martedì 27 settembre 2016

La canna fumaria non fa distanza

La canna fumaria non è una costruzione ma un semplice accessorio di un impianto e quindi non trova applicazione la disciplina di cui all’art. 907 c.c..

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 13 aprile – 23 maggio 2016, n. 10618
Presidente Migliucci – Relatore Orilia

Una massima semplice per una problema frequente.

E’ noto che la Cassazione ha più volte sottolineato che nel condominio la disciplina delle distanze fra costruzioni deve essere sempre applicata. Nella pronuncia in commento si sottolinea invece che la semplice condotta di scarico dei fumi non può essere considerata manufatto idoneo alla applicazione della disciplina sulle distanze dalle vedute. Sul punto la sentenza adduce una motivazione sintetica ma efficace e di interesse operativo: “Dal contenuto della citazione introduttiva risulta dedotta “la sussistenza di due canne fumarie davanti alle finestre al primo piano della proprietà attorea a distanza inferiore a quella di legge”, il che induce senz’altro a ritenere che la doglianza sia stata formulata con riferimento alla violazione degli artt. 907 cc (distanza delle costruzioni dalle vedute) e 890 cc (distanze per fabbriche e depositi nocivi o pericolosi). Ciò chiarito, come già affermato dalla giurisprudenza di questa Corte, la canna fumaria non è una costruzione, ma un semplice accessorio di un impianto e quindi non trova applicazione la disciplina di cui all’art. 907 Sez. 2, Sentenza n. 2741 del 23/02/2012 Rv. 621675). Il Collegio ritiene di dare continuità a tale orientamento considerando le caratteristiche dei manufatti di cui si discute (si tratta in sostanza di semplici tubi in materiale metallico). Perde così consistenza ogni disquisizione sulla natura di luci o vedute. Quanto al tema delle immissioni di cui all’art. 844 cc. la valutazione della tollerabilità, ove adeguatamente motivata, nell’ambito dei criteri direttivi indicati dal citato art. 844 cod. civ., con particolare riguardo a quello del contemperamento delle esigenze della proprietà privata con quelle della produzione, costituisce accertamento di merito insindacabile in sede di legittimità”.
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A maggioranza si può decidere all’uso turnario, non quello esclusivo

Mentre è legittima la delibera, anche assunta a maggioranza, che permette l’utilizzo turnario dei posti auto tra i vari condomini, non lo è quella che delibera la trasformazione del cortile comune in posto auto riservato perennemente ad un singolo condomino o in favore di un gruppo specifico di condomini in quanto, in questo caso, viene leso il diritto di ciascun condomino di utilizzare i beni comuni. La delibera assunta a maggioranza, che riserva solo in favore di alcuni condomini l’utilizzo esclusivo del cortile deve essere dichiarata nulla e, come tale, può essere impugnata ben oltre il termine dei trenta giorni previsto per l’impugnativa delle delibere nulle. diritto di condominio ha il suo fondamento nel fatto che le parti siano necessarie per l’esistenza, ovvero che siano permanentemente destinate all’uso o al godimento comune.

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Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 18 dicembre 2015 – 27 maggio 2016, n. 11034

Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 18 dicembre 2015 – 27 maggio 2016, n. 11034 

Presidente Mazzacane – Relatore Falabella

Un principio pacifico e non controverso ma che spesso, nelle assemblee di condominio, tanto pacifico non è. Nel lontano 1980 il condominio, con delibera a maggioranza, attribuisce ad alcuni condomini l’uso esclusivo di alcuni posti auto nel cortile comune. Dodici anni dopo, nel 1992, l’assemblea conferisce mandato all’amministratore di verificare se l’utilizzo di tali posti auto sia legittimo, ritenendo la nullità della delibera del 1980. Una delle beneficiarie delle assegnazioni del 1980 conviene in giudizio il condominio per sentir accertare la nullità della delibera del 1992 (e la legittimità di quella del 1980). “Il Condominio si costituiva in giudizio deducendo che il verbale di assemblea approvato da ultimo non avesse alcun valore e concordava con l’attrice circa la validità della suddetta delibera relativa ai posti auto” (sic!). Altri condomini, successivamente, citano il Condominio e alcuni assegnatari per sentir dichiarare nulla la delibera del 1980 ed illegittimo l’uso esclusivo dei parcheggi. Le cause vengono riunite ed in primo grado il Tribunale di Roma “accertava che le aree a cortile e il giardino risultavano di proprietà condominiale e di uso comune: per conseguenza - affermava - le medesime non potevano essere destinate al godimento anche di un solo condomino. Rilevava inoltre che l’assemblea del 29 giugno 1980, con cui era stato concesso a quattro condomini il diritto di parcheggio esclusivo della loro autovettura, con esclusione del concorrente diritto degli altri, non era stata adottata all’unanimità. Concludeva nel senso che la delibera stessa dovesse considerarsi affetta la nullità: invalidità, questa, che escludeva la decadenza per il decorso del termine previsto dall’art. 1137”. Dopo una parziale riforma in appello, la causa approda in CAssazione, ove si afferma che, astrattamente, la decisione con cui l’assemblea regolamenta la fruizione dei posti auto “in quanto disciplina le modalità di uso e di godimento del bene comune, è validamente approvata con la maggioranza prevista dall’art. 1136, 5 co. c.c., non essendo all’uopo necessaria l’unanimità dei consensi “ Tale facoltà di disciplina incontra un limite netto nell’art. 1120 cod.civ.:“Tuttavia, la proposizione in tanto vale in quanto la delibera regolamenti l’uso e il godimento nel senso di disporre una innovazione diretta al miglioramento, all’uso più comodo, o al maggior rendimento delle cose comuni a norma dell’art. 1120, 1 co. cod.civ. … È lo stesso art. 1120 a marcare il limite che si frappone all’attuazione di innovazioni che abbiano un diverso effetto: il secondo (ora quarto) comma dell’articolo prevede infatti che sono vietate le innovazioni “che rendano talune parti comuni dell’edificio inservibili all’uso o al godimento anche di un solo condomino”. Il divieto di tali innovazioni ha proprio lo scopo di evitare che il singolo condomino veda contrarsi il suo diritto di godere, entro i limiti della propria quota, di parti del condominio che sono comuni, e quindi destinate alla fruizione collettiva. Sul punto, la disposizione replica il precetto, di carattere più generale, dettato in materia di comunione dall’art. 1102 c.c.: precetto che trae origine dalla medesima ragione ispiratrice e che fa infatti divieto a ciascun comunista di impedire agli altri partecipanti della comunione di fare parimenti uso della cosa secondo il loro diritto. In tal modo, deve negarsi che l’utilizzo che il singolo condomino faccia del bene comune possa risolversi in una compressione quantitativa o qualitativa di quello, attuale o potenziale, degli altri.” La corte dunque giunge ad un giudizio di censura delle decisioni di merito: “Sulla base delle considerazioni che precedono si deve allora riconoscere che l’assegnazione, in via esclusiva e per un tempo indefinito (al di fuori, dunque, da ogni logica di turnazione), di posti macchina all’interno di un’area condominiale sia illegittima, in quanto determina una limitazione dell’uso e del godimento che gli altri condomini hanno diritto di esercitare sul bene comune…In sintesi, dunque, la predetta assegnazione è di per sé lesiva di un uso e godimento paritario del bene: uso e godimento che va apprezzato sulla scorta di un’astratta valutazione del rapporto di equilibrio che deve essere mantenuto fra tutte le possibili concorrenti fruizioni del bene stesso da parte dei partecipanti al condominio… Ha errato quindi la corte territoriale nel ritenere che la delibera del 26 settembre 1980, adottata a maggioranza, potesse assegnare l’uso, in via esclusiva, di posti macchina ad alcuni dei condomini. E sul punto va rammentato che è nulla (e non soltanto annullabile) la deliberazione dell’assemblea presa a maggioranza che approvi una utilizzazione particolare da parte di un singolo condomino di un bene comune, qualora tale diversa utilizzazione - senza che sia dato distinguere tra parti principali e secondarie dell’edificio condominiale - rechi pregiudizievoli invadenze nell’ambito dei coesistenti diritti altrui”.
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DANNI DA LASTRICO SOLARE ESCLUSIVO: Le Sezioni unite risolvono il dilemma fra gli artt. 1123 e 1126 cod.civ.?

