comportare la paventata ulteriore limitazione di luce e aria (anzi, e neppure il regolamento condominiale lo consentirebbe).

Esistono delle distanze minime?
La domanda sorge spontanea: esistono delle distanze minime per l’installazione degli elementi esterni dei climatizzatori? Dipende.
In questo caso la precarietà dei tre elementi, non allocati stabilmente sul muretto di appoggio, non ne consente la soggezione alla disciplina di cui all’articolo 907 c.c. in materia di distanze legali, le quali in ogni caso non risultano lese dal momento che la collocazione solo laterale delle apparecchiature (rispetto alla veduta diretta esercitata), rende l’accertata distanza di oltre 1,5 metri del tutto legittima.
Il Collegio ha anche sottolineato che il regime condominiale può limitare l’applicazione delle norme codicistiche in materia di distanze nella conciliazione degli opposti interessi delle parti, per questo la soluzione adottata dal Giudice è sicuramente più idonea rispetto a quelle suggerite dall’appellante, tra l’altro non realizzabili.
Quanto alle molestie e turbative provocate dall’arbitraria installazione delle tubature sulla facciata, si afferma che, per giurisprudenza costante, le norme sulle distanze sono applicabili anche tra i condòmini di un edificio condominiale, purché compatibili con la disciplina particolare relativa alle cose comuni, cioè quando l’applicazione di quest’ultima non sia in contrasto con le prime.
In tal caso, infatti, la prevalenza della norma speciale in materia di condominio determina l’inapplicabilità della disciplina generale sulle distanze che, nel condominio degli edifici è in rapporto di subordinazione rispetto alla prima.
Nella fattispecie in esame, dunque “l’applicabilità delle disposizioni di cui all’art. 889 comma 2 c.c., che impone il passaggio dei tubi a una distanza di un metro dal confine, può essere limitata dalla necessità dell’appellata di dotare il proprio immobile di un impianto di condizionamento indispensabile per la vivibilità degli ambienti domestici, la cui collocazione alternativa prospettata dall’appellante non appare realizzabile”.

In sintesi: estetica VS funzionalità e benessere
“Neppure può affermarsi - conclude la Corte - che il passaggio dei tubi, tra l’altro ben fissati sui muri e di scarsa visibilità, possa alterare l’estetica dell’edificio, considerato il modesto diametro e il breve tratto interessato rispetto all’estensione dell’intero prospetto dell’edifici”.
I climatizzatori sono ormai un elemento impiantistico a tutti gli effetti delle nostre case, tanto non facciamo neanche più caso all’aspetto estetico delle unità esterne o delle tubazioni in facciata e neanche al rumore degli elementi più vetusti, finché, ovviamente, i vicini non ci chiamano in causa.
Per questo è importante capire se esistono dei limiti nel rispetto di ciò che stabilisce il Codice Civile, soprattutto per la vita in condominio.
I giudici del Tribunale di Palermo hanno affermato che la disciplina delle distanze legali prevista dal codice civile (Art. 907), in base alla quale le costruzioni devono rispettare almeno 3 metri l’una dall’altra – non si applica ai condizionatori in quanto apparecchiature amovibili, di dimensioni ridotte rispetto all’ampiezza dell’area circostante. Stesso discorso per le tubature sulla facciata: sebbene il codice civile (Art. 889) impone il passaggio dei tubi a una distanza di 1 metro dal confine, tale norma può essere limitata dalla necessità del proprietario dell’immobile di dotare il proprio appartamento di un impianto di condizionamento indispensabile per la vivibilità degli ambienti domestici.
Non è neanche corretto ritenere che il passaggio dei tubi sulla facciata “possa alterare l’estetica dell’edificio, considerato il modesto diametro e il breve tratto interessato rispetto all’estensione dell’intero prospetto dell’edificio” (Cassazione Sentenza del 4 maggio 2015 n. 8857).

di Annalisa Galante
Membro del Comitato Scientifico Abitare Biotech 

Continua a leggere...

Architettura ed impianti: Due mondi separati

Si impone la “riscoperta” di un approccio all’architettura che, facendo salvi i presupposti della imprescindibile ricerca estetica, associ ed integri nell’approccio al progetto tutto il complesso di conoscenze scientifiche maturate in campo energetico, ambientale, gestionale, manutentivo, ecc. denominate “tecnologia dell’architettura”.


