venerdì 24 luglio 2015

EC710 Bilanciamento degli impianti, contabilizzazione e ripartizione spese: norma UNI 10200


In questo articolo viene trattato il EC710 Bilanciamento degli impianti, contabilizzazione e ripartizione spese: norma UNI 10200, in attuazione del DLgs 102/14 (recepimento della direttiva 2012/27/UE) impone l’obbligo di installazione di dispositivi di contabilizzazione dei consumi di riscaldamento, raffrescamento ed ACS entro il 31.12.16 nonché l’utilizzo, per la suddivisione delle spese, della metodologia di calcolo prevista dalla norma UNI 10200.

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martedì 21 luglio 2015

EC710 / UNI 10200: Novità della norma UNI 10200


La normativa UNI 10200 ha introdotto importanti novità, che andremo a ricapitolare in questo articolo, tra le quali:
  • Procedura di calcolo sistematica (per ogni servizio e d'impianto)
  • Servizio ACS (quota a consumo + quota fissa)
  • Millesimi di fabbisogno
  • Consumo in volontario(metodi semplificato ed analitico) 
  • Sistemi di contabilizzazione misti (contatori di calore+ripartitori)
  • Locali ad uso collettivo
  • Tubazioni a vista nei locali
  • Prospetto previsionale 
  • Calcolo delle potenze (appendice D)
  • Modulistica (appendice C)
  • Progetto dell’impianto di termoregolazione e contabilizzazione (appendice B)

TERMINOLOGIA

  • Spesa gestionale: si intende l’ammontare complessivo derivante da conduzione e manutenzione ordinaria e dalla gestione del servizio di contabilizzazione
  • Spesa energetica: corrisponde all’ammontare complessivo delle spese per l’acquisto dei vettori energetici coinvolti (ad es. costi per acquisto del gas e costi per energia elettrica consumata dagli ausiliari di centrale)
  • Spesa totale: spesa gestionale + spesa energetica
  • Spesa totale: spesa per potenza installata + spesa per consumo
  • Consumo volontario (Cv): calore riconducibile all’azione volontaria dell’utente attraverso il sistema di termoregolazione. In altri termini, è calore che “passa” attraverso i dispositivi di contabilizzazione.
  • Consumo involontario (Cinr + Cir): calore dovuto alle dispersioni dell’impianto, la cui erogazione pertanto non è sottoposta all’azione volontaria dell’utente. In altri termini, è calore che non “passa” attraverso i dispositivi di contabilizzazione. Comprende sia la quota non recuperata (“persa” all’esterno dell’edificio) sia la quota recuperata all’interno degli ambienti.
  • Calore volontario: Cv
  • Calore involontario non recuperatoCinr
  • Calore involontario recuperato: Cir
  • Calore totale immesso nella rete impiantistica: Qp 
  • Termoregolazione: consiste in dispositivi che consentono di far variare l’emissione termica dei corpi scaldanti adattandola alle esigenze dell’utenza (ad es. valvole termostatiche, termostati ambiente, ecc.)

SCHEMA RIASSUNTIVO DELLE SPESE

  1. Spese:  acquisto vettore energetico + spesa gestionale
  2. Calore prodotto per il servizio: calore prodotto dal generatore
  3. Costo energia utile: €/KW
  4. Tipo di consumo: 
    1. Consumo volontario 
    2. Consumo involontario
  5. Criterio
    1. Secondo contatore
    2. Secondo millesimi di riscaldamento
  6. BOLLETTA =>
    1. Quota a consumo
    2. Quota per potenza installata
CRITERIO: SECONDO MILLESIMI DI RISCALDAMENTO

  • Servizio di produzione ACS, => Millesimi di fabbisogno (UNI/TS 11300-2) 
  • Servizio di climatizzazione invernale => 
    • Se impianto dotato di termoregolazione => Millesimi di fabbisogno
    • Se impianto privo di termoregolazione => Millesimi di potenza 
Per corpi scaldanti, differenti dai radiatori o dalle piastre radianti, come ad esempio i pannelli a pavimento => millesimi di fabbisogno (UNI/TS 11300-1-2)



CONSUMO INVOLONTARIO: 

  • Se prospetto previsionale, contatori di calore o servizio ACS => Per differenza 
  • Qinv,j = Qt,j - Qv,j

  • Se prospetto a consuntivo + ripartitori: 
    • Se “metodo semplificato” (prospetto 10 UNI 10200) => Stima come frazione del fabbisogno ideale =
Qinv,cli = Q’H *  kinv

    • Se “metodo analitico” (impianti non ricadenti nel prospetto) => Calcolo perdite di distribuzione secondo UNI/TS 11300-2 appendice A =
Qinv,cli = QH,l,d




Grado di occupazione
La norma non lo tratta, ma c'è da fare delle considerazioni sul grado di occupazione delle abitazioni occupate in maniera saltuaria o discontinua in cui sono installati i ripartitori.