In tema di condominio negli edifici, allorquando l’uso del lastrico solare non sia comune a tutti i condomini, dei danni che derivino da infiltrazioni nell’appartamento sottostante rispondono sia il proprietario o l’usuario esclusivo del lastrico solare (o della terrazza a livello), in quanto custode del bene ai sensi dell’art. 2051 c.c., sia il condominio, in quanto la funzione di copertura dell’intero edificio, o di parte di esso, propria del lastrico solare (o della terrazza a livello), ancorché di proprietà esclusiva o in uso esclusivo, impone all’amministratore l’adozione dei controlli necessari alla conservazione delle parti comuni (art. 1130, primo comma, n. 4, c.c.) e all’assemblea dei condomini di provvedere alle opere di manutenzione straordinaria (art. 1135, primo comma, n. 4, c.c.). Il concorso di tali responsabilità, salva la rigorosa prova contraria della riferibilità del danno all’uno o all’altro, va di regola stabilito secondo il criterio di imputazione previsto dall’art. 1126 cod. civ., il quale pone le spese di riparazione o di ricostruzione per un terzo a carico del proprietario o dell’usuario esclusivo del lastrico (o della terrazza) e per i restanti due terzi a carico del condominio.

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LASTRICO SOLARE: Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 28 aprile – 10 maggio 2016, n. 9449

Corte di Cassazione, sez. Unite Civili, sentenza 28 aprile – 10 maggio 2016, n. 9449