Dai primordi fino allo sviluppo dell’impiantistica moderna (che inizia con l’affermazione del sistema di riscaldamento centralizzato), che possiamo datare per i paesi più sviluppati intorno alla fine del XIX secolo, l’uomo ha realizzato delle abitazioni la cui architettura esprimeva una forte capacità di controllo dei fattori climatici esterni.
Durante questa lunga fase, obiettivo della costruzione è stato prioritariamente quello di affrontare i problemi posti dal clima.
L’architettura montana di tutto l’arco alpino può costituire un esempio estremamente rappresentativo di queste circostanze assiomatiche. In realtà i riferimenti possibili sarebbero molteplici: dalla capanna tropicale all’abitazione tipica mediorientale, per arrivare alla casa del grande nord europeo, ecc.
Il riferimento all’architettura montana è però più vicino alla sensibilità dell’autore e con la sua struttura ben definita e costante nel tempo si impone alla nostra attenzione come un esempio straordinario di architettura bioclimatica.
Gli edifici dell’architettura montana sono frequentemente caratterizzati nella parte bassa da murature portanti di pietra che pareggiano la pendenza del terreno e nella parte superiore da una struttura di legno. Le falde inclinate presentano ampie sporgenze su tutti e quattro i lati dell’edificio che ha sistematicamente la parte anteriore (l’ingresso) esposta a sud con una balconata realizzata con struttura lignea.


La copertura del tetto è generalmente realizzata in lastre di pietra, mentre il camino, anch’esso realizzato in pietrame, il vero e proprio cuore della casa, è collocato nella parte centrale dell’edificio che si articola in un ambiente cucina-soggiorno che costituisce lo spazio comune più vissuto dell’abitazione. Il riparo della parete nord è assicurato dalla sua limitata altezza determinata dalla pendenza del terreno e dall’estensione della falda del tetto, mentre sul fronte sud, sotto la balconata lignea e addossata alla parete, è accatastata in bell’ordine la legna da ardere che offre in tal modo un ulteriore schermo funzionale all’isolamento termico dell’edificio.
La falda del tetto ha una moderata inclinazione per una precisa scelta energetica, infatti, un eventuale strato di neve che si potrà depositare senza scivolare durante la stagione invernale offrirà un ottimo isolamento termico aggiuntivo rispetto alla copertura realizzata in pietrame.
Un manto di neve dello spessore di circa 50 cm è in grado di ridurre il coefficiente di dispersione termica di un normale tetto ligneo di circa il 50%.
In questo modello, che risulta una costante costruttiva e distributiva dell’architettura montana di tutto l’arco alpino, è facile riconoscere le ragioni della razionalità energetica: massimo recupero delle fonti di energia e grande attenzione al tema dell’isolamento termico, esposizione ottimale e volume dell’edificio estremamente compatto.
Guardare e studiare le architetture del passato e le soluzioni in esse collaudate per centinaia di anni costituisce una fonte di riflessione molto importante per affrontare le sfide del presente con una maggiore attenzione alle problematiche energetiche ed ambientali oggi emergenti e per evitare impostazioni e concezioni che provochino gravi disfunzioni e problemi nei nostri edifici. Valutare i problemi e le principali prestazioni dei nostri edifici è quindi il primo passo per modificare ed innovare i modelli di riferimento progettuali del nostro tempo, uscendo da stilemi ripetitivi ancorché diffusi a livello internazionale, che non appaiono in grado di offrire risposta alle sempre più pressanti domande, non solo in tema ambientale, ma anche di ottimizzazione economica degli investimenti immobiliari.

Con lo sviluppo della moderna impiantistica, si assiste ad una sorta di separazione tra architettura e compiti ed obiettivi bioclimatici, questi ultimi diventano terreno pressoché esclusivo dei sistemi impiantistici cui è assegnato il compito di garantire un adeguato ed ottimale comfort termico.
L’architettura nel passaggio tra la fine dell’‘800 e gli inizi del nuovo secolo abbandona i suoi tradizionali ed anzi millenari obiettivi e strategie bioclimatiche in funzione di nuove idee e orizzonti culturali.