Definiamo i parametri:

  • Consumo effettivo  QH,tot
  • Fabbisogno QH,dis,in 

fuso = QH,tot / QH,dis,in

Quindi possiamo distinguere i seguenti casi:
  • Occupazione parziale o saltuaria, es.“case vacanza”(fuso < 0,8)
  • Stagione favorevole o gestione oculata(0,8 < fuso < 1)
  • Stagione sfavorevole o gestione non oculata (fuso > 1)

Accorgimenti per consumo involontario

  • Se fuso è in un intorno di 1 => calcolare il consumo involontario con i metodi semplificato o analitico della norma 
  •  Se fuso < 1 => adottare un fattore kinv funzione del fattore d’uso come indicato in figura, oppure valorizzare in termini di energia [kWh/ur] l’unità di ripartizione (Qui/uc,i,j = qur * urui/uc,i) e determinare il consumo involontario per differenza (come nel caso di contabilizzazione diretta)
 Tubazione a vista (caso particolare)

Questo tipo di impianto è presente nei vecchi sistemi basati sulla gravità:
  • Da considerare, a tutti gli effetti, come corpi scaldanti aggiuntivi
  • Devono essere incluse nel calcolo delle potenze così come ogni altro corpo scaldante
  • Determinano una componente aggiuntiva del consumo, da attribuire alle utenze di competenza

Procedura

1. Calcolo del consumo involontario effettivo, senza tener conto delle emissioni delle tubazioni a vista
Q*inv,cli = Qinv,cli - Σ i QH,l,tub,i


2. Calcolo del consumo effettivo dell’utenza, tenuto conto del consumo aggiuntivo dovuto alle tubazioni a vista 

Q*ui,i,cli = Qui,i,cli + QH,l,tub,i



A questo punto si passa a calcolare il Bilancio energetico


Legenda:



Principio di base:
  • Quota a consumo => consumi effettivi
  • Quota fissa => millesimi
  • Locali ad uso collettivo => millesimi di proprietà (utenze di pertinenza)


  •  i = singola utenza
  • j  = servizio generico
  • m = frazione millesimale


Riscaldamento centralizzato, contabilizzatori diretti presso le utenze




Riscaldamento centralizzato, ripartitori presso le utenze




Riscaldamento centralizzato, ripartitori e contatori diretti presso le utenze (caso “misto”) 




METODO DI CALCOLO PER LA RIPARTIZIONE DELLE SPESE


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Cassazione - sentenza nr. 12582/15 del 17/06/2015



Corte di Cassazione, sez. II Civile, sentenza 24 marzo – 17 giugno 2015, n. 12582

Presidente Oddo – Relatore Matera


Svolgimento del processo

Con atto di citazione notificato il 9-4-1999 P.G. e G.M. , premesso di essere proprietari di due unità immobiliari facenti parte del Condominio (omissis) , convenivano dinanzi al Tribunale di Brescia la Montagnoli Hotel s.r.l., deducendo che tale società, proprietaria delle altre unità immobiliari, aveva iniziato lavori di integrale ristrutturazione in violazione del regolamento condominiale contrattuale, che vietava ogni modificazione architettonica dell’edificio, nonché con pregiudizio della sua stabilità. Nel far presente di aver proposto ricorso ex art. 1171 c.c. davanti al Pretore di Salò, il quale con ordinanza del 9-3-1999 aveva sospeso l’esecuzione delle opere, gli attori chiedevano in via principale la condanna della società convenuta, ai sensi dell’art. 2058 c.c., alla reintegrazione in forma specifica, mediante la demolizione delle opere edificate in violazione dei criteri di stabilità e delle caratteristiche architettoniche dell’edificio; in subordine, chiedevano il risarcimento del danno per equivalente.
Nel costituirsi, la convenuta contestava la fondatezza della domanda e ne chiedeva il rigetto.
Integrato il contraddittorio nei confronti dei condomini C.F. e M.A. (i quali si costituivano chiedendo, rispettivamente, l’accoglimento e il rigetto delle domande attrici) e procedutosi ad espletamento di consulenza tecnica d’ufficio, con sentenza in data 11-10-2004 il Tribunale adito, nel dare atto che le opere eseguite dalla convenuta, pur non arrecando alcun pregiudizio alla statica dell’edificio, comportavano una modificazione dell’andamento architettonico del complesso immobiliare, in contrasto con l’art. 7 del regolamento condominiale contrattuale, che vietava qualsiasi modificazione della struttura architettonica del fabbricato, condannava la società Montagnoli Hotel a rimuovere il porticato realizzato sul lato est della facciata del fabbricato.
Avverso la predetta decisione proponeva appello la convenuta.
Nel corso del giudizio di appello veniva disposta l’integrazione del contraddittorio nei confronti di M.A. e di C.F. . A seguito del decesso di quest’ultimo, il processo interrotto veniva riassunto nei confronti dei suoi eredi.
Con sentenza in data 24-7-2009 la Corte di Appello di Brescia rigettava il gravame.
Per la cassazione di tale sentenza ha proposto ricorso Montagnoli Hotel s.r.l., sulla base di cinque motivi.
P.G. e S.M. hanno resistito con controricorso, mentre gli altri intimati non hanno svolto attività difensive.
In prossimità dell’udienza le parti hanno depositato memorie ex art. 378 c.p.c..