Presidente Rovelli – Relatore Petitti

Un contrasto giurisprudenziale sul quale, da molti mesi, si attendeva una pronuncia che lo appianasse. Sul punto le Sezioni Unite si erano già pronunciate nell’ormai lontano 1997, con sentenza n.2672, ove si affermava: “poiché il lastrico solare dell’edificio (soggetto al regime del condominio) svolge la funzione di copertura del fabbricato anche se appartiene in proprietà superficiaria o se è attribuito in uso esclusivo ad uno dei condomini, all’obbligo di provvedere alla sua riparazione o alla sua ricostruzione sono tenuti tutti i condomini, in concorso con il proprietario superficiario o con il titolare del diritto di uso esclusivo. Pertanto, dei danni cagionati all’appartamento sottostante per le infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico, deteriorato per difetto di manutenzione, rispondono tutti gli obbligati inadempienti alla funzione di conservazione, secondo le proporzioni stabilite dal citato art. 1126, vale a dire, i condomini ai quali il lastrico serve da copertura, in proporzione dei due terzi, e il titolare della proprietà superficiaria o dell’uso esclusivo, in ragione delle altre utilità, nella misura del terzo residuo”. Per molti anni gli operatori del diritto e gli amministratori si erano attenuti a tale indirizzo, anche se la giurisprudenza e la dottrina degli anni successivi, aveva individuato comunque soluzioni contrastanti: “La sentenza ora richiamata non ha uniformato la giurisprudenza successiva, essendosi registrate decisioni (Cass. n. 6376 del 2006; Cass. n. 642 del 2003; Cass. n. 15131 del 2001; Cass. n. 7727 del 2000) che hanno ricondotto la vicenda in esame all’ambito di applicazione dell’art. 2051 cod. civ.. Si è, infatti, sostenuto che il condominio di un edificio, quale custode dei beni e dei servizi comuni, essendo obbligato ad adottare tutte la misure necessarie affinché le cose comuni non rechino pregiudizio ad alcuno, risponde, in base al disposto dell’art. 2051 cod. civ., dei danni da queste cagionati alla porzione di proprietà esclusiva di uno dei condomini. Secondo questo indirizzo, dunque, la legittimazione passiva del condominio sussiste anche per quanto riguarda i danni subiti dai singoli condomini (Cass. n. 6849 del 2001; Cass. n. 643 del 2003), in quanto, a tal fine, i criteri di ripartizione delle spese necessarie (ex art. 1126 cod. civ.) non incidono sulla legittimazione del condominio nella sua interezza e del suo amministratore, comunque tenuto a provvedere alla conservazione dei diritti inerenti alle parti comuni dell’edificio ai sensi dell’art. 1130 cod. civ. (Cass. n. 3676 del 2006; Cass. n. 5848 del 2007; Cass. n. 4596 del 2012).”
La Seconda Sezione civile della Corte, con la ordinanza interlocutoria n. 13526 del 2014, ha rimesso la questione alle Sezioni Unite, sollevando diverse perplessità e in particolare: “Il Collegio ha condiviso gli orientamenti critici della dottrina e della giurisprudenza discordante e ha ritenuto condivisibile la tesi che sostiene la responsabilità ex art. 2051 cod. civ., sottolineando, in particolare, l’indebita applicazione degli artt. 1123 e 1126 cod. civ., che vengono interpretati dalla sentenza del 1997, non più come norme che disciplinano la ripartizione delle spese interne, ma come fonti da cui scaturiscono le obbligazioni propter rem. Nell’ordinanza interlocutoria vengono individuati i seguenti passaggi qualificanti dell’orientamento criticato delle S.U. del 1997: 1. l’esclusione, in via di principio, che la responsabilità per danni prodotti nell’appartamento sottostante dalle infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico solare per difetto di manutenzione si ricolleghi al disposto dell’art. 2051 cod. civ.; 2. l’affermazione che “dall’art. 1123 e dall’art. 1126 cod. civ. discendono obbligazioni poste dalla legge a carico ed a favore dei condomini dell’edificio, da qualificare come obbligazioni propter rem di cui i partecipanti al condominio sono ad un tempo soggetti attivi e soggetti passivi”; 3. la deduzione da tali premesse che “le obbligazioni reali di conservazione riguarderebbero tutti i rapporti reali inerenti, con la conseguenza che la susseguente responsabilità per inadempimento concerne i danni arrecati ai beni costituenti il fabbricato”; 4. l’assimilazione delle “condizioni materiali di dissesto e di degrado del lastrico” come species dell’unico concetto tecnico “di difetto di manutenzione” e quale coincidente conseguenza “dell’inadempimento delle obbligazioni propter rem”; 5. la conclusione per cui la responsabilità e il risarcimento dei danni sono regolati secondo gli stessi criteri di imputazione e di ripartizione, cioè quelli prescritti dall’art. 1126 cod. civ.” Nel provvedimento di remissione si osserva che “il fatto costitutivo dell’illecito risale alla condotta omissiva o commissiva dei condomini, che fonda una responsabilità aquiliana, la quale deve essere scrutinata secondo le rispettive colpe dei condomini e, in caso di responsabilità condominiale, secondo i criteri millesimali, senza utilizzare la normativa coniata ad altro fine”. In sostanza, afferma la sezione che ha sollevato il contrasto, se vi è stata omessa manutenzione del lastrico dal quale deriva danno, tale omessa manutenzione deve essere ricondotta all’obbligo di custodia che grava su tutti i condomini ex art. 2051 cod.civ., le conseguenze che ne derivano devono essere ascritte alla categoria del fatto illecito relativo ad una parte comune e di tale illecito dovranno rispondere tutti i condomini che ne sono responsabili per i propri millesimi, prescindendo dalla minore o maggior utilità che il bene possa arrecare nello specifico, atteso che - secondo tale giudice - la norma specifica di cui all’art. 1126 cod.civ. non è volta a disciplinare la responsabilità dei condomini ma unicamente a determinare il loro contributo alla spesa. Le Sezioni Unite non mutano orientamento rispetto al 1997 quanto alla soluzione finale, cui tuttavia pervengono con un articolato logico del tutto differente. Allora la Corte aveva fondato la responsabilità dei condomini sullo schema delle obbligazioni propter rem ritenendo che “la responsabilità per danni prodotti all’appartamento sottostante dalle infiltrazioni d’acqua provenienti dal lastrico solare (lastrico condominiale o in proprietà o uso esclusivo), per difetto di manutenzione, si ricollegasse, piuttosto che al disposto dell’art. 2051 cod. civ., ed al generale principio del neminem laedere, direttamente alla titolarità del diritto reale e, perciò, dovesse considerarsi come conseguenza dell’inadempimento delle obbligazioni di conservare le parti comuni, poste a carico dei condomini (art. 1123, primo comma, cod. civ.) e del titolare della proprietà superficiaria o dell’uso esclusivo (art. 1126 cod. civ.).” Quella particolare obbligazione - secondo la pronuncia degli anni 90 - era declinata secondo le regole previste dagli artt. 1123 e 1126 cod. civ., con la conseguenza che al risarcimento dei danni cagionati all’appartamento sottostante per difetto di manutenzione dovrebbero essere tenuti gli obbligati inadempienti. Le Sezioni Unite attuali virano di 90 gradi rispetto a tale lettura ed affermano principio del tutto diverso: “Tuttavia, la configurabilità di un siffatto rapporto obbligatorio non sembra tenere conto che il proprietario dell’appartamento danneggiato dalla cosa comune, anche se in uso esclusivo, è un terzo che subisce un danno per l’inadempimento dell’obbligo di conservazione della cosa comune (in tal senso, v., di recente, Cass. n. 1674 del 2015); il che implica la chiara natura extracontrattuale della responsabilità da porre in capo al titolare dell’uso esclusivo del lastrico e, per la natura comune del bene, dello stesso condominio. Nell’ambito di tale tipo di responsabilità, poi, deve ritenersi che le fattispecie più adeguate di imputazione del danno siano quella di cui all’art. 2051 cod. civ., per il rapporto intercorrente tra soggetto responsabile e cosa che ha dato luogo all’evento, ovvero quella di cui all’art. 2043 cod. civ., per il comportamento inerte di chi comunque fosse tenuto alla manutenzione del lastrico. In tal senso deve quindi escludersi la natura obbligatoria, sia pure nella specifica qualificazione di obbligazione propter rem, del danno cagionato dalle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare o dalla terrazza a livello, e deve affermarsi la riconducibilità della detta responsabilità nell’ambito dell’illecito aquiliano”. Afferma la Suprema Corte quindi che “In quest’ambito, come detto, non può essere posta in discussione la specificità del lastrico solare, quando questo sia anche solo in parte in uso esclusivo. Esso, invero, per la parte apparente, e quindi per la superficie, costituisce oggetto dell’uso esclusivo di chi abbia il relativo diritto; per altra parte, e segnatamente per la parte strutturale sottostante, costituisce cosa comune, in quanto contribuisce ad assicurare la copertura dell’edificio o di parte di esso. Risultano allora chiare le diverse posizioni del titolare dell’uso esclusivo e del condominio: il primo è tenuto agli obblighi di custodia, ex art. 2051 cod. civ., in quanto si trova in rapporto diretto con il bene potenzialmente dannoso, ove non sia sottoposto alla necessaria manutenzione; il secondo è tenuto, ex artt. 1130, primo comma, n. 4, e 1135, primo comma, n. 4, cod. civ. (nei rispettivi testi originari), a compiere gli atti conservativi e le opere di manutenzione straordinaria relativi alle parti comuni dell’edificio”. Non più dunque obbligazione propter rem ma responsabilità extracontrattuale, per il cui riparto - per la specifica natura del bene destinato a diverse funzioni - si dovrà comunque mutuare un criterio tratto dall’art. 1126 cod.civ. : “La naturale interconnessione esistente tra la superficie del lastrico e della terrazza a livello, sulla quale si esercita la custodia del titolare del diritto di uso in via esclusiva, e la struttura immediatamente sottostante, che costituisce cosa comune - sulla quale la custodia non può esercitarsi nelle medesime forme ipotizzabili per la copertura esterna e in relazione alla quale è invece operante il dovere di controllo in capo all’amministratore del condominio ai sensi del richiamato art. 1130, primo comma n. 4, cod. civ. induce tuttavia ad individuare una regola di ripartizione della responsabilità mutuata dall’art. 1126 cod. civ. … il criterio di riparto previsto per le spese di riparazione o ricostruzione dalla citata disposizione costituisce un parametro legale rappresentativo di una situazione di fatto, correlata all’uso e alla custodia della cosa nei termini in essa delineati, valevole anche ai fini della ripartizione del danno cagionato dalla cosa comune che, nella sua parte superficiale, sia in uso esclusivo ovvero sia di proprietà esclusiva, è comunque destinata a svolgere una funzione anche nell’interesse dell’intero edificio o della parte di questo ad essa sottostante”. L’aver ricondotto la fattispecie alla ipotesi della responsabilità extracontrattuale, e non più ad una ipotesi di obbligazione di altra natura, comporta rilevanti conseguenze applicative che la Corte sottolinea e a cui anche l’operatore sul campo dovrà prestare adeguata attenzione: “Dalla attrazione del danno da infiltrazioni nell’ambito della responsabilità civile discendono conseguenze di sicuro rilievo. Trovano, infatti, applicazione tutte le disposizioni che disciplinano la responsabilità extracontrattuale, prime fra tutte quelle relative alla prescrizione e alla imputazione della responsabilità, dovendosi affermare che del danno provocato dalle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare o dalla terrazza a livello risponde il proprietario o il titolare di diritto di uso esclusivo su detti beni al momento del verificarsi del danno. Una volta esclusa la applicabilità della disciplina delle obbligazioni, deve infatti escludersi che l’acquirente di una porzione condominiale possa essere ritenuto gravato degli obblighi risarcitori sorti in conseguenza di un fatto dannoso verificatosi prima dell’acquisto, dovendo quindi dei detti danni rispondere il proprietario della unità immobiliare al momento del fatto. Trova applicazione altresì la disposizione di cui all’art. 2055 cod. civ., ben potendo il danneggiato agire nei confronti del singolo condomino, sia pure nei limiti della quota imputabile al condominio. In tal senso, del resto, si è già affermato che “il risarcimento dei danni da cosa in custodia di proprietà condominiale soggiace alla regola della responsabilità solidale ex art. 2055, primo comma, cod. civ., norma che opera un rafforzamento del credito, evitando al creditore di dover agire coattivamente contro tutti i debitori pro quota, anche quando il danneggiato sia un condomino, equiparato a tali effetti ad un terzo, sicché devono individuarsi nei singoli condomini i soggetti solidalmente responsabili, poiché la custodia, presupposta dalla struttura della responsabilità per danni prevista dall’art. 2051 cod. civ., non può essere imputata né al condominio, quale ente di sola gestione di beni comuni, né al suo amministratore, quale mandatario dei condomini” (Cass. n. 1674 del 2015). Trova, infine, applicazione l’intera disciplina dell’art. 2051 cod. civ., anche per i limiti alla esclusione della responsabilità del soggetto che ha la custodia del bene da cui è stato provocato il danno.” Una sentenza lunga e complessa, di grande rilievo interpretativo e di sicura incidenza pratica, di cui è apparso utile riportare ampi stralci ma che non sarà inopportuno che il soggetto che opera professionalmente nel campo del diritto condominiale legga per esteso. Una sentenza, infine, che contribuisce a dare una ulteriore spallata alla categoria delle obbligazioni propter rem, che la migliore dottrina dell’ultimo decennio e parte della giurisprudenza - con sempre maggior vigore - ritengono avere scarsa cittadinanza nell’edificio in condominio, ove più spesso prevalgono obblighi legati a parametri che prescindono dalla mera titolarità del bene e sono correlati unicamente alla funzione o utilità che lo stesso bene rende ai condomini. 
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IMPUGNAZIONE DELIBERA ASSEMBLEARE: l'amministratore può nominare il legale senza l'autorizzazione assembleare

In materia di impugnazione di delibera assembleare l'amministratore ha legittimazione passiva che non necessita di autorizzazione dei condomini e può anche nominare il legale

Cassazione, 25 maggio 2016, n. 10865

In tema di condominio negli edifici, l'amministratore, per conferire procura al difensore al fine di costituirsi in giudizio nelle cause che non esorbitano dalle sue attribuzioni, agli effetti dell'art. 1131, commi 2 e 3, c.c., - nella specie, resistenza all'impugnazione di una delibera assembleare proposta da un condomino - non ha bisogno dell'autorizzazione dell'assemblea dei condomini, ed una eventuale deliberazione sul punto avrebbe il significato di mero assenso alla scelta già validamente effettuata dall'amministratore. Infatti, tale autorizzazione o l'eventuale ratifica assembleare occorre soltanto per le cause che esorbitano dalle attribuzioni dell'amministratore, ai sensi dell'art. 1131, commi 2 e 3, c.c., sicché essa non necessita, sussistendo al riguardo autonoma ed incondizionata legittimazione dell'amministratore, per i giudizi che abbiano ad oggetto l'esecuzione di una deliberazione assembleare o, come nel caso in esame, la resistenza all'impugnazione di una deliberazione proposta da un condomino. L'amministratore di condominio è, in sostanza, legittimato passivo nel giudizio di impugnazione ex art. 1137 c.c., in quanto, nel compito di eseguire le deliberazioni dell'assemblea dei condomini, affidato all'amministratore dall'art. 1130, n. 1, c.c. - per il cui espletamento nel successivo art. 1131 c.c. gli è riconosciuta la rappresentanza in giudizio del condominio, è implicitamente ricompreso quello di difendere la validità delle deliberazioni in relazione alla regolarità delle assemblee in cui le stesse furono adottate. Ciò significa che non occorre che l'amministratore si munisca di autorizzazione dell'assemblea per resistere nella lite, ne che l'assemblea dia mandato all'amministratore per conferire la procure "ad litem" al difensore, che, quindi, lo stesso amministratore ha il potere di nominare. La questione della legittimazione passiva dell'amministratore, in altri termini, e infatti logicamente connessa a quella della necessità dell'approvazione assembleare della nomina dell'avvocato cui dare mandato per la costituzione del condominio.