“La rivoluzione industriale ha modificato radicalmente le tecniche costruttive, adeguando i materiali tradizionali a tecniche di lavorazione e di esecuzione più agevoli e proponendo nuovi materiali, di maggiore resistenza e più aderenti ai comportamenti statici già bene individuati dalla teoria delle costruzioni. [...] stranamente, però, la critica architettonica anche se ha analizzato questa situazione da tutta una serie di angolazioni per poterne cogliere i modi e le cause delle successive trasformazioni, ha sempre omesso di considerare un aspetto che invece a ragione può essere ritenuto fondamentale per la trasformazione in senso moderno della città e dell’edificio.

L’impiego del supporto energetico ha infatti condizionato in maniera determinante tanto il momento progettuale che quello costruttivo dell’edificio, provocando così una decisa trasformazione. I modelli critici adottati saltano a piè pari l’esame di tale episodio, dato che hanno eseguito sull’oggetto architettonico prevalentemente una analisi di tipo formale e solo a volte hanno esteso la lettura ad aspetti di tipo tecnologico, ma fermando in ogni caso l’attenzione soltanto su elementi più tipicamente costruttivi.”
Liberata dai “banali compiti tradizionali”, grazie alle nuove soluzioni strutturali (struttura portante a telaio in calcestruzzo armato o acciaio), con una grande disponibilità di nuovi materiali, in una fase storica di straordinaria crescita scientifica ed economico-sociale della gran parte del mondo occidentale, l’architettura esplora le nuove strade della ricerca puramente formale.
“In questo periodo, inoltre, si costruisce molto e più in fretta, dato che i tempi di esecuzione sono di gran lunga accorciati, grazie alla larga disponibilità di attrezzature e di tecniche che derivano dalla stessa produzione industriale.
Anche l’edificio comincia a modificarsi, sotto la spinta di una evoluzione costruttiva suggerita dall’introduzione di nuovi materiali e tecniche il cui impiego trova il fondamento teorico nella scienza delle costruzioni che l’Ecole Politecnique di Parigi, affrancatasi ormai quasi da mezzo secolo alla Académie des Beaux Arts, ha già sufficientemente definito attraverso una mirabile sistematizzazione delle ricerche teoriche e sperimentali sviluppate dal Seicento in avanti. [...]
Ma a dare origine a problemi del tutto nuovi non fu solamente il volume dell’edificio da ventilare, riscaldare e illuminare; anche la forma e le tecniche di costruzione adoperate comportavano delle conseguenze ambientali. In particolare i grattacieli destinati ad uffici introdussero nuovi disagi e difficoltà, che chiedevano urgenti soluzioni.
Questi argomenti ricevono una trattazione insufficiente nella critica storica, la quale di solito ritiene che l’impiego della struttura in acciaio e dell’ascensore furono sufficienti a consentire la realizzazione degli edifici alti per uffici. Burchard e Bush-Brown hanno giustamente evidenziato una serie di altri elementi, come l’illuminazione elettrica ed il telefono, che furono egualmente necessari perché gli affari potessero procedere – e senza l’abilità di mandare avanti gli affari i grattacieli non sarebbero mai stati costruiti.

Eppure neanche questi autori menzionano il W.C. o l’acqua corrente, per esempio, senza i quali non sarebbe stato possibile usare questi edifici a torre; come non citano i vari dispositivi atti ad affrontare i problemi termici e di ventilazione specifici dei grattacieli costruiti a Chicago e a New York intorno al 1900.
Dal punto di vista degli ambientalisti, molti di questi grattacieli erano intrinsecamente insoddisfacenti e i loro aspetti negativi furono ancora maggiormente posti in evidenza, dato che si erano generate certe aspettative, sia da parte degli utenti che dai proprietari degli edifici. Così Konrad Meier scrive: “Le esigenze sono continuamente aumentate, sia per quanto riguarda il valore assoluto delle temperature, sia per le variazioni tollerate [...] e questo con condizioni strutturali sempre più avverse. Certe sgradevoli esperienze in alcuni degli edifici sottili, alti, leggeri, eretti di recente e non ancora adatti al loro scopo, serviranno ad illustrare queste difficoltà”.
È difficile oggi pensare che i primi grattacieli con strutture intelaiate, “sottili, alti, leggeri” e famosi lavori di architettura, come il Reliance Building di Burnham e Root, appartengano alla categoria di edifici di cui si lamenta Meier e, quindi, sarà bene spiegarne il perché. Paragonati alle massicce strutture in muratura dei primi decenni, essi appaiono veramente abbastanza leggeri da introdurre nuove “sgradevoli esperienze”; i loro difetti sono riassunti meglio da Bushnell e Orr nel loro manuale sul riscaldamento di quartiere.