Motivi della decisione
  1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 2058 c.c.. Deduce che, avendo gli attori lamentato la violazione di un diritto reale e chiesto che la situazione violata venga rimessa in pristino, il rimedio esperibile non era quello previsto in materia risarcitoria dall’art. 2058 primo comma c.c., avendo il legislatore previsto una tutela ad hoc, mediante le azioni petitorie. Deduce, pertanto, che, a seguito della proposizione dell’azione di enunciazione ex art. 1171 c.c., gli attori, per ottenere che si ristabilisse il diritto asseritamente violato, nel giudizio di merito avrebbero dovuto spiegare la correlata azione petitoria e non, invece, la domanda di risarcimento del danno ex art. 2058 c.c., ontologicamente diversa rispetto a quella petitoria.Il motivo, nella parte in cui deduce che gli attori hanno agito a tutela di un diritto reale, non si confronta con le ragioni della decisione, nella quale è stato chiarito che i coniugi P. – S. hanno fatto valere in giudizio la violazione della norma del regolamento condominiale che vieta ogni modificazione della struttura architettonica del fabbricato. Sotto altro profilo, si osserva che la mancata instaurazione dell’azione petitoria, nel regime processuale applicabile alla fattispecie, avrebbe potuto eventualmente comportare la perdita di efficacia del provvedimento adottato dal giudice nella fase interinale, ma non precludeva agli attori la possibilità di promuovere un’autonoma azione risarcitoria contrattuale, basata sulla violazione di una norma del regolamento condominiale, e di chiedere il risarcimento in forma specifica ex art. 2058 c.c., mediante l’eliminazione dell’opera lesiva. Come è stato precisato dalla giurisprudenza, infatti, il risarcimento del danno in forma specifica, secondo il principio generale fissato dall’art. 2058 c.c., é applicabile anche alle obbligazioni contrattuali, costituendo rimedio alternativo al risarcimento per equivalente pecuniario (Cass. 2-7-2010 n. 15726; Cass. 30-7-2004 n. 14599; Cass. 29-5-1995 n. 6035) e potendo, in particolare, il danneggiato richiedere ed ottenere la reintegrazione in forma specifica anche qualora risulti leso il suo diritto di condomino derivante dalla violazione del regolamento pattizio (cfr. Cass. 13-11-1997 n. 11227). 
  2. Con il secondo motivo la ricorrente si duole dell’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione, avendo la Corte di Appello, a conferma della sentenza di primo grado, da un lato accolto la domanda proposta ex art. 2058 primo comma c.c. dai danneggiati (con ciò ammettendo l’esistenza del danno), e dall’altro negato l’esistenza dei danni subiti dagli attori. Il motivo è infondato, essendo evidente che la sentenza impugnata, sia pure implicitamente, ha inteso distinguere tra risarcimento in forma specifica, spettante al condomino in virtù della mera violazione della norma del regolamento contrattuale che vieta qualsiasi modifica della struttura architettonica del fabbricato, e risarcimento in forma generica, dovuto in relazione a danni diversi rispetto a quelli risarcibili in forma specifica. L’affermazione secondo cui la sentenza di primo grado non conteneva alcuna pronuncia in merito ad eventuali danni subiti dagli attori, pertanto, facendo chiaramente riferimento a danni risarcibili in forma generica, non si pone in contrasto con la conferma della pronuncia di condanna al risarcimento in forma specifica ex art. 2058 primo comma c.c..
  3. Con il terzo motivo la ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., per avere la Corte di Appello dichiarato d’ufficio la nullità di una delibera dell’assemblea condominiale per violazione di una norma del regolamento condominiale in assenza di impugnazione della stessa. Il motivo è privo di fondamento, dovendosi rammentare che anche in relazione alle delibere assembleari trova applicazione il principio dettato in materia di contratti dall’art. 1421 c.c., secondo cui è attributo al giudice il potere di rilevarne d’ufficio la nullità (tra le tante v. Cass. 27-6-2005 n. 13732; Cass. 15-1-2007 n. 740; Cass. 2-3-2007 n. 4973). Nella specie, pertanto, avendo la convenuta eccepito la decadenza degli attori dal potere d’impugnare la delibera condominiale che aveva autorizzato la società Montagnoli ad eseguire le opere in questione, ben poteva il giudice di merito rilevare d’ufficio la nullità di tale delibera, non soggetta ai termini di impugnazione previsti dall’art. 1137 c.c.. 