Vedansi anche:

  • Cass. 8309/2015;
  • Cass. Civ. Sez. II, sentenza 23/0l/2014, n. 1451;
  • Cass. Civ. Sez. II, sentenza 25/10/2010, n. 21841;
  • Cass. civ. Sez. Un, sentenza 06/08/2010, n. 18331;
  • Cass. Civ. Sez. II, sentenza 26/11/2004, n. 22294;
  • Cass. Civ. Sez. II, sentenza 10/04/1999, n. 3504.


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Installazione tubature in pretesa violazione delle norme in tema di distanze - Cass. 17/06/2016 n.12633

Le norme sull'uso delle parti comuni prevalgono in regime di specialità sulle norme in tema di distanze, qualora si generi un contrasto applicativo

Cassazione, 17 giugno 2016 n. 12633

Il caso nasce dalla installazione di tubature in pretesa violazione delle norme in tema di distanze rispetto alla proprietà esclusiva del condomino.
La Corte di Cassazione conferma il proprio consolidato indirizzo per il quale, in materia condominiale, le norme relative ai rapporti di vicinato, tra cui quella dell'art. 889 c.c., trovano applicazione rispetto alle singole unità immobiliari soltanto in quanto compatibili con la concreta struttura dell'edificio e con la particolare natura dei diritti e delle facoltà dei singoli proprietari, pertanto, qualora esse siano invocate in un giudizio tra condomini, il giudice di merito e tenuto ad accertare se la loro rigorosa osservanza non sia nel caso irragionevole, considerando che la coesistenza di più appartamenti in un unico edificio implica di per sé il contemperamento dei vari interessi al fine dell'ordinato svolgersi di quella convivenza che è propria dei rapporti condominiali. In particolare, nel caso di installazione delle condutture idriche, la deroga al rispetto delle distanze postula l'impossibilità di posizionare altrimenti le tubazioni, attesa la necessaria contiguità delle unità immobiliari comprese nell'edificio condominiale. Nel caso di specie, a giudizio della Suprema Corte, tale presupposto è stato correttamente escluso dai giudici di merito in quanto l'installazione delle tubazioni a distanza illegale non era dovuta ad una situazione strutturale obiettiva dell'edificio ovvero a necessità che rendevano irragionevole il rispetto delle distanze, bensì all'esigenza soggettiva del condomino di rendere commerciabile sul mercato il proprio immobile.


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II condominio parziale è inopponibile ai terzi nei rapporti esterni

Cassazione, 17 giugno 2016 n. 12641

Deve ritenersi legittimamente configurabile la fattispecie del condominio parziale "ex lege" tutte le volte in cui un bene risulti, per obbiettive caratteristiche strutturali e funzionali, destinato al servizio e/o al godimento in modo esclusivo di una parte soltanto dell'edificio in condominio, parte oggetto di un autonomo diritto di proprietà, venendo in tal caso meno il presupposto per il riconoscimento di una contitolarità necessaria di tutti i condomini su quel bene. II fondamento normativo, che limita in tale senso la proprietà delle cose, servizi ed impianti dell'edificio, si rinviene nell'art. 1123, comma 3, c.c. Il primo comma dello stesso art. 1123 c.c. elabora il principio generale secondo cui l'obbligazione di contribuire alle spese per la conservazione e per il godimento delle parti comuni si suddivide in proporzione alle quote di ciascuno, il terzo comma consente allora di aggiungere che l'obbligazione di contribuire alle spese per la conservazione ed il godimento grava, invece, soltanto su taluni condomini, come conseguenza della delimitazione della loro appartenenza.

A tale parziale attribuzione della titolarità delle parti comuni corrispondono conseguenze di rilievo per quanto attiene alla gestione, nonché all'imputazione delle spese. Relativamente alle cose, di cui non hanno la titolarità, per i partecipanti al gruppo non sussiste il diritto di partecipare all'assemblea, dal che deriva che la composizione del collegio e delle maggioranze si modifica in relazione alla titolarità delle specifiche parti oggetto della concreta delibera da adottare. Inoltre, a carico dei medesimi condomini privi di contitolarità con riguardo a quel dato bene, neppure ovviamente si pone un problema di contribuire alle spese.

La sentenza in rassegna ha affermato la carenza di legittimazione di un "condominio parziale" convenuto in giudizio per il crollo di un muro. Il danneggiato sosteneva che il muro crollato costituisse un bene comune relativo a uno solo dei tre edifici posti orizzontalmente su più numeri civici, e quindi poteva essere chiamato in giudizio il condominio parziale dell'edificio al cui numero civico il muro era relativo. Il muro era invece parte di un più vasto complesso condominiale esteso su più numeri civici. La Suprema Corte ha evidenziato tuttavia che se il muro crollato avesse rappresentato un bene necessario all'uso comune soltanto di uno degli edifici di un unico condominio orizzontale, la domanda risarcitoria sarebbe state inammissibile, poiché rivolta nei confronti di uno solo di tali edifici. Infatti il condominio parziale non ha una propria autonoma legittimazione processuale passiva, tale da poter sostituire il condominio dell'intero edificio (Cassazione, sentenza 2363/2012).
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Responsabilità del custode per danno cagionato a causa dell'acqua sulla pavimentazione

Sempre in tema di responsabilità del custode: questo è responsabile per il danno cagionato alla cliente scivolata sul pavimento bagnato a causa dell'acqua sgocciolata - da ombrelli e indumenti degli altri clienti del locale

Cassazione, 27 giugno 2016 n. 1322

II fatto è avvenuto in un esercizio commerciale ma ben potrebbe applicarsi il principio alla realtà del condominio.
Una cliente dell'esercizio commerciale era scivolata sul pavimento bagnato procurandosi una frattura del femore, ma la Corte d'Appello aveva rigettato la sua domanda ritenendo che la caduta fosse ascrivibile a mera disattenzione della donna che non si era avveduta del pavimento bagnato a causa dello sgocciolare degli indumenti e degli ombrelli dei numerosi avventori.
Per la Corte d'Appello la ricorrente, anche lei proveniente dall'esterno e da sotto la pioggia, non aveva adoperato la necessaria attenzione potendo prevedere che il pavimento fosse bagnato e che, a sua volta, non poteva essere, sia pure parzialmente, asciugato dal personale del panificio, a causa dell'affollamento del locale.
In sede di legittimità, la ricorrente lamentava che sarebbe gravato sul custode il prevedere la possibilità che, all'interno del negozio, avessero potuto crearsi pericoli per i clienti e quindi prendere provvedimenti per evitarli.
La Cassazione, nell'accogliere il ricorso, rammenta che custodi (i soggetti, pubblici o privati, che hanno il possesso o la detenzione) sono anzitutto i proprietari, come tali gravati da obblighi di manutenzione e controllo della cosa custodita.
In caso di incidente avvenuto, come nel caso di specie, all'interno o nell'ambito della cosa in custodia, dei danni conseguenti ad omessa o insufficiente relativa manutenzione, il proprietario o il custode risponde ex art. 2051 c.c., in ragione del particolare rapporto con la cosa che al medesimo deriva dalla disponibilità e dai poteri di effettivo controllo sulla medesima, salvo che dalla responsabilità presunta a suo carico si liberi dando la prova del fortuito.
Nel caso di specie era ben noto al proprietario-custode che fuori dal locale stesse piovendo e che numerosi clienti si trovassero all'interno con gli ombrelli sgocciolanti sì da bagnare il pavimento rendendolo ovviamente scivoloso, costui aveva il potere dovere di vigilanza e controllo da assolvere con diligenza, adottando tutte le misure idonee a prevenire ed evitare danni a terzi: ad esempio, regolamentare l'afflusso dei clienti, per evitarne un sovraffollamento che ostacolasse il mantenimento della loro sicurezza, impedire l'accesso con ombrelli sgocciolanti, utilizzando portaombrelli all'ingresso o all'esterno e apponendo materiali (ad esempio tappetini antiscivolo) sul pavimento.
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Giurisprudenza e lavoro: Attivata la procedura telematica per il deposito dei contratti di secondo