Essi parlano di: “[...] uno scheletro o un telaio di pilastri e travi maestre in acciaio, tamponato da pareti in mattone e rifinito all’esterno con mattonelle o piastrelle in terra-cotta. Per questi edifici alti è necessario usare i materiali più leggeri a disposizione, per poter diminuire il peso proprio sugli elementi di acciaio e sulle fondazioni. Naturalmente, la conseguente diminuzione dello spessore delle pareti comincia a fare sentire i suoi effetti nel dimensionamento del riscaldamento. Queste costruzioni hanno poca capacità di immagazzinare e trattenere il calore, a differenza delle massicce costruzioni in muratura. Nel primo caso – l’edificio moderno – si deve fornire calore per un periodo del giorno più lungo che nel secondo caso, a causa del più rapido effetto di raffreddamento. Inoltre, gli edifici moderni vengono progettati in modo da lasciare sulle facciate uno spazio quanto più possibile ampio per le finestre, e migliorare così le condizioni di illuminazione. Infatti, alcuni edifici hanno dal 40% al 45% della loro superficie esterna in vetro, e le perdite di calore sono proporzionalmente alte [...]”.
Non mancano tra i grandi maestri del movimento moderno straordinarie espressioni e contributi nella direzione dei compiti sociali dell’architettura e del suo ruolo nella definizione della forma urbana ma è indubbio che il focus della ricerca di gran parte di quello che verrà definito come “il movimento moderno dell’architettura” ha come obiettivo la delineazione di una nuova forma, di un nuovo stile dell’architettura.
Una ricerca che approderà nel giro di pochi decenni ad un approccio formale che verrà definito come “International Style” proprio per la sua straordinaria diffusione a livello internazionale. Secondo l’impostazione culturale dei principali esponenti dell’International Style, l’architettura affronta i problemi della composizione dello spazio in una proiezione estetica e formale del tutto libera da obiettivi di funzionalità, efficienza, manutenibilità e risparmio energetico dell’organismo edilizio.
Compiti questi ultimi che vengono delegati agli impianti visti come un utile ma secondario elemento nella realizzazione dell’organismo edilizio. Questa impostazione culturale, che separa il momento della progettazione architettonica dal sistema impiantistico che determina le prestazioni energetico-ambientali di un edificio, è ancora oggi particolarmente diffusa tra gli architetti e nelle scuole di architettura dove, in molti casi, esiste purtroppo ancora una netta divaricazione tra insegnamenti compositivi, ritenuti centrali ed egemonici, che affrontano i problemi progettuali in una dimensione prevalentemente formale, compositiva appunto, e le materie tecnologiche e tecniche come tecnologia dell’architettura, fisica tecnica ed impianti, progettazione esecutiva, materiali e componenti, tecnica delle costruzioni, viste come un necessario seppur secondario elemento di completamento e precisazione tecnica del progetto.
“Così il potenziale tecnologico ha continuamente preceduto il momento architettonico. Dentro questo intervallo si realizzano esperienze ambientali in campi che di solito non vengono considerati architettura – serre, fabbriche, trasporti. Quasi quattro decadi separano i primi usi industriali del condizionamento dell’aria dalla sua piena utilizzazione da parte di architetti famosi, ed in questi lunghi intervalli si realizzano non solo esperimenti fisici ma anche intensi dibattiti e ricerche e si generano idee tali da rendere accettabile l’eventuale utilizzazione architettonica di nuove particolari tecnologie.”
Questa riflessione di Banham ha un valore generale e si applica non solo agli impianti tecnologici termici ma anche agli altri settori-campi applicativi della tecnologia per gli edifici quale, ad esempio, quello molto rilevante dell’illuminazione.
“L’illuminazione elettrica risolse di colpo i due problemi ambientali derivati dall’uso del gas, poiché produceva meno calore e non dava luogo a fuliggine. Inoltre, rispetto al gas richiedeva minore manutenzione e minore lavoro per la pulizia e l’impianto poteva essere installato in uno spazio ristretto, dove a stento poteva essere collocato quello a gas, a causa del calore che generava e dell’aria di cui aveva bisogno.
Con questi vantaggi, l’illuminazione elettrica fu vincente, anche se all’inizio doveva risultare molto più cara del gas in termini di costo di installazione e di consumi correnti.”