  4. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione in ordine alla ritenuta nullità della delibera assembleare del 23-6-1998 che, a maggioranza, ha autorizzato i lavori in oggetto. Deduce che, alla luce dei principi enunciati dalle S.U. nella sentenza n. 4806/2005, la delibera in parola, anche se considerata contraria al divieto regolamentare di cui all’art. 7, non potrebbe ritenersi nulla, ma annullabile; con la conseguenza che la stessa è divenuta definitiva, per difetto della mancata impugnazione entro il termine stabilito dalla legge. Il motivo è inammissibile, non confrontandosi con le ragioni della decisione. La Corte di Appello ha ritenuto inammissibile il motivo di gravame inerente alla dichiarazione di nullità, per contrasto con l’art. 7 del regolamento condominiale, della delibera assembleare del 23-6-1998, rilevando che le censure mosse dall’appellante erano generiche, non contrastando specificamente le puntuali argomentazioni poste dal giudice di primo grado a fondamento della pronuncia resa sul punto. Tale affermazione non ha costituito oggetto di specifica censura da parte della ricorrente, la quale, con il motivo in esame, solleva questioni non pertinenti rispetto alla ratio decidendi.
  5. Con il quinto motivo la ricorrente si duole della violazione degli artt. 1138 e 1120 c.c.. Deduce che la Corte di Appello ha erroneamente ritenuto che l’art. 7 del regolamento condominiale, che vieta ogni modificazione della struttura architettonica del fabbricato, costituisca “legittima predeterminazione, una volta per tutte, del concetto di decoro architettonico di cui al secondo comma dell’art. 1120 c.c.“. Sostiene, infatti, che, attesa l’inderogabilità dell’art. 1120 c.c., prevista dall’ultimo comma dell’art. 1138 c.c., nemmeno un regolamento condominiale contrattuale può privare la maggioranza qualificata dell’assemblea del potere di autorizzare il condomino alle innovazioni di cui all’art. 1120 c.c.. Anche tale motivo deve essere disatteso. Come è stato ripetutamente affermato da questa Corte, in materia di condominio di edifici, l’autonomia privata consente alle parti di stipulare convenzioni che pongano limitazioni, nell’interesse comune, ai diritti dei condomini, sia relativamente alle parti comuni, sia riguardo al contenuto del diritto dominicale sulle parti di loro esclusiva proprietà, senza che rilevi che l’esercizio del diritto individuale su di esse si rifletta o meno sulle strutture o sulle parti comuni. Ne discende che legittimamente le norme di un regolamento di condominio – aventi natura contrattuale, in quanto predisposte dall’unico originario proprietario dell’edificio ed accettate con i singoli atti di acquisto dai condomini ovvero adottate in sede assembleare con il consenso unanime di tutti i condomini- possono derogare od integrare la disciplina legale ed in particolare possono dare del concetto di decoro architettonico una definizione più rigorosa di quella accolta dall’art. 1120 c.c., estendendo il divieto di immutazione sino ad imporre la conservazione degli elementi attinenti alla simmetria, all’estetica, all’aspetto generale dell’edificio, quali esistenti nel momento della sua costruzione od in quello della manifestazione negoziale successiva (Cass. 6-10-1999 n. 11121; n. 1748; Cass., 29-4-2005 n. 8883; Cass. 14-12-2007 n. 26468; Cass. 24-1-2013). Nella specie, di conseguenza, correttamente il giudice del merito ha ritenuto che le opere poste in essere dalla convenuta, in quanto realizzate in violazione di una specifica norma regolamentare di natura contrattuale che vieta ogni modificazione della struttura architettonica del fabbricato, sono da considerare illegittime ed ha, conseguentemente, disposto la riduzione in pristino.
  6. Per le ragioni esposte il ricorso deve essere rigettato, con conseguente condanna della ricorrente al pagamento delle spese sostenute dai controricorrenti nel presente grado di giudizio, liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 3.700,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre accessori di legge.