Il Ministero del Lavoro, con una nota postata sul sito www.cliclavoro.gov.it, comunica che a partire dal giorno 8 giugno 2016 il deposito dei contratti di secondo livello.
Nella Sezione Notizie del sito internet del Ministero del Lavoro è disponibile la procedura telematica per il deposito dei contratti aziendali e territoriali di secondo livello che regolamentano l’erogazione delle suddette somme. Pertanto ai fini del deposito degli accordi NON SI DOVRA’ più recarsi presso gli Uffici territoriali del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ma esclusivamente con modalità telematica.

NOTA DEL MINISTERO DEL LAVORO in merito alle sanzioni d’applicare per infedele registrazione LUL in caso di disconoscimento della trasferta:
il Ministero del Lavoro con la nota n.11885 DEL 14 GIUGNO 2016 ha fornito importanti chiarimenti sulle ipotesi di infedele registrazione sul LUL della trasferta del lavoratore e sulle conseguenze sanzionatorie di tale anomalia.
Nella nota viene precisato che, si verifica una infedele registrazione di una trasferta sul LUL quando sia riscontrabile una difformità tra quanto indicato sul LuL e la qualità o quantità della prestazione lavorativa effettuata o le somme effettivamente erogate.

Più precisamente il il dicastero del lavoro precisa che la non conforme registrazione della voce “trasferta” può integrare la condotta di infedele registrazione tutte le volte in cui, a seguito di accertamento ispettivo, venga rilevata “una difformità tra la realtà “fattuale” e quanto registrato sul LUL e sempre che “l’erronea” scritturazione del suddetto dato abbia determinato una differente quantificazione dell’imponibile contributivo”. Come ad esempio, la suddetta difformità si verifica qualora la trasferta non sia stata effettuata o la relativa indennità occulti emolumenti dovuti ad altro titolo.
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Giurisprudenza e lavoro: CIRCOLARE INPS ESCLUSIONE DALL’OBBLIGO DI REPERIBILITA' PER I DIPENDENTI DEL SETTORE PRIVATO

E’ stata pubblicata in data 7 marzo 2016 la circolare INPS n.95/2016 che detta gli indirizzi operativi e le linee guida in merito alla esenzioni dalla reperibilità per i lavoratori subordinati in malattia del settore privato.Con il D. Lgs. 151/2015 il legislatore ha previsto l’esclusione dall’obbligo di rispettare le fasce di reperibilità (per il settore privato dalle ore 10.00 alle ore 12.00 e dalle ore 17.00 alle ore 19.00) per i lavoratori la cui assenza sia connessa con:
  • patologie gravi che richiedono terapie salvavita, comprovate da idonea documentazione della Struttura sanitaria;
  • stati patologici sottesi o connessi a situazioni di invalidità riconosciuta, in misura pari o superiore al 67%.
L’Istituto ha già provveduto ad introdurre le modifiche procedurali per la gestione automatizzata dei certificati di malattia relativi alle patologie previste dalla norma, ma rimanda a successivo messaggio per le istruzioni alle Strutture territoriali in merito alle attività di monitoraggio e controllo medico legale. AGENZIA DELLE ENTRATE indicazioni su Premi di risultato e welfare aziendale L’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 28/E del 15 giugno 2016 unitamente al Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha fornito i primi chiarimenti in materia di detassazione dei premi di risultato e welfare aziendale. Più precisamente , viene illustrata l’agevolazione prevista per i premi di produttività, richiamando la prassi emanata negli anni scorsi in quanto ancora applicabile, date le analogie tra la agevolazione in commento e quelle preesistenti prorogate fino al 2014.
Sono, inoltre, esaminate le nuove disposizioni in materia di benefit, anche al fine di delineare il quadro delle erogazioni detassate che possono essere corrisposte in sostituzione delle retribuzioni premiali ed è chiarito l’ambito entro il quale è consentita la sostituzione tra le due componenti.
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Giurisprudenza e lavoro: INCENTIVO ASSUNZIONE GIOVANI (NELL’AMBITO DEL PROGRAMMA GARANZIA GIOVANI)

Con la circolare n. 89 del 24 maggio 2016 dell’INPS, l’Istituto illustra la disciplina relativa all’incentivo fornendone le indicazioni operative, la cumulabilità con gli altri aiuti di stato, il coordinamento con altri incentivi, e indicando gli adempimenti dei datori di lavoro relativamente al procedimento di ammissione a tale provvidenza ed alla sua fruizione. Il Super bonus è riconosciuto a tutti i datori di lavoro che assumono un lavoratore che abbia svolto o stia svolgendo un tirocinio extracurriculare, a prescindere dal fatto che il tirocinio sia stato o meno realizzato presso il medesimo datore di lavoro. A tal riguardo si precisa che tale incentivo l’incentivo spetta:
  • per le assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal 1° marzo 2016 al 31 dicembre 2016 riguardanti lavoratori che abbiano avviato e/o concluso un tirocinio extracurriculare entro il 31 gennaio 2016, nei limiti delle risorse specificamente stanziate;
  • a tutti i datori di lavoro privati, a prescindere dalla circostanza che siano imprenditori. Per l’ammissione all’incentivo, il datore di lavoro deve inoltrare all’INPS una domanda preliminare attraverso il modulo “GAGI”, disponibile all’interno dell’applicazione “DiResCo - Dichiarazioni di Responsabilità del Contribuente” sul sito internet www.inps.it.
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Giurisprudenza e lavoro: Esonero contributivo biennale - precisazioni ministeriali sulle condizioni di spettanza

Il Ministero del Lavoro, in risposta all'interpello n. 17 del 20 maggio 2016 , chiarisce, in relazione all'istanza di chiarimento avanzata dall'Associazione Nazionale delle Imprese di Sorveglianza Antincendio, che è possibile fruire dell’esonero contributivo, di cui all'art. 1, comma 178, L. n. 208/2015, per un periodo massimo di 24 mesi in caso di nuove assunzioni a tempo indeterminato effettuate dal 1° gennaio al 31 dicembre 2016 A tal riguardo il Ministero ha precisato che:
  • spetta, nel limite massimo di 24 mesi, nel caso in cui l’assunzione riguardi un lavoratore per il quale un datore di lavoro diverso abbia già beneficiato dell’esonero contributivo;
  • non spetta se l’assunzione riguarda un lavoratore per il quale il medesimo datore di lavoro (o una società controllata/collegata) abbia già beneficiato dell’esonero contributivo. Anche nel caso in cui “l’assunzione riguardi un lavoratore per il quale l’esonero contributivo sia stato già usufruito da parte di un diverso datore di lavoro in ragione di un precedente contratto a tempo indeterminato successivamente risolto, a condizione però che il datore di lavoro che assume non sia una società precisa che l’esonero contributivo disciplinato dalla Legge di Stabilità 2016
  • spetta, nel limite massimo di 24 mesi, nel caso in cui l’assunzione riguardi un lavoratore per il quale un datore di lavoro diverso abbia già beneficiato dell’esonero contributivo;
  • non spetta se l’assunzione riguarda un lavoratore per il quale il medesimo datore di lavoro (o una società controllata/collegata) abbia già beneficiato dell’esonero contributivo.
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Giurisprudenza e lavoro: Incentivo giovani genitori - applicabile anche agli studi professionali

La Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro, con l’Interpello n. 16 del 20 maggio 2016, chiarisce, in merito all'ambito di applicazione dell’incentivo “giovani genitori”, che è possibile ricomprendere nella nozione di imprenditore/datore di lavoro “qualunque soggetto che svolge attività economica e che sia attivo in un determinato mercato” ricomprendendo anche gli studi professionali tra i possibili beneficiari dell’incentivo.
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mercoledì 21 settembre 2016

L’Agenzia al servizio dei contribuenti nelle zone colpite dal sisma. Assistenza in camper, si parte il 21 settembre da Arquata del Tronto

COMUNICATO STAMPA

L’Agenzia al servizio dei contribuenti nelle zone colpite dal sisma Assistenza in camper, si parte il 21 settembre da Arquata del Tronto

L’Agenzia delle Entrate si attiva per fornire assistenza e informazioni ai contribuenti che vivono nelle zone colpite dal sisma dello scorso agosto. Riparte, questa settimana, il camper del progetto “Il Fisco mette le ruote”, con l’obiettivo di creare un punto di contatto diretto il più possibile vicino ai cittadini e di offrire servizi facilmente accessibili ai contribuenti dei comuni colpiti dal terremoto.