“[...] la rivoluzione si deve soprattutto all’invenzione dell’illuminazione a incandescenza [...] una sorgente stabile ed invariabile di luce, a differenza della lampada ad arco, dove il materiale risplendente è continuamente disaggregato e bruciato. [...] il valore economico dei nuovi mezzi di illuminazione, è stato sottovalutato. La facilità con cui i bulbi a incandescenza si prestano per realizzare qualsiasi schema di decorazione costituisce una delle loro principali caratteristiche positive. Non sarebbe auspicabile rifare gli stessi percorsi della rete dell’illuminazione a gas, visto che le condizioni sono completamente cambiate; i punti di luce possono essere collocati dovunque si desidera, e senza paura che i soffitti si anneriscano o che i materiali più facilmente infiammabili prendano fuoco. Lo sviluppo si questo sistema d’illuminazione è stato così rapido che gli architetti non hanno avuto ancora il tempo di dedicare la loro attenzione alle sue potenziali capacità decorative, ma se l’avessero fatto avrebbero potuto soddisfare ogni esigenza di perfetta illuminazione.”
Oggi però i tempi storici per il mondo occidentale sono profondamente diversi dal passato: al dominio incontrastato del mondo si sostituisce una sempre più apprensiva concorrenza dei paesi emergenti, una a volte imprevista carenza di materie prime, una sempre maggior attenzione alle risorse energetiche ed alle problematiche ambientali, mentre d’altra parte si assiste ad una stasi economica ed al preoccupante e trascurato fenomeno dell’invecchiamento della popolazione dei paesi occidentali si contrappone un prorompente sviluppo dei paesi emergenti (BRIC: Brasile, Russia, India e Cina) e più in generale dell’est asiatico e del medioriente, cui si associa un andamento demografico molto diverso dai trend europei ed americani.

Nel nuovo scenario, che assegna ai paesi del mondo occidentale nuovi compiti e responsabilità in campo energetico ed ambientale associate a molte incertezze sulle prospettive economiche ed occupazionali, si impone la “riscoperta” di un approccio all’architettura che, facendo salvi i presupposti della imprescindibile ricerca estetica, associ ed integri nell’approccio al progetto tutto il complesso di conoscenze scientifiche maturate in campo energetico, ambientale, gestionale, manutentivo, ecc. che va sotto la denominazione di “tecnologia dell’architettura”.
Solo attraverso questa via potremo avere edifici belli, funzionali, più facilmente manutenibili, con costi di gestione inferiori ed energeticamente ed ambientalmente sostenibili.
Edifici per il nuovo mondo che ci aspetta, che si preannuncia ricco di problemi e di sfide per l’Europa, un mondo che per essere affrontato richiede di utilizzare in forma integrata tutte le nostre conoscenze che costituiscono la vera e più importante ricchezza di cui il vecchio continente dispone.

di Oliviero Tronconi
Professore Ordinario Politecnico di Milano Dip. BEST
Continua a leggere...

Cassazione: La legittimità dell'amministratore sulle controversie che rientrano nelle proprie attribuzioni - 01/08/2017, N. 19151 - Il commento



La Corte di Cassazione ribadisce che l’amministratore non ha l’onere di domandare all’assemblea l’autorizzazione per compiere quegli atti che sono propri del mandato ricevuto. Viceversa l’amministratore del condominio, nelle controversie non rientranti tra quelle che può autonomamente proporre, non è legittimato a resistere in giudizio per il condominio, o ad impugnare la sentenza a questo sfavorevole, senza previa autorizzazione a tanto dell'assemblea dei condomini, fermo restando peraltro che, qualora egli si sia costituito in giudizio o abbia proposto l'impugnazione senza la detta autorizzazione, il suo operato può essere ratificato dall'assemblea.