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mercoledì 8 luglio 2015

Buco da 60 mila euro, 25 famiglie nei guai


L’amministratore di una palazzina in via Malborghetto a Udine non avrebbe pagato le utenze dal 2012 pur incassando le rate

Udine

Per anni l’amministratore di un condominio in via Malborghetto ha incassato la rata dai 25 inquilini del palazzo a saldo delle spese condominiali. Eppure, molti di quei conti non sono mai stati saldati. Le famiglie residenti lo hanno appreso nel peggiore dei modi: attraverso una diffida di pagamento inviata dall’Amga che lamenta insoluti per 43 mila euro, stando a una prima, sommaria, ricognizione.

E non è tutto, perché l’amministratore in questione avrebbe “dimenticato” anche di pagare il giardiniere, che vanta un credito di 1.287 euro, senza contare le fatture relative e lavori di pulizia, manutenzione, collaudo ascensore, manutenzione sala termica e lavori idraulici per un valore approssimativo che sfiora gli 8 mila euro, elettricità e altre utenze, per un importo ancora non ben quantificato.

Nemmeno la compagnia assicuratrice era stata saldata, poichè il premio di 3.260,55 euro della polizza intestata al fabbricato, in scadenza il primo gennaio scorso, non è stato pagato e quattro condomini hanno deciso di anticipare i soldi per garantire copertura assicurativa al condominio che era di fatto rimasto scoperto per qualsiasi evento.

È partita così l’azione di 25 famiglie che, una dopo l’altra, nei giorni scorsi, hanno cominciato a presentare denuncia querela alla stazione dei carabinieri di Udine Est. Ad assisterli è Federconsumatori, cui si sono rivolti.

«I primi a presentarsi allo sportello di Federconsumatori, un paio di settimane fa – riferisce la vicepresidente Barbara Puschiasis - sono stati alcuni degli inquilini che il 17 marzo scorso avevano ricevuto una diffida dall’Amga. Nel documento l’Azienda Multiservizi Spa comunicava come, nonostante i numerosi solleciti di pagamento inviati all’amministratore, risultavano alcune fatture insolute».

È bastata una verifica all’Amga per constatare che i sospetti erano fondati. La lista dei creditori ha fatto presto ad allungarsi, a partire dal giardiniere che è venuto a battere cassa reclamando compensi non pagati.

Allora sono partite le verifiche sul conto corrente intestato al condominio e l’esame degli estratti conto dai quali sono emersi assegni non giustificati oltre che ingenti prelievi di somme di denaro.

E quando sono andati a verificare l’esito degli ultimi pagamenti su disposizione delle Rid delle utenze, elettricità gas e acqua, si sono accorti che nessuno di questi era andato a buon fine, visto che sul conto non risultavano mai esserci sufficienti fondi.

«Non abbiamo ancora il quadro completo della situazione – mette le mani avanti l’avvocato Puschiasis – i condomini stanno raccogliendo la documentazione, ma stando ai dati che hanno in mano sembra che le condotte ascrivibili al geometra-amministratore di condominio siano state tenute come minimo a decorrere dal 2012».

Restano ancora senza apparente spiegazione i prelievi in contanti e con assegni, come pure il misterioso ammanco di 4.883 euro dal conto del fondo di riserva.
Un mese fa i consiglieri mettevano al corrente tutti i condomini della gravissima situazione gestionale consigliando a titolo cautelativo di non versare la rata condominiale finchè la situazione dell’amministratore in questione non fosse stata finalmente chiarita. Nel frattempo, la maggioranza dei condomini ha revocato l’operatività del professionista sul conto del condominio diffidando inoltre l’amministratore alla consegna di tutti i documenti contabili.

«Raccomandiamo agli inquilini - è l’appello della Puschiasis – di interessarsi delle questioni condominiali e chiedere la delega per l’accesso al conto corrente e agli estratti conto, invitiamo chiunque si trovasse nella stessa situazione a contattarci anche perché lo stesso professionista si è occupato della gestione di una ventina di altri condomini».