In particolare, la prima tappa del camper dell’Agenzia delle Entrate sarà nelle Marche, presso il Comune di Arquata del Tronto - Frazione Borgo, nei giorni 21, 22, 28 e 29 settembre dalle 10.00 alle 16.00. Nel Lazio, invece, lo sportello mobile sarà operativo ad Amatrice il 4 e il 6 ottobre, e ad Accumoli l’11 e il 13, dalle 10.00 alle 16.00.

Il camper dell’Agenzia è un vero e proprio ufficio itinerante, dotato di postazioni informatiche che consentono ai funzionari del Fisco di fornire tutti i servizi normalmente offerti presso gli sportelli delle Entrate, come:
  • il rilascio del duplicato della tessera sanitaria
  • l’abilitazione ai servizi telematici e la ristampa del codice Pin
  • eventuali informazioni sugli adempimenti fiscali
  • i servizi catastali.
Questo nel dettaglio il calendario dell’iniziativa:
  • Regione: Marche Comune: Arquata del Tronto – Frazione Borgo (AP) Data: 21, 22, 28 e 29 settembre
  • Regione: Lazio Comune: Amatrice (RI) Data: 4 e 6 ottobre Comune: Accumoli (RI) Data: 11 e 13 ottobre

Roma, 19 settembre 2016
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mercoledì 14 settembre 2016

Flash Lavoro Notizie di aggiornamento dal mondo del lavoro - Giurisprudenza e lavoro

di Vincenzo Di Domenico
Segretario SACI

Permessi Legge 104 e sospensione delle ferie programmate: Interpello del Ministero del Lavoro

In risposta all'interpello (n. 20 del 20 maggio 2016) Il Ministero del lavoro, ha precisato - a seguito dell’istanza presentata da CGIL riguardante la corretta interpretazione dell’art. 3, comma 3 della legge 104/1992 (tre giorni di permesso mensile per assistere il familiare con disabilità) – A tal proposito il dicastero specifica che la fruizione di tale permesso sospende il godimento delle ferie e pertanto trova applicazione “il principio della prevalenza delle improcrastinabili esigenze di assistenza e di tutela del diritto del disabile sulle esigenze aziendali e che pertanto il datore di lavoro non possa negare la fruizione dei permessi di cui all'art. 33, L. n. 104/1992 durante il periodo di ferie già programmate, ferma restando la possibilità di verificare l’effettiva indifferibilità della assistenza.

  • Incentivo “giovani genitori”: applicabile anche agli studi professionali
  • Esonero contributivo biennale: precisazioni ministeriali sulle condizioni di spettanza
  • INCENTIVO ASSUNZIONE GIOVANI (NELL’AMBITO DEL PROGRAMMA GARANZIA GIOVANI)
  • CIRCOLARE INPS ESCLUSIONE DALL’OBBLIGO DI REPERIBILITA' PER I DIPENDENTI DEL SETTORE PRIVATO
  • Attivata la procedura telematica per il deposito dei contratti di secondo
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giovedì 8 settembre 2016

LE SCADENZE FISCALI DEL MESE DI SETTEMBRE 2016: Aggiornamento

Di seguito il calendario di tutte le scadenze fiscali del mese di Settembre anno 2016


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mercoledì 7 settembre 2016

Speciale terremoto: perché è crollata la scuola Capranica

Facciamo un po' chiarezza sul crollo della scuola Romano Capranica di Amatrice. L'edificio inaugurato nel 1936, ha subito due ampliamenti duranti il suo percorso di vita. A forma di U, in parte raso al suolo durante il sisma del 24 agosto. I dirigenti del comune di Amatrice avevano scritto nel piano della Protezione Civile, che l'edificio era in pericolo di crollo in caso di sisma.

Bene. Il complesso, evidentemente, non seguiva le norme anti-sismiche. E così "nel 2012 - si legge nel manifesto propagandistico - il Comune di Amatrice con il contributo della Regione Lazio da' vita ad una massiccia opera di ristrutturazione dell'intero edificio". Lavori realizzati espressamente per "l'adeguamento della vulnerabilità sismica": sono stati fasciati "tutti i pilastri con le fibre di carbonio", "rinforzate le colonne centrali" e messe in sicurezza "le tamponature esterne e le tramezze interne". Infine altri lavori più superficiali. Il costo degli interventi: 510'000 €.

Ora servirebbe avere nella mani il progetto, si spera redatto da un competente ingegnere edotto di strutture miste in muratura e cemento armato, edotto sulle NTC 2008, edotto sulle Linee guida per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale. Perché la scuola, costruita in epoca fascista, a quanto si evince, aveva qualche vincolo per il quale gli interventi non potevano essere eccessivi, o per lo meno, per quel costo, si potevano fare solo certi tipi di interventi che possono portare a un miglioramento del rischio sismico, ma non all'adeguamento.

Gli edifici pubblici, quali ospedali, municipio, scuole, palestre, caserme, ... che per la loro natura di edifici pubblici devono, almeno secondo la norma, avere uno Stato Limite di Operatività (SLO) tale che la costruzione nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali e quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua funzione, non deve subire danni d'uso significativi. Può avere lievi acciacchi, ma non deve mai essere messo in dubbio il fatto che sia agibile o meno, che l'elettricità o il riscaldamento possano mancare. Questo era quello che deve accadere in ogni scuola del Paese: in caso di sisma, la popolazione, che si trova senza casa, deve poter trovare ospitalità negli edifici pubblici. Non in tende o quant'altro. Se questo non accade, qualcosa è andato storto.

Sulla scuola Capranica, voglio tirare fuori alcuni punti fondamentali nel quadro normativo in cui un ingegnere si muove.

- Ministero dei lavori pubblici - DM 16/01/1995 (G.U. n° 29) - Norme tecniche per gli edifici in area sismica - Per gli edifici esistenti, gli interventi strutturali possono essere progettati in accordo a due diverse tipologie: il miglioramento sismico o l'adeguamento sismica; ma per il patrimonio culturale è viene consigliato il miglioramento sismico.

- Dipartimento della Protezione Civile - OPCM 3274/03 - nelle   Norme tecniche per il progetto, valutazione e adeguamento sismico degli edifici: per i beni tutelati è in ogni caso possibile limitarsi ad interventi di miglioramento.

- NTC 2008

- Linee Guida per la valutazione e la riduzione del rischio sismico del patrimonio culturale.

Negli Stati Limite di riferimento per i beni culturali, si evince che non ha senso intervenire pesantemente su un manufatto storico, con un significativo impatto sulla conservazione, solo per prevenire fessurazioni che potranno essere restaurate nell'eventualità di un terremoto.

Bene. Anticipando ciò, possiamo passare ad un'analisi della scuola di Amatrice.

In questa foto satellitare (Bing Maps) si vede la scuola al centro a forma di U con a destra un grande parco verde.

In quest'altra foto satellitare, un po' più dettagliata (Tuttocittà), si vedono alcune parti che possiamo iniziare ad analizzare, come il tetto a due falde, i due semicilindri nella parte alta, che fanno pensare a un edificio pubblico sulla scia delle correnti artistiche architettoniche proprie degli anni '30 del 900.

Ecco un'immagina da Google Street View, l'edificio sembra non presentare problema alcuno.

Un'altra immagine da Google Street View nella parte opposta dell'edificio dove si vedeno le due ali della U. 