L’amministratore, pertanto, può proporre opposizione a decreto ingiuntivo ed altresì impugnare la decisione di primo grado, senza necessità di autorizzazione o ratifica dell’assemblea, nella controversia avente ad oggetto il pagamento preteso nei confronti del condominio dal terzo creditore in adempimento di obbligazione assunta dall’amministratore, nell’esercizio delle sue funzioni, in rappresentanza dei partecipanti al condominio, ovvero dando esecuzione a delibere dell’assemblea o per l’esercizio dei servizi condominiali, e dunque nei limiti di cui all’art.1130 c.c.. 
Nel caso di specie, il credito fatto valere in giudizio dagli avvocati ingiungenti si riferiva a prestazioni professionali per assistenza legale svolte nell’interesse del condominio.

per scaricare la Sentenza CLICCA QUI
Continua a leggere...

Cassazione: Senza prova contraria, androne e lastrico solare sono proprietà comune - 05/10/2017, N. 23300 - Il testo


per leggere il commento CLICCA QUI

CASSAZIONE 05 OTTOBRE 2017, N. 23300

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SESTA SEZIONE CIVILE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:   
Dott. PETITTI  Stefano  -  Presidente   
Dott. PICARONI Elisa  -  Consigliere  
Dott. FALASCHI Milena  -  Consigliere   
Dott. SCALISI  Antonino  -  rel. Consigliere  
Dott. SCARPA  Antonio  -  Consigliere  

ha pronunciato la seguente:  

ORDINANZA

sul ricorso 16494-2016 proposto da:
C. M. G., C. I., C. R., elettivamente domiciliate in ROMA, presso lo studio dell'avvocato A. G., rappresentate e difese dall'avvocato G. G.;
- ricorrenti -

CONTRO
C. I., C. G., in qualità di eredi di C. L. elettivamente domiciliate in ROMA, presso lo studio dell'avvocato A. G., che le rappresenta e difende unitamente all'avvocato G. V.;
- controricorrente – 

NONCHÈ CONTRO
C. G. G. A.;
- intimati -

avverso la sentenza n. 710/2016 della CORTE D'APPELLO di PALERMO, depositata il 26/04/2016;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 09/06/2017 dal Consigliere Dott. ANTONINO SCALISI.