Fonte: Messaggero Veneto


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Il creditore deve e può sapere i nominativi dei morosi?

Il creditore del condominio ha diritto a sapere, dall’amministratore, tutti i nominativi e i dati dei condomini anche se in regola con i pagamenti se si tratta di una spesa non ancora deliberata dall’assemblea.

I creditori del condominio possono obbligare l’amministratore a comunicare loro tutti i dati dei proprietari di appartamenti, con le relative quote millesimali, anche se questi sono in regola con i pagamenti dei canoni condominiali. Il tribunale di Monza lo ha chiarito con la recente ordinanza del 3-6-2015 che peraltro fa sorgere qualche perplessità in merito al rispetto della normativa sulla privacy.
La recente riforma del condominio ha stabilito infatti, con l’articolo 63 delle norme di attuazione del codice civile, che i creditori del condominio cui non sia stata pagata la propria fattura, debbano agire esecutivamente, e pro quota, prima nei confronti dei condomini in mora con gli oneri e successivamente verso tutti gli altri soltanto qualora l’esito del pignoramento dovesse risultare infruttuoso.
La norma prevede che il creditore possa esigere dall’amministratore, e che quest’ultimo sia tenuto a fornirglielo, l’elenco dei soli condomini non in regola coi pagamenti.
Nella sentenza di cui sopra viene presa in esame un’altra ipotesi, ovvero quella di spese impreviste per le quali non è ancora intervenuta una delibera dell’assemblea di approvazione.
In un caso del genere tutti i condomini sono, di fatto, tenuti a pagare il credito pro quota millesimale e da qui il diritto del creditore di pretendere la consegna dell’intera anagrafica dei condomini.
Non essendo, infatti, dato al creditore di conoscere se, rispetto al proprio credito, ci siano morosi posto che ancora non si è deliberato in merito, l’obbligo di comunicazione in capo all’amministratore si estende, secondo il tribunale di Monza, ai dati e millesimi di tutti i condomini, anche quelli in regola con i canoni mensili condominiali; sarà poi l’amministratore a provvedere a comunicare al creditore se qualche condomino non risulti moroso, avendo pagato la propria quota.

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mercoledì 1 luglio 2015

Decoro architettonico, chi lo stabilisce?


Il decoro architettonico della facciata dell’edificio può essere stabilito all’unanimità dai condomini con il regolamento di tipo contrattuale.
Non è facile definire cosa si intenda per decoro architettonico con riferimento alla facciata dell’edificio condominiale, decoro che, come noto, il codice civile salvaguarda in caso di interventi alla facciata dello stabile. In più, quando i lavori al palazzo non intaccano la sua stabilità, il giudizio su cosa sia lecito e cosa non lo sia diventa ancora più complesso perché tutto potrebbe ridursi a una valutazione meramente estetica. Dunque, per risolvere il problema, il regolamento di condominio, purché sia di tipo contrattuale, può stabilire, già a monte, un concetto di decoro architettonico per lo stabile. 
In tal modo si andrebbe a definire, una volta per tutte, quali siano le innovazioni e modifiche possibili e quali invece no. 
In tal caso, non sarà possibile, in seguito, mettere in discussione il concetto di decoro anche tramite delibera assembleare qualificata se non con un voto preso all’unanimità. 
Secondo la Suprema Corte, l’autonomia privata consente alle parti di stipulare accordi che pongano limiti, nell’interesse comune al contenuto del diritto sulle parti di loro esclusiva proprietà; il tutto, però, a condizione che non vengano violati i diritti dei singoli condomini alla comunione e alle proprietà individuali. 
Pertanto, all’unanimità, l’assemblea di condominio può approvare un regolamento con cui definire, nel dettaglio, il concetto di decoro architettonico dell’edificio, concetto che non potrà più essere modificato, se non con una nuova delibera presa all’unanimità, ed al quale, pertanto, anche in futuro tutti i condomini si dovranno attenere. 
In questo modo i condomini si autolimitano, per il futuro, nella possibilità di modificare sostanzialmente l’assetto dell’edificio anche per quanto riguarda le loro parti private. 
Giova ricordare che il regolamento condominiale di tipo contrattuale è quello predisposto dal primo unico proprietario dell’intero stabile ed in seguito accettato con i singoli atti di acquisto dai condomini, oppure è quello adottato in assemblea all’unanimità da parte di tutti i condomini. 


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