Ed ecco cosa è rimasto dopo il terremoto delle 3:36 del 24 agosto 2016, un giorno che pochi si dimenticheranno (speriamo).

Tranne la scritta: scappa, curri, va à la scola. Che sembra una metafora triste di questo edificio, iniziamo a notare alcuni particolari:
  • I solai e il tetto sono in cemento armato, mentre la muratura perimetrale, di notevole spessore come si evince dall'immagine, è in muratura, cosa che fa pensare che questa stessa avesse funzione portante. (Ripeto che non posso fare un'analisi della struttura in maniera approfondita solo dalle foto, ma nella prima metà del '900 era d'uso comune realizzare una struttura in cemento armato e le pareti esterne in muratura portante, si dice che i muratori che costruivano in cemento armato, una tecnologia relativamente nuova, non se ne fidassero molto, per questo realizzavano anche le pareti in muratura portante).



La qualità della foto non è evidente, ma si vede chiaramente come il tetto in cemento armato, con una presunta trave in CA di legatura, abbia evitato il collasso del tetto, ma tuttavia il peso del solaio ha fatto crollare la muratura, anzi meglio: il solaio laterocementizio per sua natura si considera indeformabile, è una struttura rigida, mentre le pareti in muratura sono molto fragili, in questo caso può essere accaduto che il pilastro abbia spinto fuori dal piano la muratura che è quindi crollata portandosi dietro parte del solaio.

Qua è una delle immagini più forti. Si sa che sotto non c'è nessuno, ma se il terremoto fosse venuto dopo un mese durante una mattina, sotto queste macerie ci sarebbero stati decine di bambini. Fa riflettere sul grado di sicurezza delle nostre scuole. Si vedono interi solai ancora intatti crollati al suolo, con parte di elementi in cemento armato sullo sfondo, una parete in muratura ancora intatta coricata sulle altre macerie, come se fosse crollata al proprio interno. Sembrerebbe che una struttura interna sia crollata trascinandosi dietro il solaio che legato alle murature le abbia portate dietro di se al collasso. Questo potrebbe avere un senso: spesso le strutture così antiche hanno bisogno di lavori di ampliamento, per ospitare aule e laboratori non previste dai progetti originali; la Scuola di San Giuliano di Puglia, crollata al seguito del terremoto del Molise del 2002 subì negli anni '90 dei lavori del genere: il progettista che operò sulla struttura creò un grande open space interno, per meglio far muovere i bambini, ma per fare questo trasformò quello che era un maschio murario in due pilastri in muratura. Bene, fino a che non è arrivato il terremoto, i pilastri hanno retto il carico verticale perfettamente, ma al momento del sisma non hanno potuto fare niente contro alla sollecitazione tagliante, collassando e portandosi dietro il solaio laterocementizio sopra che è imploso, portando via la vita di 27 bambini e di un'insegnante.





Adesso parliamo più attentamente di questa immagine, tra le più esaustive. Per meglio descrivere i fenomeni di collasso ho redatto due elaborazioni molto semplici.


Ho segnato in verde e blu le altezze degli assi dei solai, in rosso quello che era lo spigolo dell'edificio. Le due frecce rosse indicano il cedimento della muratura con il conseguente cedimento dei due solai che sono tuttavia rimasti appesi ai ferri dei travetti nella parte più interna. 


Ho segnato meglio alcune parti. L'edificio, come ipotizzato in precedenza è composto di una struttura mista in cemento armato e muratura portante. Con questo succede che avremo un comportamento strutturale differente da parte dei due modi costruttivi. Se infatti il cemento armato è capace di deformarsi molto a causa dei ferri presenti al suo interno che gli evitano la rottura fragile, le strutture in muratura portante hanno uno spostamento massimo che poi le porta ad avere una rottura fragile (le catene presenti negli archi, e anche all'interno delle murature servivano proprio ad aumentare questo spostamento massimo). 

Sulla destra, nella parte semicilindrica, si vede come la muratura che si è staccata ha creato come una sezione che evidenzia che la muratura è di notevole spessore, piena e quindi in conclusione è portante. 

Sopra il maschio murario della parte centrale è presente una trave, dove evidentemente era ancorato il solaio laterocementizio. Ma qua ho notato che nello spigolo dove sarebbe dovuto essere presente un pilastro in cemento armato al quale si sarebbe dovuta ancorare la trave c'è qualcosa che non va. Difatti in caso di collasso del pilastro, si ci aspetta di vedere una gabbia di ferri deformata, con questi ultimi che ancora escono dalla base del pilastro stesso, ma da questa immagine non c'è niente. 
E' quindi evidente che un pilastro in muratura doveva reggere una struttura in cemento armato sopra di se, ma una pilastro in muratura, soggetto a una forza orizzontale, crea una sollecitazione di taglio che porta a spezzare il pilastro, portandosi dietro tutti i carichi verticali che avrebbe dovuto reggere.  





In queste due altre immagini, l'analisi è molto simile a quella già fatta sopra: strutture in cemento armato, pesanti, che sarebbero dovute essere rette da delle pareti in muratura, non sufficientemente legate tra di loro. 


Questo è un problema molto diffuso nel mondo ingegneristico, difatti c'è stato un momento nella storia recente dell'edilizia in cui si ci aspettava miracoli dal cemento armato. Le capacità di calcolo, fino a poco tempo fa affidate al computo a mano da parte dei tecnici, erano troppo onerose per permettere le dovute analisi permesse oggi dai computer (con modelli realizzati agli elementi finiti), quindi sono stati realizzati modelli semplificati spesso basati sull'esperienza. Tra questi il principale era quello di legare le pareti, in maniera che queste non si muovessero, realizzare quindi delle travi di sommità sulle pareti. Inoltre si dava molto affidamento al cemento armato, tanto che non c'erano dubbi: gli antichi solai, in legno prima, poi in ferro alcuni, quando venivano rifatti, si utilizzava il metodo del solaio laterocementizio, implementando notevolmente i carichi verticali. Si vede dalle foto dei danni, come solai e tetti in cemento, abbiamo di fatto schiacciato le murature che li sorreggevano. 

Una fase su cui è impossibile fare degli approfondimenti con le immagini di cui disponiamo è l'analisi geologica. Può tranquillamente essere, che una struttura del genere, che non fosse la top da un punto di vista strutturale, possa essere debole alle fondamenta, provocando dei cedimenti puntuali che portano al conseguente crollo della struttura. Per questo, in un'analisi antisismica di un edificio, servirebbe sempre chiamare un geologo e un geotecnico, che possano aiutare al meglio gli interventi di adeguamento.


Concludo dicendo che alcuni edifici storici, anche se di una certa rilevanza, rappresentano un problema per lo Stato, che non ha la possibilità di garantirne la sicurezza o l'uso. Alcuni di questi, che non hanno un'importanza intrinseca, nel caso di rischio, dovrebbe essere abbattuti per mettere meglio in sicurezza il territorio poiché la loro conservazione, nonché la possibilità di farne uso, porterebbe a rischio la vita umana. Anche se è brutto dirlo, e mio malgrado da molto fastidio a me stesso, non posso che augurarmi un cambio di passo da parte del legislatore, che porti a dare più importanza alla sicurezza della vita umana a dispetto delle caratteristiche storiche e/o artistiche, o per le meno, che si neghi la possibilità di fare edifici strategici in quelle strutture che non lo potranno mai essere.

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martedì 6 settembre 2016

Regole applicative del GSE riguardanti gli Incentivi del Nuovo Conto Termico

Il GSE (Gestore dei Servizi Energetici) ha pubblicato sul proprio sito web le Regole applicative per il nuovo Conto termico (Conto termico 2.0), ovvero il sistema di incentivazione per l’efficienza energetica e le fonti rinnovabili disciplinato dal D.M. 16 febbraio 2016 e in vigore dal 31 maggio scorso (Cfr. precedente nostra Circolare n. 8/2016 del 4/3/2016 relativa al Nuovo Conto Termico).

Come noto, le nuove norme interessano particolarmente le Cooperative di Abitanti, in specie quelle iscritte all’Albo nazionale delle Cooperative e Consorzi di cui all’art. 13 della legge n. 59/1992, nonché i soci persone fisiche delle stesse che potranno fruire degli incentivi finanziari stabiliti per i diversi tipi di interventi relativi alla produzione di energia termica da fonti rinnovabili.