FATTI DI CAUSA

Preso atto che:
il Consigliere relatore dott. A. Scalisi ha proposto che la controversia fosse trattata in Camera di Consiglio non partecipata della Sesta Sezione Civile di questa Corte, ritenendo l’infondatezza del ricorso: A) Infondato il primo motivo giusti i principi espressi da questa Corte con le sentenze. nn. 16698 e 7394 del 2010. B) Assorbito il secondo.
La proposta del relatore è stata notificata alle parti. Letti gli atti del procedimento di cui in epigrafe.
Il Collegio premesso che:
C.L. con atto di citazione del 20 aprile 2005 conveniva in giudizio davanti al Tribunale di Palermo C.R. , C.M.G. , C.I. e, premettendo di esser comproprietario con le convenute delle parti comuni dell’edificio sito in (omissis) , lamentava che a seguito della modifica delle chiavi del portoncino di ingresso ad iniziativa delle convenute gli era stato precluso l’accesso all’androne condominiale, ove erano collocati i contatori dell’acqua, nonché l’accesso al terrazzo dello stesso edificio, ove era installata la propria antenna televisiva. Chiedeva, pertanto, che venisse dichiarato il proprio diritto ad accedere liberamente, uti dominus, nelle parti comuni di tale edificio.
Si costituivano le convenute, contestando le domande di parte attrice e chiedendo il rigetto, rilevando che C.L. non aveva alcun diritto sulle parti comuni dello stabile, essendo tale edificio di proprietà esclusiva delle convenute ed, eccependo, in subordine, l’avvenuta usucapione.
Il Tribunale di Palermo, con sentenza del 3 giugno 2009, rigettava le domande dell’attore e lo condannava al pagamento delle spese del giudizio.
La Corte di Appello di Palermo, pronunciandosi su appello proposto da C.L. , nel contraddittorio delle parti, con sentenza n. 1273 del 2016 accoglieva l’appello e, in riforma della sentenza impugnata, dichiarava il diritto di C.L. ad accedere all’androne ed al terrazzo di copertura dell’edificio oggetto del giudizio. Condannava le appellate al pagamento delle spese del doppio grado del giudizio. Secondo la Corte di Palermo, dovendo ritenere che l’androne e il terrazzo di copertura, ai sensi dell’art. 1117 cod. civ., sono beni condominiali ed essendo l’appartamento di proprietà di C.L. parte del fabbricato di cui si dice, C.L. non poteva essere escluso dal godimento dei beni condominiali.
La cassazione di questa sentenza è stata chiesta da C.R. , C.M.G. , C.I. con ricorso affidato a due motivi. C.I. e C.G. (eredi di C.L. ) hanno resistito con controricorso.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1.= Con il primo motivo di ricorso C.R. , C.M.G. , C.I. , lamentano la violazione e falsa applicazione della norma di cui all’art. 1117 cod. civ. (ex art. 360 n. 3 cod. proc. civ.). Avrebbe errato la Corte distrettuale, secondo i ricorrenti nel dichiarare il diritto di C.L. ad accedere all’androne e al terrazzo di copertura all’edificio sito in (OMISSIS) perché non ha tenuto conto che la presunzione di condominialità di cui all’art. 1117 cod. civ. può essere superata se la cosa per obiettive caratteristiche strutturali serve in modo esclusivo all’uso o al godimento di una parte dell’immobile venendo meno in questi casi il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria. Nel caso in esame, specificano i ricorrenti, le aree di cui si dice, per la configurazione strutturale degli immobili appartenenti rispettivamente alle odierne ricorrenti (ubicati nella via (omissis) ) e al sig. C.L. (via (omissis) ), avrebbe dovuto essere escluse dalla comunione ex art. 1117 cod. civ.
1.1. = Il motivo è infondato ed essenzialmente perché l’assunta violazione di legge si basa e presuppone una diversa valutazione e ricostruzione delle risultanze acquisiste nel giudizio di merito, censurabile - e solo entro certi limiti - sotto il profilo del vizio di motivazione, secondo il paradigma previsto per la formulazione di detto motivo. Va qui ribadito che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa (di qui la funzione di assicurare l’uniforme interpretazione della legge assegnata alla Corte di cassazione dall’art. 65 ord. giud.); viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge e impinge nella tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione; il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi - violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta - è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (in tal senso essenzialmente cfr. Cass. n. 16698 e 7394 del 2010).
Nel caso in esame, contrariamente a quanto sostenuto dalle ricorrenti, la Corte distrettuale, ha accertato che i beni di che trattasi erano destinati all’uso comune, specificando che neppure gli appellati (odierni ricorrenti) avevano contestato l’oggettiva destinazione all’uso comune dell’area dell’ingresso e del terrazzo.
2.= Con il secondo motivo le ricorrenti lamentano omessa insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio (art. 360, primo comma, n. 5 cod. proc. civ.). Secondo le ricorrenti, la sentenza impugnata sarebbe illegittima anche perché la Corte distrettuale non avrebbe tenuto conto delle caratteristiche strutturali degli immobili oggetto della controversia.
2.1.= Il motivo rimane assorbito perché, quali che fossero le caratteristiche strutturali degli immobili oggetto di controversia, comunque, la Corte distrettuale ha accertato la destinazione all’uso comune dell’area di ingresso o del terrazzo. Senza dire che l’unità di piano terra di proprietà di C.L. (adesso degli eredi) costituisce parte strutturale e funzionale integrante della palazzina condominiale cui ineriscono i diritti sulle parti comuni della palazzina stessa e tra le quali rientrano l’ingresso e la terrazza di copertura, oggettivamente destinati all’uso comune, tanto è vero che, come specifica la stesa sentenza impugnata nell’androne condominiale si trovavano collocati i contatori dell’acqua e sul terrazzo dell’edificio fino a due anni prima vi era installata la antenna televisiva, appartenente a C.L. .
In definitiva, il ricorso va rigettato e ricorrenti in ragione del principio di soccombenza condannati a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione, che vengono liquidate con il dispositivo. Il Collegio dà atto che, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002, sussistono i presupposti per il versamento, da parte delle ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, condanna ricorrenti in solido a rimborsare a parte controricorrente le spese del presente giudizio di cassazione che liquida in Euro 2.200,00 di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15% del compenso ed accessori, come per legge; dà atto che, ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del DPR 115 del 2002 sussistono i presupposti per il versamento da parte delle ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.
Depositato in Cancelleria il 5 ottobre 2017
Continua a leggere...
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...