Infatti si ricomprendono tra le “amministrazioni pubbliche” anche le Cooperative di Abitanti iscritte all'Albo nazionale delle società cooperative edilizie di abitazione e dei loro consorzi costituito presso il Ministero dello sviluppo economico in base all'art. 13 della legge 31 gennaio 1992, n. 59 nonché le società cooperative sociali costituite ai sensi dell'art. 1, della legge 8 novembre 1991, n. 381 e successive modificazioni e iscritte nei rispettivi albi regionali di cui all'art. 9, comma 1 della medesima disposizione.

Le Regole, disponibili alla presente pagina web, sono organizzate in pagine web contenenti i link e i rimandi a tutti i documenti e i contenuti di interesse per accedere agli incentivi e ottenere il beneficio.

A tal fine occorre selezionare la categoria di soggetto ammissibile cui si appartiene (Esco e Società Cooperative sociali e Cooperative di Abitanti; Pubblica Amministrazione; soggetti privati), quindi si perviene a una guida contenente le diverse tipologie di intervento per cui è possibile fare richiesta di incentivo.

Tra i contenuti di interesse, sono presenti i requisiti tecnici da rispettare, le spese ammissibili ai fini del calcolo dell’incentivo, le modalità di calcolo dello stesso, nonché la documentazione necessaria, sia quella da allegare alla richiesta sia quella da conservare a cura del Soggetto responsabile.

Inoltre, si richiama qui il link alla modulistica (in formato word compilabile) relativa alla documentazione da allegare.

Si precisa che, in alcuni casi, il valore massimo dell’incentivo è stato aumentato in modo significativo, come il caso degli interventi sull’involucro edilizio che è stato portato a 400.000 euro. 

Il Conto termico 2.0 prevede incentivi a fondo perduto secondo la seguente suddivisione:
  • per gli interventi di incremento dell’efficienza energetica sugli edifici esistenti, sono ammesse solo le Pubbliche Amministrazioni. In questo caso, le agevolazioni sono costituite da un contributo economico definito come una percentuale del costo dell’intervento;
  • per gli interventi di produzione di energia termica da fonti rinnovabili sono ammessi sia i soggetti pubblici che quelli privati. In tal caso, l’incentivo è proporzionale alla produzione stimata di energia.
Le risorse complessivamente messe a disposizione per il meccanismo incentivante sono pari a una spesa cumulata annua di 900 milioni di euro, di cui 700 riservati ai soggetti privati e 200 ai soggetti pubblici.
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COSA SUCCEDE SE IL CONDOMINIO NON SI PRESENTA ALLA MEDIAZIONE? Tribunale Milano Sentenza 9205

Il condominio, che ostacola una risoluzione della lite in via stragiudiziale, deve risarcire il danno alla parte che ha proposto la mediazione (anche quando questa non sia obbligatoria per legge), se risulta essere lo strumento più opportuno a risolvere la questione evitando costi e lungaggini processuali.

Il tribunale di Milano, il 21 luglio 2016, ha pubblicato la massima relativa alla sentenza n° 9205; una sentenza che ci dà un indirizzo. 

Ostacolare la mediazione, non presentarsi all’incontro prefissato, può costituire un problema. 

In particolare il Condominio, non avendo aderito all’invito, senza coglierne l’opportunità, è stato condannato poi al pagamento del maggior danno (ex. Articoli 1218 e 1224, comma 2 C.C.) composto dai costi legali e dai costi della mediazione. 

Al di là delle specificità del caso che si presenta, dalla decisione del Giudice di Milano, emerge che il Condominio che non legittima l’Amministratore a presenziare alla mediazione, genera un potenziale danno a sé stesso. 

Da qui la necessità che l’Amministratore sappia esplicitare all’assemblea all’uopo convocata, le conseguenze di eventuali delibere che, spesso, sono spinte più da emotività del momento che da una analisi oggettiva della situazione che si sta raffigurando.

E’ un indirizzo comportamentale nell’ambito professionale di cui tener conto.
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venerdì 2 settembre 2016

Speciale terremoto: perché il palazzo rosso è rimasto in piedi

Ha fatto impressione vedere un isolato completamente raso al suolo, e quel palazzo rosso perfettamente in piedi. C'è da discutere sicuramente molto sul fatto che sia stato permesso di costruire una struttura in cemento armato così alta nel centro storico di Amatrice, ma le persone che vivevano al proprio interno hanno avuto tutte salva la vita.

Facciamo una premessa ingegneristica: un terremoto si trasforma in una forza orizzontale che agisce sulla struttura, esattamente al baricentro delle masse. La struttura dal canto suo, risponde con una forza uguale e opposta, applicata al centro delle rigidezze della struttura. Se questi due punti coincidono non si ha momento torsionale, altrimenti questo c'è e la struttura deve essere in grado di rispondere.

Cosa s'intende per risposta strutturale? Come la struttura di un edificio è in grado di rispondere all'evento sismico, cioè come riesce a sopportare tutte le forze che si vengono a generare all'interno degli elementi strutturali (siano essi pareti portanti o elementi in cemento armato).



Tornando al titolo dell'articolo, c'è da fare un'ulteriore premessa importante. Una struttura più ampia è più è in grado di deformarsi prima di collassare: questo vuol dire che ci sarà una trave che arriva a fessurarsi per prima, poi un'altra, finché l'ultima non si fessura, dopodiché la prima arriverà a rottura e di conseguenza le altre fino all'ultima, finché la struttura non arriva a crollare. Questo vuol dire che più travi e pilastri ci sono, più elementi si possono danneggiare, più tempo e forza sismica dovranno occorrere prima che la struttura collassi. 

L'edificio in questione, un edificio rosso con struttura in cemento armato, di abbastanza recente costruzione, avrà sicuramente al suo interno delle travi danneggiate e ingegneri strutturali dovranno verificare se potranno essere consolidate o si dovrà procedere all'abbattimento della struttura. Il gran numero di elementi strutturali ha fatto sì che si potesse danneggiare molto ma non crollare. Difatti la normativa attuale, le NTC 2008 (Norme Tecniche delle Costruzioni), prevede che il periodo di ritorno dell'evento sismico di una struttura normale sia di poco inferiore ai 500 anni, questo calcolato su base statistica. Poche case durano così a lungo nel tempo, ma se il destino vuole che nella loro vita devono sopportare l'evento sismico previsto, queste non devono collassare su loro stesse, ma si dovranno danneggiare al punto che saranno ricostruite ma le persone al loro interno potranno uscire con le loro gambe e avranno salva la vita.

Quello che è successo con il palazzo rosso è proprio questo, sicuramente sarà danneggiato ma non le persone al loro interno che hanno avuto salva la vita. Se la struttura è in cemento armato o in muratura portante, le cose con cambiano, cambiano i calcoli e i concetti strutturali, ma la base è sempre la stessa.  

Una cosa importante, che la normativa non prevede, ma viene lasciata all'esperienza, sono le finiture: se cementi armati, murature portanti, acciaio, fondazioni, sono soggette a precisi calcoli e da una precisa prassi edilizia, i muri di tamponatura, i controssoffiti, e tutto ciò che non è strutturale, è lasciato all'esperienza di chi esegue i lavori. Questo vuol dire che se l'edificio meglio calcolato a livello strutturale, non ha le pareti di tamponatura abbastanza spesse e ben ammorsate, queste potranno ribaltasi e creare un danno (come si è già visto) alla vita delle persone nei pressi dell'abitazione.


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Speciale terromoto: come intervenire



Il terremoto di Arquata sta dando la parola a gente che in tempi non sospetti non avrebbe neanche diritto di respirare. In Italia purtroppo grazie ai social siamo tutti allenatori, avvocati ed ingegneri.

L'ultima perla mi arriva da un amico: "Eh ma buttare a terra tutte quelle case e rifarle antisismiche non è conveniente"

SBAGLIATO! Sull'esistente non si interviene semplicemente demolendo ma salvaguardando!

Due esempi su tutti:

Isolatori elastomerici a nucleo in piombo: allungano il periodo di vibrazione strutturale annullando quasi del tutto le deformazioni. In parole povere in caso di sisma non si muoverebbe neanche l'acqua dentro un bicchiere!

Smorzatori viscosi: non alterano il periodo proprio strutturale ma agiscono dissipando l'energia in ingresso. La struttura ha oscillazioni e sollecitazioni quasi azzerate.
Funzionano così


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